Insieme di popolazioni appartenenti al ceppo linguistico più popoloso e ampiamente distribuito di indiani d'America, che comprendeva originariamente varie centinaia di gruppi parlanti quasi cinquanta lingue. Gli algonchini occupavano la maggior parte della regione canadese a sud della baia di Hudson, tra le Montagne Rocciose e l'Atlantico e, a esclusione dei territori abitati da sioux e irochesi, la parte degli Stati Uniti che si estende a nord tra il North Carolina e il Tennessee. Abitavano anche varie aree isolate a sud e a ovest, comprese parti degli attuali South Carolina, Iowa, Wyoming e Montana. Divisi in clan e tribù, si riunirono in diverse nazioni e confederazioni, la più celebre delle quali, attorno alla baia di Chesapeake, prendeva il nome dal capo Powhatan, padre dell'eroina Pocahontas. Tra le popolazioni più conosciute del gruppo linguistico si trovano, oltre agli stessi algonchini, piedi neri, cheyenne, cree, delaware, fox, arapaho, kickapoo, massachuset, miami, micmac, mohegan, narragansett, ojibwa, ottawa, pequot, potawatomi.
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Nella provincia canadese del Québec, la popolazione cree raggiunge i 14
500 individui, abitano nove villaggi situati selle rive della Baie James e la
Baie d'Hudson e all'interno delle terre. La nazione cree fa parte della grande
famiglia linguistica e culturale algonchina, la popolazione parla il cree e la
maggior parte di loro come seconda lingua parlano l'inglese.
Originari delle pianure dell'Ovest canadese, i cree risiedono nella regione
della Baie-James da sempre. Essi vivono tradizionalmente in piccoli gruppi
nomadi e traggono il loro sostentamento dalla caccia e dalla pesca. Dalla fine
del XVII secolo il commercio delle pellicce costituisce per loro una attività
economica molto importante. Nel XX secolo, la presenza sempre più forte del governo federale alla Baie-James, l'introduzione della scuola d'obbligo, la costruzione di case
permanenti e il declino del commercio delle pellicce, scombussolano il modo di
vita dei cree. Negli anni '70 si sono dotati di una organizzazione politica strutturata, il
Gran Consiglio dei cree del Québec, con lo scopo principale di difendere
i loro diritti che vedono minacciati dal grandioso progetto idroelettrico della Baie-James. Nel 1975 firmano con gli inuit e i Governi del Québec e del Canada, la
Convenzione della Baie-James e del Nord quebecchese, che gli assicura la
proprietà e l'uso esclusivo del territorio che copre una superficie di 5.544
kmq, i diritti esclusivi di caccia e di pesca su un territorio di 69.995 kmq e il
versamento di una indennità di 135 milioni di dollari canadesi. La convenzione trasforma l'universo dei
cree, perché origina la creazione di
numerosi organismi amministrativi cree e imprese che contribuiscono al progresso
economico della popolazione cree. L'entrata in vigore della Convenzione origina numerosi problemi che vengono
risolti con la firma della "Paix des Braves" (Pace dei Bravi) nel 2002.
Quest'ultima intesa intercorsa tra il governo québecchesi e la nazione cree si
sta rivelando essere un modello d'intesa, perché favorisce una migliore
coabitazione tra gli autoctoni e gli altri residenti del Québec.
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I membri della nazione naskapi sono circa 850; esiste un solo villaggio naskapi nel Québec chiamato Kawawachikamach. È situato a una quindicina di chilometri a nord di Schefferville ed è popolato da 775 naskapi. Tutti i membri parlano il naskapi e utilizzano l'inglese come seconda lingua. All'arrivo degli europei, i naskapi vivevano della caccia al caribou e da questo animale traevano il loro cibo, i loro vestiari e gli attrezzi di lavoro. Costretti a vivere da nomadi, spostandosi continuamente seguendo la migrazione di questi animali e forti dell'autosufficienza che questi gli procuravano, sono sempre stati refrattari all'idea di dedicarsi al commercio delle pelli. Dal 1893 sono stati decimati da periodi di fame. Ormai si sono stabiliti a Fort Chimo e vivono dal 1956 con gli Innus di Matimekosh, vicino a Shefferville, con la speranza di migliorare le loro condizioni di vita. Nel 1978 i naskapi hanno firmato la Convenzione del Nord-Est quebecchese, in virtù della quale sono proprietari esclusivi d'un territorio di 326 kmq e dispongono anche di un territorio esclusivo di caccia, di pesca e di "piegeage" che si stende su una superficie di 4.144 kmq. Essendo questi territori ubicati a Nord del 55º parallelo hanno diritto ad un seggio al Consiglio d'Amministrazione regionale Kativik. Il villaggio di Kawawachicamach è dotato di edifici comunitari ben equipaggiati; una scuola per l'insegnamento elementare e secondario, un centro sanitario CLSC equiparato alle ASL, una caserma di pompieri, una stazione di polizia, un centro commerciale, un centro ricreativo e una stazione radio di lingua naskapi.
