LA VITA Una breve introduzione biografica
IL PERCORSO DI FORMAZIONE La formazione intellettuale negli anni liceali ed universitari
L'UOMO E L'OPERA Le maggiori tematiche e le opere di maggior importanza nei diversi ambiti della cultura classica
L'INSEGNAMENTO Il professor Untersteiner insegnante e maestro: i suoi convincimenti ideali
LE ORIGINI DELLA TRAGEDIA Un breve excerptum dal memorabile saggio sulle Origini della tragedia, presentato a fini divulgativi e didattici
L'ESEMPIO DI MARIO UNTERSTEINER La commemorazione alla Società Umanitaria del 30/03/1998, con gli interventi del prof. Dario Del Corno e Fernanda Caizzi Decleva
MARIO UNTERSTEINER
Filologia come impegno civile
La presentazione del volume ESCHILO: LE COEFORE (testo, traduzione, commento), Editore Adolf M. Hakkert, Amsterdam 2002, tenuta alla Società Umanitaria il 10/03/2004, con le relazioni del prof. Vittorio Citti e del prof. Walter Lapini
PER MARIO UNTERSTEINER La rievocazione del prof. Livio Schirollo, sulla Rivista di storia della filosofia, fondata da Mario Dal Pra.
LA PRODUZIONE SCIENTIFICA Una bibliografia completa dagl'inizi della carriera scientifica fino ai lavori usciti postumi


Il prof. Untersteiner
al Berchet, il 25 maggio 1927

LA VITA
Il Prof. Mario Untersteiner nacque a Rovereto il 2 agosto 1899. La sua era una famiglia colta della borghesia roveretana, ed egli iniziò i suoi studi proprio nell'imperial ginnasio della sua città. Dopo le scuole elementari, in cui ricevette una solida educazione cattolica, destinata a lasciare una profonda traccia sul suo sviluppo intellettuale futuro, che trovava d'altronde un certo riscontro nella figura materna, entrò, il 1° ottobre del 1909 al Ginnasio di Rovereto, dopo essere stato dispensato dalle prove orali della licenza elementare, perché quelle scritte erano risultate eccellenti. Indirizzato alla vita degli studi già fin dalla primissima età, dalla madre, che desiderava che egli seguisse le orme del padre (che Untersteiner perse a soli quattro anni, e che era stato medico), e dei suoi zii, due giuristi e un professore di lettere classiche, il giovane ginnasiale ebbe maestri molto validi e iniziò a pascere il suo intelletto di letture di classici, che fin da subito ebbero l'effetto di accendere in lui l'abitudine al ragionamento e all'incessante discussione critica di tutto quanto gli veniva proposto come regola o norma.

Le vicende dell'imminente guerra e i problemi che ne derivarono indussero la famiglia a trasferirsi a Milano (che diventerà la sua nuova patria, e dove vivrà fino alla morte), dove il giovane studente arrivò il 14 maggio 1915. Si iscrisse alla seconda liceale al Beccaria, e, data l'ottima preparazione impartitagli a Rovereto, poté sostenere l'esame di licenza liceale saltando l'anno di terza liceo. Ottenuta questa, si iscrisse alla Facoltà di Lettere (chiamata allora Accademia Scientifico-letteraria) di Milano. Si laureò con una tesi su Eschilo. L'attività di insegnamento iniziò quasi subito, dapprima come incaricato, e poi, dal 1926, in seguito alla vincita di una cattedra per Latino e Greco nei Licei, come professore di ruolo. La sede di insegnamento fu proprio il Liceo Berchet. Nella parte storica dedicata alla Scuola, abbiamo modo di parlare del ruolo che il prof. Untersteiner sosterrà dentro il nostro liceo, negli anni tristi e bui della fascistizzazione della scuola italiana. Egli rimase al nostro liceo fino al 1945. Va ricordato che nel 1939 egli ritirò la sua domanda di partecipazione ad un concorso per la cattedra universitaria di Letteratura Greca, poiché le autorità fasciste avevano posto come condizione della sua partecipazione a quel concorso l'accettazione della tessera del partito, che Untersteiner aveva sempre rifiutato. Ottenuta la revisione del suddetto concorso nel 1947, con restituzione dell'anzianità dovutagli, iniziò l'attività universitaria a Genova, come cattedratico di Letteratura Greca. Nel 1959 avverrà l'assegnazione della cattedra di Storia della Filosofia Antica alla Statale di Milano, incarico ricoperto da Untersteiner fino al 1968, quando decise di ritirarsi dall'insegnamento universitario, perché non disposto a scendere a compromessi con il movimento studentesco e con il clima che si era venuto creando dentro l'università in quegli anni, vedendo calpestati i valori fondamentali su cui aveva fondato tutta la sua attività di studioso e d'insegnante. Nonostante i molti progetti e gli studi da portare a termine durante il periodo da lui chiamato del "fuori ruolo", a partire dai primi anni settanta egli fu afflitto da un progressivo indebolimento della vista, che finì col rendergli impossibile lo studio e la lettura e gli rese impossibile portare a termine l'ultima sua fatica, un monumentale studio su Platone, che egli non poté mai stendere. Il prof. Untersteiner si spense il 6 agosto 1981, all'età di ottantadue anni.

