Le donne giapponesi contro la discriminazione - da Internazionale
Suicidi dovuti a superlavoro - da Internazionale
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Giappone, condannato il superlavoro
Tokyo. La Dentsu, la più grande agenzia pubblicitaria giapponese,
è stata condannata a pagare 126 milioni di yen alla famiglia di
un impiegato che si è ucciso dopo aver lavorato per un numero eccessivo
di ore al giorno [21]. È la prima volta che una società giapponese
viene ritenuta responsabile di aver spinto al suicidio un lavoratore, sebbene
in passato si sia verificato che alcune abbiano dovuto pagare un risarcimento
per morte dovuta a superlavoro (karoshi). Nel corso dei 17 mesi in cui
aveva lavorato come programmatore di pubblicità radiofoniche, il
suicida era stato impegnato nei week end, quasi tutte le sere e aveva avuto
solo una mezza giornata di riposo. Negli otto mesi che avevano preceduto
la sua morte, avvenuta nell'agosto 1991, aveva lavorato dalla mattina presto
fino alle due di notte per 106 giorni e fino alle 4 di mattina e oltre
per 48 giorni. La Dentsu, ha sempre rifiutato di assumersi qualsiasi responsabilità,
sostenendo che l'uomo aveva problemi di rapporti personali. Le società
giapponesi stanno subendo sempre maggiori pressioni perché riducano
il superlavoro. Il numero di casi di karoshi verificatisi tra febbraio
e novembre dell'anno scorso sono stati ben 68, quasi il doppio rispetto
al totale dell'anno precedente. Un giapponese lavora in media 2.124 ore
all'anno, circa 200 di più di un lavoratore americano o inglese,
e da 400 a 500 ore in più rispetto a un francese o a un tedesco.
La maggior parte dei casi di karoshi riguardano impiegati che hanno lavorato
più di tremila ore in un anno. Secondo un'inchiesta dell'Epa, un
lavoratore maschio giapponese su sei lavora 3.100 ore l'anno (Financial
Times).
Dal numero 125 di Internazionale del 12 aprile 1996
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