In questa sezione della ricerca vengono illustrate le varie teorie sulla genesi del romanzo, genere che godette di una singolare fortuna lungo il corso del Medioevo: a Oriente veniva imitato (romanzi bizantini), a Occidente letto e diffuso (un esempio forse è rintracciabile nel Decameron di Boccaccio). Nel Rinascimento ebbero grande fortuna le opere di Longo e di Eliodoro, dai quali presero spunto per alcuni episodi Cervantes e Tasso, mentre Shakespeare trasse l'ispirazione per il Pericle da un romanzo perduto. Fino al 1876, anno di pubblicazione dell'opera di Rohde, si pensava a un possibile influsso delle narrazioni fantastiche orientali (India, Persia) sulla genesi del romanzo; Rohde, però, ne individuò il momento genetico nella fusione della poesia erotica alessandrina con i racconti d'avventura, avvenuta, a suo avviso, nelle scuole della II Sofistica (II secolo d.C.). Le prime critiche a questa teoria furono quelle mosse dallo storico tedesco Schwartz (1896), il quale retrodatò i primi romanzi all'età ellenistica: tracciando una cronologia del "preromanzo", arrivò a individuarne nell'Odissea il più mirabile esempio. Il più duro colpo all'ipotesi di Rohde, comunque, fu inferto dal ritrovamento di fine '800 di molti papiri risalenti a epoche anteriori al II secolo, sui quali, anche se in stato frammentario, si trovavano testi di romanzi greci. Lo storico delle religioni Kerényi (1927) mise in relazione le peripezie della coppia di amanti tipiche di ogni fabula con quelle della coppia divine Iside-Osiride: il romanzo vedrebbe così sminuito l'aspetto erotico a favore di quello religioso. Sebbene geniale, questa interpretazione risultò non soddisfacente; quindi, sul filone iniziato dal Rohde, il Lavagnini (1921) indicò nelle leggende locali e popolari un valido antecedente del romanzo. Weinreich, poi (1950), considerò il romanzo come una sorta di ἔπος imbastardito, il cui destinatario è una nuova cerchia di lettori, per così dire, "borghesi". Ancora più convinto della validità della tesi del Rohde fu il Cataudella (1958), che collocò il momento genetico del romanzo nelle scuole di retorica (I secolo a.C.), nelle quali declamationes e controversiae trovarono grande spazio. Rivoluzionaria fu la tesi del Barchiesi: non è interessante il luogo o il genere connesso al romanzo, quanto piuttosto gli influssi formativi che lo interessarono, come l'etica, la storiografia, la commedia nuova, l'elegia alessandrina, le orazioni della II Sofistica.