IL PERCORSO DI FORMAZIONE
Come già accennato durante la breve nota biografica, il percorso intellettuale del prof. Untersteiner iniziò con grande precocità, fino dalle prime scoperte dei classici durante gli studi ginnasiali a Rovereto. Dovendo riassumere il processo che lo portò negli anni maturi alle prove più impegnative, potremmo forse dire che la sua formazione consistette soprattutto nel progressivo svincolamento del suo pensiero dagli schemi invero un po' rigidi e confessionalistici della Rovereto austriaca, nonché dal forte prevalere di una visione rigorosamente cattolica che gli fu a un tempo trasmessa dalla famiglia. Già gli anni del Liceo milanese sono molto significativi di questo processo: la scoperta di Spinoza e di Gentile, nonché quella, nei tempi universitari, del pensiero panteistico di Giordano Bruno contribuiscono al formarsi nella giovane coscienza del futuro studioso una visione razionalistica che resta determinante in tutta la sua formazione. Fu infatti la filosofia, e non la filologia, la disciplina che segnò per Untersteiner lo schiudersi al mondo degli studi. Si andò così progressivamente formando in lui uno spirito laico, che, non senza qualche resistenza nel giovane, timoroso di causare dispiaceri alla madre, venne con sempre maggior forza prendendo il posto dell'originaria impostazione dogmatica ed irrazionalistica di sfondo religioso.




Sopra: il motto che è presente sul frontespizio di un'edizione settecentesca di Eschilo, scelto dal prof. Untersteiner per il tradizionale biglietto di auguri agli amici  nel 1968, nonché come suo ex libris (segno di proprietà di un libro): "Si vive per l'intelletto, il resto apparterrà alla morte". Esso ci pare sintetizzare ottimamente l'ideale di vita del professore. Per questa ragione l'abbiamo anche scelto come motivo di sfondo delle pagine che gli abbiamo dedicato.
Sotto: il prof. Untersteiner nella sua abitazione di Milano.

Alla fine di questo percorso, il giovane si trova animato da un "illuminante laicismo" che permeerà di sé tutta la sua Weltanschauung, e che sarà soprattutto il vero profondo motivo del suo antifascismo. Ma per comprendere appieno lo svolgersi della sua personalità intellettuale, occorre dire che tale laicismo ebbe la sua controparte nel formarsi in Untersteiner di un metodo di indagine sul mondo letterario classico preciso e rigoroso, basato sulla filologia, ma non intesa solo positivisticamente, bensì sorretta dal vigore di un pensiero e di un lavoro speculativo che consentisse di allargare la visione e di affrontare progressivamente i massimi problemi interpretativi e culturali posti dal testo. Fu così che, col progredire della sua attività scientifica, avvenne nell'Untersteiner la fusione mirabile fra impostazione e personali convinzioni, e metodo di ricerca. Egli si identificò con il compito che divenne lo scopo della sua vita, e cioè di formarsi una precisa idea attorno a ciascun aspetto della letteratura o di un autore, nel rispetto dei valori della tradizione, ma evidenziando sempre la concezione laica dei classici. Gli parve dunque che il percorso compiuto dal pensiero greco dalle origini fino all'età classica consistesse nel progressivo appalesarsi del logos, nel tentativo di abbracciare col pensiero anche quegli aspetti dell'esistenza che più erano problematici o comunque ardui da comprendere con le sole forze della mente umana. Anche quegli autori tradizionalmente considerati il massimo frutto della religiosità greca, come i tragici ed Eschilo soprattutto, vennero studiati dall'Untersteiner alla luce di questa convinzione, di questo habitus mentale razionalistico, con risultati di eccezionale interesse, che lo spinsero persino ad individuare nella nozione di "tragico" l'insanabile contrasto della ragione con ciò che appare assurdo, in realtà perché semplicemente contraddittorio e risalente a un patrimonio religioso atavico e non più compreso.
Veniva a saldarsi così la perfetta corrispondenza fra evoluzione del pensiero personale (cioè progressiva apertura al laicismo), ed evoluzione di un'intera civiltà (progressivo appalesarsi del logos): cosa che rende Mario Untersteiner uno degli ultimi maestri per cui la cultura classica conserva ancora la capacità di offrire con la sua complessità e la sua evoluzione la materia per dare senso e completezza ad un'intera esistenza.

