prof. Luisa Barbarito: Direi che in quegli anni era solo Berchet
    per lui; egli era sempre a scuola, coinvolto completamente, perché c'erano tante
    iniziative, assemblee, anche al pomeriggio, e lo ricordiamo appunto così...
    ing. Michele Barbarito: L'esperienza di mio padre come preside del Berchet inizia
    nel 1969. Devo dire che nel clima arroventato di quegli anni, tutto sommato, egli si
    sentiva abbastanza a suo agio, cosa che, conoscendo mio padre, mi ha meravigliato
    moltissimo; infatti, da vecchio socialista, frequentava al Leonardo da Vinci un ambiente
    di idee politiche piuttosto avanzate.
    prof. Gherlone: Dunque - come Lei mi sta confermando - egli, classe
    1907, era un personaggio di idee progressiste, con una formazione socialistica alle
    spalle. Come vive allora la tragedia di quegli anni, che era anche quella di un crudo
    conflitto generazionale, con i ragazzi, infatti, che contestavano l'istituzione in quanto
    tale a prescindere da chi fosse la persona che la rappresentava?
    ing. Michele Barbarito: Direi che proprio nella gestione di questo conflitto, egli
    ha scoperto qualcosa di sé che non conosceva; pur mantenendo un certo progressismo
    generale, però, i suoi amici intimi, quelli che quando era insegnante erano la punta di
    diamante del progressismo, del socialismo, li ha persi. Erano amici che noi eravamo
    abituati a vedere per casa, e che in quel periodo si sono allontanati.
    prof. Luisa Barbarito: Proprio quando mio padre ha fatto la scelta di partecipare
    al concorso per preside...
    ing. Michele Barbarito: Questi amici, al di là di quelle che sono le ideologie e
    le scelte politiche, l'hanno visto come chi passava dall'altra parte, in qualche modo. Il
    lato spiacevole, però, per lui, dell'avere assunto questo nuovo ruolo ed in particolare
    in un momento di contestazione, in cui molti valori erano messi in discussione, non solo
    nelle scuole, ma anche nelle fabbriche, negli uffici, eccetera, non ha impedito che egli
    ci si trovasse a suo agio: e quello che gli è dispiaciuto di più, è stato proprio
    vedere i suoi amici allontanarsi.
    prof. Gherlone: I motivi di questo allontanamento furono che i suoi
    amici vedevano nella sua decisione una scelta 'al servizio delle istituzioni'? Si trattò
    di questo?
    ing. Michele Barbarito: Penso di sì. Certo, poi, queste cose si ingrandiscono. Se
    due amici molto intimi iniziano a non sentirsi più per un paio di giorni, certo,
    l'allontanamento pare più spiccato.
    
    
    prof. Gherlone: Ed in casa, in quegli anni, voi gli eravate vicini,
    oppure vivevate in case diverse?
    ing. Michele Barbarito: No, io ero fuori, e mi trovavo a Lecco; però ho
    convissuto con lui ancora per un anno, quando ha avuto il primo incarico di ruolo. Mia
    sorella era invece in casa a Milano.
    prof. Gherlone: Avevate quindi modo di affrontare con lui l'argomento
    circa quel che accadeva a scuola quotidianamente?
    prof. Luisa Barbarito: Io all'inizio, l'anno '68-'69, ero a Magenta, e quindi
    l'avevo vissuto in un modo un po' particolare, perché c'erano alcuni ragazzi ed
    insegnanti che ci credevano, me compresa. Mio padre, invece, ha capito subito quel che sarebbe successo
    in futuro.
    
    prof. Gherlone: Ma, nell'ambito del suo rapporto col
    Berchet, secondo voi, si è mai visto contestato, oltre che come preside, anche come
    persona? E', noto, mi pare, che sia sempre stato caratterizzato da un fair play
    notevole con gli studenti, improntato a un grande senso della lealtà.
    ing. Michele Barbarito: Direi di no. Decisamente no. Anzi le racconto un episodio.
    Proprio negli anni di fuoco, mio padre ebbe un problema di salute
    e dovette farsi
    operare. Venne a passare la convalescenza a Mandello del Lario, dove abitavo io. Era
    autunno, quindi il paese era deserto. Dopo una settimana di convalescenza, tornando a casa
    una mattina, lo trovai che preparava la valigia e mi disse: "Io torno a casa".
    E' tornato al Berchet, e dopo ventiquattro ore, era perfettamente guarito... Questo
    dimostra, mi pare, che egli ha passato lì i momenti più intensi
    della sua vita.
    ing. Sangregorio: Fondamentalmente mio suocero si è sempre ritenuto
    rispettato da studenti e professori. C'erano contestazioni e discussioni, ma nessuno gli
    ha mancato mai di rispetto, perché lui portava rispetto agli altri.
    ing. Michele Barbarito: Mi pare, generalizzando, il problema dello stress. Che
    cosa causa stress? Non tanto la fatica, o il super-lavoro, quanto il sentirsi inadeguati
    alla posizioni che si occupano. Mio padre, questo, lo ignorava. Ed è tanto più singolare
    dopo trent'anni di insegnamento di matematica, dove la professione è più facile, perchè
    un conto è insegnare la matematica a chi non la sa, e un conto fare il preside in una
    scolaresca turbolenta che vuole contestare tutto. E mio padre, con mia grande sorpresa, in
    quanto non l'avrei ritenuto, io, capace o adatto a questo, ho scoperto che era
    sorprendentemente all'altezza della situazione. La conseguenza è che egli
    accettava tutte le sfide che provenivano da questa situazione.
    
