A cura di Alessandra Perri con il contributo della professoressa Grazia Tarroni
Il Pitagorismo come setta
religiosa
Emigrato nel 530 ca. da Samo verso la Magna Grecia, Pitagora avrebbe là fondato, e
precisamente in Crotone, un sodalizio religioso ispirato ai suoi canoni dottrinari, di
natura quindi fortemente esoterica ispirato anche ad un certo conservatorismo politico.
Questa comunità etico-religiosa, dati i
presupposti su cui si fondava (comunione di vita e di beni, regime di verginità, regola del silenzio
imposta ai novizi, regola del segreto sugli insegnamenti del maestro, regime dietetico
obbligato), si configurava come fortemente elitaria e compatta. Parlare di Pitagora
significa dunque parlare anche del corpo dottrinario del primo Pitagorismo: questo fino al
IV sec. a. C., quando la dottrina, evolvendosi, cominciò a differenziarsi e ad assumere
accentuazioni diverse, tanto che, a partire da allora, sarebbe più giusto parlare di
"Pitagorismi" piuttosto che di "Pitagorismo". Fino a quella data la
scuola pitagorica si presentò prima di tutto come setta religiosa.
Analogie e differenze con
l'orfismo
Stretti furono senzaltro i suoi legami sia con i misteri dionisiaci, sia con
lOrfismo, filone della religiosità mistica di origine orientale il cui fine ultimo
è "vedere" una verità accessibile a pochi, dalla quale vien fatta discendere
una speranza di salvezza personale nelloltretomba. I primi documenti
sullOrfismo, attribuiti al mitico poeta Orfeo, risalgono al
VI sec. a. C. e dal V compaiono allusioni alla sua discesa agli inferi; in età
ellenistica esso trova fertile terreno nellEgitto tolemaico, dove si incontra con il
culto di Osiride. Faceva da denominatore comune tra Pitagorismo, Orfismo e misteri
dionisiaci il concetto delliniziazione ad una regola di vita segreta che consenta di
raggiungere lo stadio mistico della perfezione. Lanima era vista cioè come demone,
ente divino legato al corpo e come sepolto in esso per punizione dei suoi peccati. La morte non rappresentava, in questa prospettiva, qualcosa che deve
essere temuto, ma unoccasione di liberazione: "ma godendo la luce del sole in
notti sempre uguali e in giorni uguali, i nobili ricevono una vita meno travagliata, senza
turbare la terra col vigore della loro mano, né lacqua marina, per una vuota
sussistenza; e invece presso i favoriti degli dèi che godettero della fedeltà ai
giuramenti essi percorrono un tratto di vita senza lacrime, mentre gli altri
sopportano una prova in cui lo sguardo non regge. E quanti ebbero il coraggio di rimanere
per tre volte nelluno e nellaltro mondo, e di ritrarre del tutto lanima
da atti ingiusti, percorsero sino in fondo la strada di Zeus verso la torre di Crono, là
le brezze oceaniche soffiano intorno allisola dei beati."(Pindaro, Olimpiche,
2, 56-72). Diverso forse, almeno in una prima fase, il pubblico a cui il Pitagorismo e
lOrfismo si rivolgevano. In più rispetto ai culti misterici, troviamo infatti, nel
Pitagorismo, la novità di una forte astrazione intellettuale, anchessa vissuta come
pratica religiosa. Soltanto attorno al secolo V a. C., infatti, i così detti acusmatici
(da ¢koÚw, akùo,
"ascolto"), cioè i Pitagorici spirituali puri, vollero sottolineare le tendenze
religiose dellordine, di contro allo sviluppo dei suoi presupposti scientifici,
affidati ai matematici (da manq£nw, manthàno ,
"imparo"). Non cè, a ben guardare, una base sicura per distinguere la
psicologia orfica da quella pitagorica: anche la più famosa delle cosiddette dottrine
orfiche, la trasmigrazione delle anime, è riconosciuta dal Pitagorismo, e Pitagora stesso
affermava di averla sperimentata.
Ipotesi sulla natura
dellOrfismo e conseguenze sul suo rapporto col Pitagorismo
Gli assertori di uninterpretazione dellOrfismo quale vera e propria
religione, ispiratrice dellopera platonica ("Il mito di Er", .Rep X
614 a) e substrato significativo del Pitagorismo (Lagrange, Kerènyi, Guthurie,
Pettazzoni, Des Places), lo considerano come prodotto di uninsorgenza mistica tesa a
rompere la tradizionale barriera tra una realtà divina e una realtà umana.
La concezione dell'aldilà
Non mancano nellescatologia (= dottrina concernente il destino ultimo
delluomo dopo la morte e la fine del mondo, da skatoj, èschatos,
ultimo e lÒgoj, lògos,
discorso) aspetti contraddittori: nei testi si trovano riferimenti sia ad un
aldilà duplice, paradisiaco per i buoni e i puri, infernale per i non-iniziati, sia a una
dottrina di metempsicosi, cioè a un ciclo di nascite rinnovate dal quale lanima
può giungere infine a liberarsi purificata. Lidea del castigo dopo la morte, se
rendeva ragione in modo abbastanza soddisfacente del fatto che gli dei sembrassero
tollerare il successo dei malvagi nella vita terrena, non riusciva a spiegare però
perché gli dei accettassero lesistenza del dolore umano, e in particolare quello
immeritato dagli innocenti. La reincarnazione invece spiega tali apparenti contraddizioni:
per essa non esistono anime innocenti, tutti scontano, in vari gradi, colpe di varia
gravità, commesse nelle vite anteriori. In entrambi i casi la condizione di purezza è
intesa come veicolo di liberazione dellelemento dionisiaco dallelemento
titanico: nei misteri orfici si delinea, nellorizzonte del mito, il fondamento teorico del diritto delluomo ad un
destino felice. La visione
dualistica del rapporto tra anima e corpo viene esplicitamente riferita da Platone, Cratilo,
400 c: "Dicono alcuni che il corpo è sÁma, sèma
(segno, tomba) dellanima, quasi che ella vi sia sepolta durante la vita presente; e
ancora, per il fatto che con esso lanima shmanei,
semàinei (significa) ciò che shmanh, semàine
(significhi), anche per questo è stato detto giustamente sÁma.
