Nella letteratura greca, il tema del vino è trattato a più livelli. Esistono comunque fondamentali punti in comune riguardo all’uso di questa bevanda e alla sua funzione: è rimedio per gli affanni degli uomini e per le loro angosce, grazie al sonno, conseguenza del bere, che offusca la mente.
La bevuta si configura quindi come una liberazione per l’animo umano.
Fondamentale però, rispetto a ciò, è anche l’idea del vino come dono di Dioniso agli uomini, tanto importante quanto il dono di Demetra (il grano): qualcosa cioè di cui l’uomo non può assolutamente fare a meno. Tutti, poveri e ricchi, devono poter usufruire dei suoi benefici.
Il vino inoltre rientra in una dimensione religiosa.
Esistono infatti miti riguardo all’origine della vite e della bevanda che da essa deriva, i quali le attribuiscono caratteristiche dannose e benefiche al tempo stesso.
Per questo motivo, quasi tutte le città stabilirono precise leggi, volte a regolamentarne l’uso.
Secondo il mito, la vite corrisponderebbe ad un ceppo caduto dal cielo oppure sarebbe nata da un animale, mentre il vino, in quanto risultato della vinificazione, è un prodotto dell’uomo.
Sempre secondo il mito, il miracolo del vino, che avveniva una volta all’anno, quando venivano aperte le giare, faceva delirare coloro che consumavano per primi la bevanda.
Dioniso però istruisce gli uomini sul modo in cui servirsi del tanto importante dono: esso deve necessariamente essere mescolato all’acqua (anche perché il vino utilizzato dai Greci presentava un’altissima gradazione alcolica).


Disegno di F. Lissarague di coppa a figure rosse
del pittore di Colmar (ca. 500) raffigurante sei giovani
seduti in cerchio mentre sollevano in alto le coppe e conversano.


Il vino puro è detto ἄκρατος (non mescolato) e possiede un carattere decisamente negativo; berlo è considerato barbaro.
A Sparta, con Licurgo, il vino, usato come droga, veniva utilizzato con scopi selettivi e pedagogici.
I bambini venivano infatti immersi in quello puro, per poter individuare gli epilettici, considerati indegni, mentre gli Iloti erano costretti ad ubriacarsi, per essere portati in città sbronzi e mostrarne ai giovani i terribili effetti.
Dunque il vino, non puro, ma mescolato ad acqua, era contenuto nel cratere posto al centro del simposio, durante il quale non si consumava cibo, poiché si teneva dopo il pasto.
Il simposio costituiva un importante fenomeno sociale, caratterizzato da una straordinaria convivialità.
Il simposiarca era colui che stabiliva le regole da seguire.
Il vino viene anche concepito, in quanto rivelatore della verità, come strumento per una prova; secondo Platone si tratta di una sorta di esperimento, che permette di conoscere veramente gli altri, rendendo così possibile un miglioramento della loro natura (scopo pedagogico).
Sempre Platone suggerisce inoltre una suddivisione per età, che regoli il rapporto degli uomini con il vino. Ne risulta una crescente esigenza del bere, nel passare degli anni.
Il vino infatti permette agli anziani, durante le feste religiose in cui si eseguivano danze e canti, di liberarsi dalla consueta severità d’atteggiamento. Questa sperimentazione è largamente espressa soprattutto nell’iconografia vascolare. Molte rappresentazioni mostrano come all'interno di un κῶμος, corteo di bevitori che vanno e tornano da un simposio, ci possono essere dei personaggi in abito femminile. Su un cratere tre uomini procedono vestiti con abiti lunghi,recanti un copricapo femminile ed orecchini. Unico segno del loro essere maschi è la barba, ma il loro portamento li relega nell'ambito del non-maschile; questo travestimento consiste nella temporanea rappresentazione dell'altro.


La duplice natura umana, che il vino è capace di portare alla luce, è spesso perfettamente rappresentata da satiri (metà uomini e metà bestie).
Dioniso è inoltre spesso raffigurato intento nel praticare la vendemmia e ciò richiama fortemente la connessione Dioniso - vigna - vino.
A questo proposito è utile notare che Dioniso non è solo dio del vino, tuttavia la sua immagine più presente in ambito vascolare è quella legata alla dimensione del bere e dell’ebbrezza.

Testimonianza essenziale della connessione Dioniso - vino è per noi l’arte vascolare. Un significativo esempio è un’anfora a figure nere nella quale Dioniso è raffigurato davanti ad una giara. Vicino ad essa è rappresentata una vite ricca di grappoli.

Anfora a figure nere; ca. 510.

Inoltre due satiri sono l’uno intento a danzare rivolto verso Dioniso, l’altro a portare sulle spalle un’anfora.
Il Dio invece tiene in mano un κάνθαρος su cui si concentra il nostro sguardo.
Proprio questo vaso sta ad indicare lo stretto legame tra il Dio e il vino.
Esso costituisce un’importante peculiarità di Dioniso, in quanto lo identifica come signore della bevanda e dell’ebbrezza da esso provocata.