Da qui potrete accedere a due sezioni, una biografia di Orazio, e una pagina contenente una scelta di carmi oraziani particolarmente inerenti alla tematica simposiaca, opportunamente tradotti e commentati.
Solitamente Orazio associa il vino al convito più che ad atti rituali. Si preoccupa di evitare gli eccessi di raffinatezza, ma soprattutto legittima il lusso della tavola per accogliere le esigenze di fondo dei ceti ricchi del suo tempo.
Per venire incontro a questa necessità oltre alla presenza dei comuni vini greci, si ha una prevalenza di vini pregiati di origine italiana, tra cui il Cecubo e il Falerno.
Per Orazio la cena assume una funzione antitetica: è un momento necessario nel ritmo della giornata, come rilassamento o preparazione per i negotia, ma nello stesso tempo costituisce una sospensione dai negotia, almeno per un tempo limitato; ha il compito di interrompere e cancellare le curae, assegnandogli la funzione di superare la fondamentale angoscia lucreziana sull'esistenza.
Il poeta rivolge i suoi inviti a personaggi angustiati dai loro negotia politici ed economici.
L'Orazio lirico filtra la realtà quotidiana anche ad un livello non sublime; tuttavia gli risulta sgradito riportare la descrizione delle portate, più volte presente in Marziale, preferendo perciò assegnare maggior importanza al vino e alla funzione liberatoria, ispirandosi alla lirica arcaica di Alceo e Anacreonte.
L'importanza del vino però è esaltata da una finezza stilistica che si serve della "collocazione artistica del vocativo, che mira ad associare il nome del destinatario ad un motivo chiaro del componimento", come nel caso di Taliarco.