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Tipica imbarcazione degli Abenaki. |
Appartenenti alla grande famiglia algonchina, gli abenaki del Québec vengono dagli stati confinanti del Maine, del New Hampshire e del Vermont. Nel 1700 si stabiliscono definitivamente a Odanak e a Wôlinak, sulla riva sud del fiume San Lorenzo nei pressi di Trois-Rivières. Oggi oltre 2000 abenaki vivono nel Québec dei quali 500 a Odanak e a Wôlinak. Il francese è la lingua comune per la maggior parte di loro. Dal 1986, gli abenaki sono rappresentati dal Grande Consiglio della nazione Waban-Aki, che rivendica l'allargamento di due villaggi e l'ottenimento d'un territorio per la caccia e per la pesca. Le varie attività tradizionali hanno progressivamente ceduto il passo alla piantagione di vivai di pini e di una "pourvoirie" nella regione dell' Haute-Mauricie, oltre a numerose piccole e medie imprese (PME) autoctone o no sostenute dal Carrefour Wôlinak. Numerose organizzazioni culturali, come la Società storica d'Odanak, il gruppo Alnôbaiwi, e il gruppo di danza Mikwôbait si consacrano alla protezione e alla diffusione della cultura abenaquise.
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La regione della Gaspésie e le province marittime costituiscono il territorio d'origine di 20.000 e più micmac. Ci sono tre comunità di micmac in Gaspésie: Listuguj con 3.500 abitanti dei quali 2.875 residenti autoctoni; Gesgapegiag con 530 membri su una popolazione residente di 1.160 anime; Gespeg, nella quale 500 micmac vivono in stretto rapporto con gli altri cittadini della regione. La lingua micmac è insegnata a scuola, ed è ancora parlata nelle comunità di Listuguj e di Gesgapegiag. La maggior parte dei micmac della Gaspésie parlano il francese, mentre la lingua seconda delle altre due bande é l'inglese. L'originalità della cultura micmac sta nell'adattamento alle attività legate alla vita marittime. Anche prima dell'arrivo degli europei, i micmac costruivano imbarcazioni atte alla pesca in alto mare. Alla fine del XVIII secolo la regione della Gaspésie subì una forte trasformazione socio-economica, molti micmac si sono adattati alle nuove esigenze diventando boscaioli e operai di fabbrica o della costruzione. Nonostante tutto, la pesca del salmone fa ancora parte del modo di vivere dei micmac; dal 1982 la comunità autoctona di Listuguj firma delle intese per la pesca con il governo provinciale del Québec, essa applica ora un proprio programma di pesca nel rispetto della conservazione delle risorse ittiche. Questa comunità ha elaborato anche un importante programma di sviluppo turistico portando anche sulla sistemazione d'un Centro d'interpretazione della cultura micmac nel vecchio monastero del villaggio. I micmac e i Gesgapegiag hanno partecipato alla creazione della Società per la gestione del fiume Cascapédia, dove il Consiglio d'Amministrazione è composto da un numero uguale di autoctoni e di alloctoni, che riescono a creare una trentina di posti di lavoro legati alla pesca del salmone oltre alla esportazione di articoli artigianali micmac in America del Nord.
Confederazione di tribù di indiani d'America del ceppo linguistico algonchino, che vivevano nelle pianure settentrionali fra gli alti corsi del Missouri e del Saskatchewan. Costituiti di tre gruppi nomadi, intorno alla metà del XVIII secolo i siksika o piedi neri veri e propri, i kainah e i piegan si spostarono alla ricerca di bufali dal Saskatchewan nel Montana, dove, acquisito l'uso del cavallo e delle armi da fuoco, giunsero a controllare un vasto territorio. Esperti cavallerizzi, guerrieri e cacciatori di bisonti, i piedi neri erano spesso in guerra con i vicini cree, sioux e crow. Dai primi del Novecento sono distribuiti in varie riserve del Canada (Alberta) e degli Stati Uniti (Montana). I piedi neri vivevano in villaggi di tepee, che potevano spostare facilmente nei loro trasferimenti. Le numerose bande di cui erano costituiti si riunivano in estate per cerimonie sociali e religiose. La poligamia di casta consentiva a un guerriero ricco di avere molte mogli.
