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         Una bellissima fotografia scattata 
        sul portone di ingresso di via Commenda, probabilmente durante una 
        visita di un gerarca fascista al Liceo.
 Vediamo il preside Sasso in camicia nera, e, sullo sfondo, dietro il 
        bidello Ferrè il prof. Untersteiner SENZA camicia nera.
 La foto è stata scattata sicuramente dopo il '38-'39, e probabilmente 
        già in tempo di guerra.
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      Questa pagina vuole raccontare la storia della fascistizzazione
      del nostro Liceo, cercando di mostrare con quali modalità essa ebbe luogo e soprattutto a
      cosa fu dovuta la ben nota fama di antifascismo di cui il Berchet godette a lungo. 
      Il primo evento che dobbiamo raccontare è molto noto ed
      importante: nel 1931, quando la fascistizzazione del paese, e dunque della scuola, era
      già ad un livello piuttosto avanzato, Mussolini inviò al Ministro dell'Educazione, in
      data 26 Maggio un telegramma. Ecco il testo: 
      
        "E' urgente ripulire liceo "Berchet" da
        tutti i professori antifascisti tipo Mondolfo,
        Ghisalberti, Huntersteiner. Vostra Eccellenza
        riceverà in proposito un grave dettagliato rapporto della P.S. ... Benito Mussolini" 
      
    
      
        | 
        .jpeg) Da sinistra: Fausto
        Ghisalberti, Guido Ugo Mondolfo, il preside Achille Cosattini e Mario Untersteiner
 Da  una foto della classe 3B dell'anno scolastico 1926-1927
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     Il telegramma fu riportato nell'importante lavoro che lo storico
      Renzo De Felice dedicò al regime e alla figura di Mussolini (Mussolini, il duce. I.
      Gli anni del consenso 1929-1936, Einaudi, 1974). Fu proprio in quell'occasione che
      Untersteiner venne a conoscenza dell'esistenza di quel documento, e si rese conto di
      essere stato oggetto di una odiosa delazione. Esisteva infatti dentro la scuola un
      delatore (che, spiace dirlo, apparteneva al corpo docente, e scriveva sempre il cognome
      del professore con l'H-), il quale aveva riferito alle autorità della polizia fascista
      alcuni atti, ritenuti contrari al normale consenso "dovuto" al regime. Si
      trattava di modesti atti di anticonformismo, caricati di significati esagerati, quasi come
      crimini contro il regime. E così fu anche interpretato il gesto che alcuni studenti del
      Berchet, sempre nel 1931, compirono, quando Arturo Toscanini si
      rifiutò di suonare a Bologna gli inni fascisti: essi si recarono in via Durini per applaudire il maestro al suo
      ritorno. Un gesto in cui molti vollero vedere l'influenza proprio del prof. Mondolfo, e
      che gli costò anche, perché noto antifascista, il trasferimento per punizione al Liceo
      Manzoni. Lo stesso Untersteiner, in un colloquio con Oreste del Buono,
      ritornò sull'argomento. Fu proprio in quell'occasione che il professore
      spiegò di non avere mai avuto la tessera del PNF (Partito Naz. Fascista), per il semplice fatto di non averla mai
      chiesta. 
      Il periodo, invece, che precedette questi fatti, non mostra,
      almeno a dover giudicare dalla laconicità degli atti ufficiali depositati nell'archivio
      del nostro Liceo, episodi di particolare clamore. Il nostro Liceo, come tutte le altre
      regie scuole, non può ovviamente, esimersi dal compiere una serie di gesti,
      più o meno formali, imposti gerarchicamente dall'autorit?scolastica. Per esempio, nel 1929, vengono
      organizzate alcune conferenze sia per il ginnasio inferiore e superiore sia per il liceo,
      volte ad informare sul "problema coloniale e sul suo avvenire": a
      ciò il corpo docente ed il Preside sono "invitati" da una C.M. del 26/12/27, che lascia
      chiaramente intendere la volont?di servirsi di una materia come la geografia per
      propagandare le attività coloniali del regime. Nel 1930, invece, le direttive
      ministeriali prevedono la modificazione dei programmi: anche da queste si capisce come la
      storia e la geografia (cioè le materie che più consentono agganci al contemporaneo) sono
      le privilegiate dal regime per i fini propagandistici. Altro settore della propaganda
      riguarda la diffusione dentro la scuola di informazione ed il proselitismo per l'Opera
      Nazionale Balilla.  
      D'altronde, già dal '28, l'atteggiamento di controllo del
      Ministero della Educazione sulle singole figure dei docenti comincia a riguardare anche
      gli atteggiamenti dei professori verso le vicende a loro contemporanee: si cerca di
      reprimere un atteggiamento di disinteresse verso la realtà presente o il rifugio nel
      passato. Nel '30, poi, il Preside "invitato a nominare per le commissioni di
      Maturità" solo quegli insegnanti il cui atteggiamento sia di "piena
      fedeltà al regime".Tutto questo è ovviamente ben lungi dal fornirci un quadro della reale
      situazione del Liceo durante il ventennio. Pur senza voler forzare le cose, e fare
      affermazioni avventate, ci sembra di poter dire che dietro la realtà di facciata ne
      esistesse anche un'altra e ben diversa. Lo stesso prof. Untersteiner, negli Appunti
      autobiografici premessi al volumetto Spiritualità greca e
      spiritualità umana. Saggi sul mondo greco, apparso nel 1991 per i tipi de L'Editore, afferma che nella
      sezione in cui egli insegnava, "tutti i colleghi, meno uno, erano antifascisti,
      sicché le famiglie, contrarie al regime, chiedevano che i loro figli fossero iscritti
      proprio a questo corso" (p. 20).  
 