L'UOMO E L'OPERA
Proponiamo ora, per chi volesse gettare uno sguardo d'insieme sulle posizioni assunte da Untersteiner nella sua vasta produzione scientifica, una parte dedicata allo svolgersi del suo pensiero.
Tre sono le tematiche maggiori che affiorano lungo tutta l'opera del professore:

1. la contraddittorietà e problematicità dell'essere
2. i grandi contrasti e dissidi del reale che formano l'essenza del tragico
3. lo sforzo della ragione per superare la contraddizione, peraltro ineliminabile, insita nella realtà, ritrovandosi come coscienza etica.

Tre sono anche i grandi settori cui la sua attività scientifica fu preminentemente dedicata: Eschilo, e la problematica del tragico in generale, i Sofisti (solo apparentemente estranei al tema del dissidio del reale), e, ultimo incompiuto sforzo, i due massimi filosofi del IV sec.: Platone ed Aristotele.

Va ben chiarito che la tragicità dell'essere era per Untersteiner una categoria metafisica del reale, ossia la caratteristica predominante, implicita nella natura stessa della realtà. Quindi se da un lato l'atteggiamento dello studioso è razionalistico, ovvero vòlto alla comprensione e all'analisi fredda, dall'altro è evidente che tale atteggiamento comporta la disponibilità a confrontarsi coi misteri più oscuri della vita umana, e soprattutto con la coscienza religiosa. Pochi sono gli studiosi che hanno saputo convogliare gli stimoli delle più diverse scuole di pensiero relative alla classicità, alla luce di un disegno d'assieme così mirabile e perseguito con tanta coerenza e tenacia. Untersteiner seppe giovarsi infatti dell'apporto di molti orientamenti di ricerca: dal filologismo rigoristico e razionalistico di un von Wilamowitz, alle suggestioni del neo-umanesimo di Werner Jaeger, ai più innovativi contributi delle scuole di Karol Kerényi o di Uberto Pestalozza (cosa sarebbe infatti la lettura untersteineriana di Eschilo senza la "unità mediterranea" di quest'ultimo studioso?).

Untersteiner si occupò della tragedia nella parte centrale della sua attività, prima dei Sofisti. Il memorabile studio dedicato alle origini della tragedia (Le origini della tragedia e del tragico - Dalla preistoria a Eschilo, Frat. Bocca, Milano 1942, 1a. ed., poi ripreso nel 1955 e ristampato nel 1984) e a Eschilo, contiene la celebre visione della tragedia come frutto del confronto con le realtà religiose mediterranee implicite nel mito che stava di fronte al tragediografo, non però più comprensibili senza un totale sovvertimento della realtà, e dunque fonte di un senso insopprimibile di angoscia e tensione (vedi anche l'intervento del prof. Dario Del Corno, sulla novità dell'interpretazione della tragedia in Untersteiner).