    
    prof. Braicovich: In realtà Barbarito ha lasciato il Berchet quando le
    cose erano tutt'altro che finite...
    ing. Sangregorio: Probabilmente direi che sono peggiorate...
    prof. Braicovich: Direi che si sono ulteriormente deteriorate, perché
    in seguito poi sono successe le cose veramente spaventose... Io credo comunque che
    Barbarito non fosse maturo per la pensione. Per lui è stato un momento veramente duro.
    prof. Gherlone: A proposito di pensione, forse sarebbe interessante
    ricordare come mai egli restò al Berchet per soli cinque anni...
    prof. Luisa Barbarito: Aveva fatto, tempo prima, domanda per il pensionamento
    anticipato, essendo egli stato combattente. Dopo si era pentito, a dir la verità. Solo
    che non poteva più ritirare la domanda. In effetti gli vennero riconosciuti
    sette anni di servizio per il tempo trascorso in guerra.
    prof. Braicovich: Mi ricordo che gli avevamo fatto pressioni, avevamo lavorato
    ai fianchi, per cercare di vedere se si poteva fermare ancora...
    ing. Michele Barbarito: Non escludo, però, che dopo aver insegnato per trent'anni
    matematica e aver fatto il preside, volesse provare anche qualche nuova esperienza.
    Infatti non aveva smesso di insegnare, ma era andato alla scuola ebraica per
    due anni,
    per cui probabilmente la scelta di cessare di fare il preside è dovuta anche un po' alla
    curiosità, e non solo all'età. Anche perché mio padre ha insegnato fino all'ultimo
    giorno della sua vita: pensi che quando è deceduto, stava aspettando uno studente, perché
    dava ancora lezioni private, quando aveva quasi ottantadue anni, nell'89. Ha anche
    continuato però a fare il presidente di commissione agli esami di maturità, quasi fino
    all'ultimo, sempre a Genova, a Nervi.
    Mio padre - va detto - nonostante la sua faccia alquanto austera - che peraltro ho
    ereditato anch'io - aveva una notevole gioia di vivere: aveva interessi poliedrici.
    prof. Gherlone: Io desidererei sapere se il preside Barbarito si sia
    sentito personalmente disturbato nei suoi principi di vita da questi comportamenti
    iper-ideologizzati. Sebbene una risposta precedente sia già stata no, tuttavia vorrei
    ancora chiedere se egli si sentisse messo in discussione al livello personale, umano, nei
    propri convincimenti etici, vista la forte aggressività di alcuni comportamenti...
    prof. Braicovich: Però, va detto che, essendo lui praticamente sempre
    qui al liceo, e partecipando a tutte le assemblee coi ragazzi, riusciva sempre ad
    enucleare la sostanza dei singoli: infatti i ragazzi possono essere orrendi contestatori
    se presi in gruppi assai numerosi, ma diventano coscienze severissime e molto limpide, il
    più delle volte, se presi a gruppetti piccoli. Era esattamente questo che egli molto
    spesso riusciva a trovare nei ragazzi, per cui li incontrava a gruppi e all'interno di
    questi gruppi riusciva ad individuare quelli con cui dialogare. E non erano nemmeno una
    minoranza, ma quasi tutti.
    
    prof. Gherlone: Quindi è in sostanza un po' il
    discorso che abbiamo fatto in precedenza: c'è sempre un lato di umanità nella relazione,
    che è un po' il fondamento di tutto. Voglio dire che anche un'ideologia esasperata non può
    intaccare quella sostanziale umanità.
    prof. Braicovich: Mi pare che una delle cose più salienti che sono
    emerse da questo incontro sia che nel momento stesso in cui il preside Barbarito ha
    assunto la direzione di questo liceo, si è trovato, come diceva il figlio, a proprio
    agio. E anche noi, come docenti, ne abbiamo sempre avuto la sensazione. "A proprio
    agio" nel senso però meno banale dell'espressione: nel senso che ha dato l'anima a
    questo liceo; io ero terrorizzata e personalmente l'ho visto un po' come un padre in
    quegli anni.
    prof. Gherlone: E dunque però non rifiutava il conflitto...
    prof. Braicovich: Mai! Anzi... la nostra sollecitudine - visto che
    questo preside l'abbiamo amato un po' tutti, anche se ammirato piuttosto che contestato -
    era legata proprio alla sua tendenza ad arrabbiarsi. Ci faceva un grande spavento vedere
    quella sua vena destra gonfiarsi e pulsare, quando partiva all'attacco e si buttava in
    mezzo agli studenti per parlare con l'uno e con l'altro e tentare di convincerli.
    prof. Gherlone: E questo, secondo me, è la prima spia del fatto che si
    tiene ai rapporti umani: non riufiutare il confronto, per quanto duro, e accettare il
    conflitto significa tenere alle relazioni umane con gli altri. Ed è così soprattutto
    nella vita di noi insegnanti. E non intendo 'conflitto' in senso deteriore: ma
    inteso come confronto.
    prof. Braicovich: Sì, continuo... ed è stata la prima volta che
    abbiamo visto le porte della presidenza sempre aperte agli studenti. E sempre anche di
    fronte alle affermazioni più deliranti, o al ragazzo che si contraddiceva rispetto al
    giorno prima, egli opponeva il suo punto di vista più razionale, e più pacato a un
    tempo.