Lo storico delle religioni Karoly Kerényi affrontò il problema delle origini del romanzo (Die griechisch-orientalische Romanliteratur in religionsgeschichtlicher Beleuchtung), focalizzando il suo studio sullo schema fisso comune ai vari testi letterari collocabili in questo genere: la separazione, le peripezie e il ricongiungimento finale dei due amanti. Secondo lo studioso ungherese, questa costante struttura narrativa ha come modello genetico la vicenda rituale della coppia divina costituita da Iside e Osiride. Entrambe le divinità appartengono alla religiosità egizia, tradizionalmente legata all'istituzione monarchica del paese. Danno testimonianza di ciò fonti assai antiche, risalenti alla V e VI dinastia (2280-2190 a.C.), in cui Osiride è modello per il faraone che muore, e il figlio di lui, Horus, ne impersonifica il successore al trono. Un'ulteriore conferma di questo intreccio tra piano divino e umano è data dall'usanza dei faraoni di sposare le proprie sorelle, così come Iside è sorella e sposa di Osiride. La vicenda di cui la coppia divina è  protagonista è la seguente: Osiride, per aver civilizzato la terra e in particolare l'Egitto, avrebbe dovuto diventarne il sovrano ma cadde vittima di un inganno, tesogli dal perfido fratello Seth che pure aspirava al regno. Questi, infatti, lo rinchiuse in un cofano che gettò nel Nilo; Iside, trovato il cadavere del marito, lo nascose, ma Seth, dopo averlo scoperto, lo fece a pezzi e li disperse in tutto il paese. Iside ricompose allora il corpo dello sposo, riuscì a ridargli la vita e a generare un figlio, Horus, destinato a succedere al padre, che sarebbe divenuto invece il sovrano del regno dei morti. Il culto di Iside e Osiride si modificò nel tempo e assunse una posizione dominante in tutto l'Egitto. Siccome ogni città aveva una propria divinità locale, capitò che la triade composta da Iside, Osiride ed Horus, si differenziasse, venendo caratterizzata, di volta in volta, dagli attributi delle divinità del luogo. A partire dall'età ellenistica, nel mondo greco-romano il culto isiaco si diffuse al punto da superare quelli legati al pantheon tradizionale. Esso era presente in Campania, specialmente a Pompei, fin dal I sec. a.C.; con Silla Roma ebbe un tempio di Iside, ma, durante la lotta di Ottaviano contro Antonio e Cleopatra, tutti i culti orientali furono screditati e rimasero interdetti anche sotto il regno di Augusto e Tiberio. Sotto Caligola, nel 38 d.C., fu edificato a Roma un tempio in onore di Iside, in quanto il suo culto era una moda bene accetta presso la corte imperiale. I Flavi accordarono al sacerdozio di Iside privilegi straordinari e ne favorirono la diffusione. D'altra parte, quando il cristianesimo arrivò in Egitto, fu accolto più rapidamente che altrove per le sue affinità al culto di Iside, Osiride ed Horus tra cui: l'idea trinitaria, il tema della resurrezione di Osiride, l'accostamento tra Iside e la Vergine Maria. Una simile propagazione del culto ebbe, naturalmente, riscontro nella letteratura greco-latina. Il romanzo di Eliodoro Storie etiopiche di Teagene e Cariclea, databile tra la metà del III sec. d.C. e la metà del IV sec. d.C., è particolarmente fitto di riferimenti al culto isiaco e, in generale, alla religiosità orientale. I genitori di Cariclea, la fanciulla protagonista, insieme a Teagene, della vicenda, sono entrambi sacerdoti di Elios e Selene, dato  significativo, dal momento che Elios impersonifica Osiride, mentre Selene rappresenta Iside. Compare un altro personaggio nel ruolo di sacerdote di Iside e devoto di Elios (cioè di Osiride): è Calasiri, che proteggerà e guiderà i due giovani nelle loro peripezie. I riferimenti al culto isiaco si intensificano negli ultimi libri del romanzo: nell'VIII si ha un excursus sul fiume Nilo, corredato da indicazioni sul culto di Iside e Osiride. Nel IX libro si verifica la destinazione sacrificale dei due giovani, che stanno per essere immolati a Iside per rendere sacra la vittoria degli Etiopi sugli Egizi. Teagene e Cariclea vengono posti su una graticola ma, dal momento che non bruciano, vengono ritenuti puri e risparmiati. La sezione finale del X libro è occupata dalla descrizione dei riti e dei sacrifici compiuti in onore del Sole e della Luna (ovvero, Osiride e Iside). Altra opera significativa è il De Iside di Plutarco (47-127 d.C.). Ugo Bianchi nel suo saggio Iside dea misterica. Quando? ha esaminato un passo dello scritto plutarcheo, tratto dal capitolo 27, in cui si dice:

Iside istituisce la celebrazione dei misteri come immagine, simbolo e imitazione delle sofferenze di allora e insieme come insegnamento di pietà e consolazione per gli uomini e le donne afflitti da circostanze similari.

Lo studioso evidenzia il carattere misterico del culto isiaco, diffuso in ambito ellenistico. Esso si differenzia dall'osirismo classico perché è "un'iniziazione individuale tesa al conferimento di privilegi in un aldilà isiaco"; inoltre essa ha luogo sul vivo e non sul defunto, come era tipico nel rituale faraonico egizio. Il fatto che Iside si riferisca agli uomini e alle donne come realtà distinte ha un duplice motivo: raggiungere ciascuno nella sua specifica individualità e configurare, secondo quello che è un τόπος isiaco, "gli uomini e le donne come costituenti l'articolazione essenziale della vita umana e il principio stesso di questa". La vocazione della dea è personale e universale, proprio come lo è il destino di morte nella condizione umana. La riflessione su questo tema, osserva Bianchi, è "un tema misterico per eccellenza" e per questo si è pensato ad un'influenza eleusina su Iside per quanto concerne le concezioni soteriologiche e le pratiche rituali. Tuttavia va fatta un'importante distinzione tra il culto isiaco e quello eleusino: mentre nel primo la vocazione divina prevede una vita pura da condurre di conseguenza, nel secondo la purezza è un presupposto dell'iniziazione stessa. Anche nel romanzo latino di Apuleio, Le Metamorfosi, si rintracciano forti connessioni con la religiosità isiaca. Il finale dell'opera (libro XI) consiste nell'iniziazione sacerdotale del protagonista, Lucio, al culto di Iside. Il lettore assiste alla conversione di Lucio che da asino ritorna uomo e, per di più, si libera dai suoi vizi per essere puro e servire degnamente la dea. Si ricordi che nel II sec. d.C., quando Apuleio scrisse Le Metamorfosi, la diffusione del culto isiaco era giunta al suo apogeo. Durante questo periodo la civiltà greco-romana visse un profondo disagio dovuto alla crisi dei valori civili e ad un progressivo impoverimento della vita economica; si crearono pertanto le condizioni ottimali per il propagarsi di sette e religioni mistiche. L'inquietudine spirituale trovò appagamento in religioni a carattere personale e soteriologico, a diffusione specialmente popolare. Scrive James Teackle Dennis ne La leggenda di Iside e Osiride nei testi originali: "Ciò che impressionerà in queste liturgie, è il sentimento profondo e sincero che le pervade: il lutto per il perduto, la speranza di rivederlo, il grido accorato di aiuto, la fiducia nel destino, divino e onnipotente, che porrà alla prova un termine felice, e il trionfo di un desiderio realizzato e di una speranza esaudita".