Tribù di indiani d'America appartenente al gruppo linguistico degli irochesi. Stanziati originariamente nell'area compresa tra il lago Ontario e il basso corso del fiume San Lorenzo, affrontarono una serie di conflitti con gli irochesi durante il XVII secolo, venendo divisi e dispersi in Michigan, Wisconsin e Ohio. Nei primi decenni del XIX secolo vendettero le loro terre ai coloni bianchi ed emigrarono nel Kansas, ottenendo in cambio la cittadinanza americana (1855).
Potente confederazione di indiani d'America della famiglia linguistica irochese (alla quale diede il nome) appartenenti all'area culturale delle Foreste Orientali, fondata nel XVI secolo nell'odierno stato di New York. La confederazione originale era costituita da cinque gruppi: mohawk, onondaga, cayuga, oneida e seneca, conosciuti anche come le Cinque Nazioni; tra il 1715 e il 1722, con l'ammissione dei tuscarora, la confederazione prese il nome di Lega delle sei nazioni.
Gli Inuit, sicuramente più noti come Eschimesi, sono gli abitanti di quelle terre a nord del mondo che rientrano nella generale definizione di 'Artico'. Il termine 'Eschimesi', che significa 'mangiatori di carne cruda', veniva originariamente utilizzato, in senso dispregiativo, dalle tribù indiane algonchine del Nord America per designare le popolazioni residenti nelle zone più settentrionali, presso le quali il consumo di carne cruda era, effettivamente, abituale. Questa denominazione è stata adottata dalla prima letteratura antropologica europea e nordamericana ed è in seguito entrata nell'uso comune. In realtà, gli abitanti dell'Artico definiscono se stessi 'Inuit', termine che nella loro lingua significa 'uomini'. Esso è infatti la forma plurale di inuk, cioè 'uomo'. Gli Inuit occupano un'area piuttosto vasta, che comprende l'Alaska e il tratto della Siberia che si affaccia sullo stretto di Bering, il nord Canada e la Groenlandia. Se racchiudere il senso di una cultura in poche definizioni sistematiche è certamente un'impresa difficile, la situazione si complica ulteriormente per le culture che, come quella inuit, hanno sperimentato trasformazioni spesso traumatiche, derivanti dal contatto con i bianchi e, in alcuni casi, da periodi di colonizzazione. È possibile tuttavia individuare alcuni aspetti della vita e della cultura inuit che potremmo definire 'tradizionali', in quanto caratterizzati da abitudini e attività destinate in seguito a mutare in modo considerevole sotto l'influenza sempre crescente dei bianchi. Le caratteristiche dell'ambiente fanno sì che la caccia rappresenti tradizionalmente per gli Inuit l'attività di sussistenza fondamentale. La caccia si configura come un'attività prettamente maschile, che costituisce il fulcro dell'economia di questo popolo e che al tempo stesso riveste un'enorme importanza a livello sociale e simbolico. Essere un buon cacciatore significa non solo poter nutrire adeguatamente la propria famiglia, ma anche godere del rispetto degli altri membri della società e acquisire prestigio all'interno del gruppo. Il rilievo conferito alla caccia potrebbe indurre a ritenere che la cultura inuit sia portata tradizionalmente a sopravvalutare il ruolo dell'uomo e delle sue attività e parallelamente a porre in secondo piano l'universo femminile. In realtà, basta leggere le numerose monografie su questo popolo per convincersi del contrario. La famiglia nucleare, che costituisce l'unità di collaborazione primaria, si fonda sulla divisione complementare del lavoro tra il marito e la moglie. L'uomo è colui che si occupa della caccia e degli spostamenti, curando la manutenzione del kayak e della slitta e provvedendo ai cani. Tuttavia, i successi di un cacciatore sono indissolubilmente legati all'attività e all'abilità della propria moglie. Sono infatti le donne che tradizionalmente si occupano di lavorare le pelli per produrre i capi di abbigliamento e le calzature per tutta la famiglia, nonché le tende e i rivestimenti per le imbarcazioni. È facile comprendere come, per l'uomo che va a caccia in un ambiente di tipo artico, la qualità degli abiti che indossa e la resistenza dei suoi stivali siano requisiti essenziali per la sopravvivenza e per il successo nel catturare le prede. Ogni cacciatore riconosce