      Ritornando al fatidico 1931, per esempio, un
      episodio molto grave turbò la vita del Liceo. Sette studenti della classe 3A vengono
      arrestati per motivi politici, e due loro compagni incidono sui banchi i nomi degli
      arrestati preceduti da W, e la scritta: "Morte al tiranno, viva la Libertà". Il
      consiglio degli insegnanti ritiene di dovere prendere un provvedimento disciplinare e
      decreta per i due rei i 5/10 in condotta e l'esclusione dall'Esame di Maturità. Questo
      provvedimento è preso a maggioranza, con l'astensione dei prof. Mondolfo e Morselli. La
      situazione viene poi risolta da un ispettore ministeriale che "attenua" la
      durezza della disposizione, e, tenuto conto della giovane età dei responsabili, invita il
      consiglio degli insegnanti a revocare la sospensione dall'esame di Maturità di alcuni dei
      puniti. Anche questo che pure è un fatto ufficialmente registrato agli atti della scuola,
      dà ragione del dissenso che era ben presente dentro il liceo.Un antifascismo, dunque, non dichiarato a chiare lettere, per non
      esporsi ad evidenti rischi, ma un sostrato culturale ben definito, e profonde radici
      liberali e democratiche, che impediscono, almeno nei più illuminati, l'adesione
      incondizionata all'ideologia imposta dall'alto. Un episodio che ci pare bene illustrare
      questa nostra interpretazione, è quello ricordato dal prof. Untersteiner, nel volumetto Incontri,
      Trento, 1975, riedito a cura di R. Maroni e Linda Untersteiner Candia nel 1990:
 
      
        "... Questa ricerca della formazione della mia
        personalità può avere anche un significato se si osserverà come proprio la visione
        razionalistica può spiegare il valore del mio antifascismo: il rifiuto di tendenze
        irrazionali al limite della passionalità sia nel campo religioso che in quello politico,
        mi ha infatti spinto a non chiedere la tessera del partito. Secondo questo spirito è
         stato impostato anche il mio insegnamento sia al Liceo Classico Berchet di Milano, sia
        alle Università di Genova e di Milano.La sensibilità dei giovani ha spesso intuito lo spirito che animava il mio
        insegnamento al di là delle nozioni tecniche, e, in epoca di dittatura, delle parole
        forzatamente allusive. Ricordo, fra gli altri, questo episodio:
 L'ultimo giorno di scuola dell'anno
        scolastico 1939-40, poco prima che l'Italia entrasse in guerra, io tradussi in classe il
        canto dell'amore (Ad Corinth. I, 13) di Paolo di Tarso, come commiato alla terza
        liceo. Solo recentemente ho avuto conferma che gli studenti avevano capito l'implicito
        messaggio racchiuso in quelle parole, con le quali intendevo dare l'addio e
        rivolgere un monito ai miei giovani che stavano per affrontare un periodo così calamitoso.A distanza di anni ho trovato molti ex allievi del Berchet, oramai divenuti valenti
        professionisti, che mi hanno dimostrato la loro amicizia e una simpatia che indubbiamente
        deriva dall'antico mio atteggiamento che aveva fatto presa sui loro spiriti e dall'impegno
        del lavoro comune. [...]
 Mario Untersteiner".
 
          
          
            
              | Quand'anche parlassi le
              lingue degli uomini e degli angeli se non ho amore
 sono un bronzo risonante o un cembalo squillante.
 E quand'anche avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la
              scienza, e avessi anche tanta fede da trascinare le montagne,
 se non ho amore
 nulla io sono.
 E se distribuissi tutti i miei averi e offrissi il mio corpo al fuoco,
 se non ho amore
 a nulla mi giova...
 SAN PAOLO, Ep. ad Corinthios, I, 13, 1-4.
 
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              | 31maggio1940-XVIII.jpeg) Le terze liceo A-B-C alla fine dell'a.s. 1939-1940, cui si
          riferisce l'episodio che stiamo citando. Il prof. Untersteiner è il 
              quarto seduto da destra, in
          prima fila.
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