I Sofisti, sui quali il filosofo Giuseppe Rensi (che assieme al filologo Manara Valgimigli e al celeberrimo latinista Concetto Marchesi fu uno dei maestri di Untersteiner) aveva preso posizione nel saggio Filosofia dell'assurdo, influenzando in modo decisivo anche il grecista, furono da lui studiati ed interpretati come il movimento filosofico della più alta espressione del senso tragico del reale. Furono infatti soprattutto i Sofisti a sostenere l'implicita contraddittorietà del mondo, visto che essi "non imbrigliano la realtà in uno schema dogmatico, perché al contrario, la lasciano fremere in tutte le sue antitesi, in tutta la sua tragicità" (dall'introduzione al saggio I Sofisti, Milano 1949, anch'esso riedito ed ampliato nel 1967: una delle pietre miliari della produzione untersteineriana). Non dunque una visione che limiti il movimento filosofico ad espressione di tendenze pragmatistiche od utilitaristiche, ma la più alta espressione invece, tutta ora all'insegna del logos, della innata duplicità di ogni aspetto della vita, già còlta nel mito sia dalla tragedia sia dalle manifestazioni culturali del periodo arcaico.

L'IDEALE DI INSEGNAMENTO
Sulla base di molte testimonianze da noi viste durante la preparazione di questa pagina, ci pare di poter fare alcune semplici affermazioni sul prof. Untersteiner insegnante. La sua severità era certamente grande, e le richieste che faceva ai suoi allievi, sicuramente alte. Questo anche al tempo dell'insegnamento liceale, se è pur vero che già negli anni '30 e '40 egli si muoveva in un ambito di ricerca, più che di insegnamento medio. Tuttavia abbiamo già avuto modo di sentire, dalla testimonianza della prof. Sacerdoti che gli studenti lo seguivano di buon grado, nonostante l'impervietà delle sue lezioni. Infatti, la sua severità era ben lungi dall'essere fine a se stessa, ma sempre sorretta dall'energia interiore di uno studio sentito nel profondo come esigenza vitale: e come tale ben accetta ai giovani.
Né ci pare di poter dire che, nonostante le macroscopiche differenze generazionali, anche al giorno d'oggi gli studenti non sappiano più distinguere fra una severità che umilia l'intelligenza in atteggiamenti sterilmente repressivi, ed una severità che invece sia il frutto dell'esaltazione dell'intelligenza stessa. Infatti siamo profondamente convinti che non vi possa essere un'autentica attività didattica che, nella quotidianità e nell'assiduità di un lavoro sistematico, possa prescindere dalla severità. Solo se alle richieste saranno però poi fatti seguire i momenti così appaganti di elevazione verso una meta, nella gioia di un percorso comune condiviso, allora anche la severità sarà non solo ben accetta, ma alla fine motivo di orgoglio negli studenti.

E' sicuramente il caso di molti ex allievi del prof. Untersteiner, i quali furono segnati dall'incontro col suo insegnamento, e pure di quelli che ne ebbero determinata l'intera vita, come bene si evince dalle testimonianze da noi riportate nella pagina L'esempio di Mario Untersteiner. Ma soprattutto vorremmo segnalare qui come il sigillo della vera grandezza fosse proprio nell'autentica passione della scoperta dei giovani migliori, nell'intimo godimento provato per lo spettacolo sempre straordinario e per fortuna sempre rinnovantesi del manifestarsi dell'intelletto in una personalità in via di formazione. Testimonianza splendida di questo, ci paiono le parole che il prof. Untersteiner scrisse in due lettere del 1959, e che qui di seguito riportiamo:

"Non esiste spettacolo più affascinante che assistere all'opera dell'intelligenza. Poter sorprendere il chiarirsi di un problema attraverso la mente di un giovane che, da solo e con le sue forze, scopre sempre qualcosa di personale, non è forse una delle cose più belle?"

"...Mi è caro vederLa affrontare la Sua attività di insegnante con tanto entusiasmo. I contatti umani sono, davvero, consolanti. L'umanità vale poco, ma ci sono qua e là esseri degni di singolare stima. Insegnare per scoprire le creature migliori è già di per sé uno scopo di vita sufficiente."

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L'originale della lettera, datata 02/09/'59, dall'Istituto di filologia Classica di Genova, alla ex allieva Gina Traverso.

Quale magnifico appello - al di là di ogni troppo facile retorica - alla riscoperta, anche in tempi troppo spesso e troppo superficialmente definiti "di crisi", della vera, autentica nobiltà della professione dell'insegnamento!


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