esplicitamente il contributo insostituibile fornito dalle donne, non solo nella lavorazione delle pelli e nella confezione dell'abbigliamento, ma anche nella cura di esso. Nessun uomo potrebbe sopravvivere nell'ambiente artico senza quella complementarità di ruoli e di funzioni che lo lega alla donna e che fa della coppia l'unità minima, in assenza della quale il sostentamento diviene impossibile. Nella cultura tradizionale è compito delle donne assicurare che gli stivali e gli altri indumenti non perdano mai la loro morbidezza. Le basse temperature tendono infatti a screpolare e a irrigidire la pelle, rischiando di rendere inutilizzabili gli abiti. Le donne provvedono allora a masticare gli stivali o gli altri indumenti, in modo che siano morbidi e pronti per essere indossati facilmente dall'uomo che va a caccia o dagli altri membri della famiglia. Le pelli vanno inoltre masticate prima di essere lavorate e cucite, il che richiede un impegno pressoché continuo e incessante. La masticazione delle pelli costituisce in epoca tradizionale una delle attività maggiormente praticate dalle donne inuit, tanto che in passato non era possibile trovare una donna che non avesse la dentatura completamente consumata già in età relativamente giovane . Le donne si dedicano inoltre alla pesca nei pressi dell'accampamento e raccolgono piante, bacche e uova di uccelli, spesso aiutate dai bambini. Preparare i pasti e procurare l'acqua e il combustile per l'illuminazione e il riscaldamento dell'abitazione rientrano nelle mansioni femminili. Oltre a tutto ciò, la donna è impegnata naturalmente nella cura dei bambini, oggetto di grande affetto e interesse presso gli Inuit. Fino dai primi istanti di vita il neonato entra in stretto contatto con la madre, che lo porta con sé ovunque, trasportandolo nell'amauti, tipica casacca in pelle di foca o caribù provvista di una sacca sulla schiena . Il tipo di rapporto che si instaura tra madre e figli e più in generale tra adulti e bambini è comunque piuttosto differente rispetto a quello che caratterizza il mondo occidentale. I bambini sono molto amati e spesso coccolati, ma godono di una notevole indipendenza fino dalla più tenera età. Essi possono molto frequentemente decidere in modo autonomo come agire e come occupare il proprio tempo e dispongono anche di una certa libertà nel trascorrere le giornate o la notte presso parenti o amici. Questo tipo di modello educativo, che nella nostra società verrebbe sicuramente associato a disinteresse o mancanza di cure da parte dei genitori, trova invece una spiegazione nel fatto che gli Inuit riconoscono dignità e autonomia al bambino anche quando esso è piuttosto piccolo. Rispettare le scelte di un bambino significa secondo questo popolo attribuirgli dignità e insegnargli a prendere decisioni fin dall'inizio, in modo che egli sviluppi una propria esperienza del mondo basata sul rispetto reciproco e non sui rapporti di forza. I pochi cenni forniti fin qui dovrebbero chiarire come la cultura tradizionale inuit riconosca alla donna un ruolo e una funzione insostituibili, che si esprimono nell'alto grado di cooperazione presente tra i coniugi all'interno dell'unità domestica. Anche se i matrimoni avvengono solitamente per decisione dell'uomo, una donna conserva sempre la possibilità di abbandonare il marito e di tornare nella propria famiglia, qualora l'unione presenti problemi eccessivi o incompatibilità non superabili. Ciò che ricaviamo da questo primo sguardo sulla cultura inuit nelle sue forme tradizionali è dunque il ritratto di una figura femminile ben definita e distinta dall'uomo in quanto a funzioni e attività. Questa distinzione non sembra tuttavia tradursi in un sistema di rapporti sociali che ponga la donna in una posizione di inferiorità rispetto all'uomo o che le riconosca minori diritti o minore autonomia. Il profilo fin qui tratteggiato nasce dall'analisi di un contesto culturale che abbiamo definito 'tradizionale', ossia non ancora eccessivamente influenzato dai contatti con il mondo occidentale. Se spostiamo la nostra attenzione sulla situazione contemporanea, vediamo emergere alcuni aspetti di un certo interesse, che arricchiscono la prospettiva di indagine sulla donna inuit e sulla sua identità.