Però mi sembra assai più probabile che questo nome lo abbiano posto i seguaci di
Orfeo; come a dire che lanima paghi la pena delle colpe che deve pagare, e perciò
abbia intorno a sé, affinché sózetai, sòzetai (si
conservi, si salvi, sia custodita), questa cintura corporea a immagine di una prigione; e
così il corpo, come il nome stesso significa, è sîma, sòma
(custodia) dellanima finché essa non abbia pagato compiutamente ciò che deve
pagare. Né cè bisogno di mutar niente, neppure una lettera".
La corrente interpretativa opposta dellOrfismo (Wilamowitz, Thomas, Festugière,
Linforth) lo vede, anziché come religione organizzata, come atteggiamento-comportamento
mistico rinvenibile nella religione greca, manifesto fin dal VI sec. a. C. e singolarmente
accentuato dopo il 300 a. C., teso ad annullare la differenza tra condizione umana e
condizione divina: ad esempio laddove la dieta carnea, istituzionalizzata dal rito
sacrificale, prevedeva una contrapposizione tra gli dei che non mangiavano carne (ad essi
era destinato solo il fumo del sacrificio) e gli uomini mangiatori di carne (i sacrificati
consumavano ritualmente la vittima), lOrfismo propone una dieta vegetariana che
annulla il sacrificio istituzionale. Resta il problema se la tonalità orfica
dellesperienza greca sia maturata veramente favorita dallapporto di dottrine
tracie, oppure la tradizionale immagine dei Traci sia apparsa la più appropriata per
liniziatore mitico di unesperienza religiosa che riconosceva nel corpo la
tomba o la prigione di un elemento divino. La patria di Orfeo è infatti in Tracia; egli
riunisce in se le professioni di poeta, mago, maestro religioso, datore di oracoli. Come
certi sciamani leggendari della Siberia, attira con la musica uccelli e animali
(analogamente, di Pitagora "si credeva avesse addomesticato unaquila, e con
certe grida frenava il suo volo e la faceva scendere dallalto", Plutarco, Numa,
8). Come gli sciamani di tutti i paesi, visita loltretomba, con un fine molto
diffuso tra gli sciamani: recuperare unanima rubata. Finalmente, il suo magico
sopravvive nella testa, che canta e continua a dare oracoli per molti anni ancora dopo la
sua morte (immagine presente anche nella mitologia norvegese e nella tradizione
irlandese). Orfeo sarebbe dunque un personaggio tracio sul tipo di Zalmoxis, ossia uno
sciamano mitico o prototipo degli sciamani.
Antitesi tra anima e corpo
Lattribuire loscuro senso di colpa, che era dominante in età arcaica, a
esperienze passate dimenticate da lungo tempo, e di qui ad azioni commesse in una vita
anteriore, spingeva i fedeli ad avere orrore del proprio corpo e repulsione per la vita
dei sensi, cose del tutto nuove per la Grecia; quale allora lorigine
dellantitesi puritana? Una delle sue fonti potrebbe essere losservazione
secondo la quale lattività psichica e quella corporea sono inversamente
proporzionali: la psiche è più attiva quando il corpo dorme o, aggiungeva Aristotele,
quando il corpo muore. Una credenza di questo genere è elemento essenziale della civiltà
sciamanistica, tuttora viva in Siberia, la quale ha lasciato tracce del suo passaggio in
una zona molto estesa che forma un vastissimo arco dalla Scandinavia, attraverso il
continente eurasiatico, fino allIndonesia; la vasta diffusione prova la sua notevole
antichità. Come ha dimostrato lo studioso svizzero Meuli, nella Scizia e probabilmente
anche in Tracia i Greci erano venuti a contatto con popolazioni in cui era forte
linfluenza di questa civiltà sciamanistica; ciò giustifica la comparsa, nella
tarda età arcaica, di una serie di medici-indovini, veggenti, guaritori magici e maestri
religiosi, alcuni dei quali sono posti in relazione col Nord dalla stessa tradizione
greca, e tutti rivelano caratteri sciamanistici. Così lApollo Iperboreo dei Greci
non è che la divinità nordica di Abari, associato ad un prodotto nordico, lambra,
e ad un uccello nordico, il cigno musico, e il cui "antico giardino" è situato
dietro il vento del nord. Il greco Aristeo si recò al Nord (non è chiaro se col corpo o
solo in spirito) per ordine dello stesso Apollo, e tornò a narrare le sue personali
esperienze in un poema modellato forse sulle traslazioni psichiche degli sciamani
settentrionali; di questi possedeva le doti della trance e dellubiquità, e la sua
anima poteva abbandonare il corpo quando volesse. Simile il caso di un altro Greco
dAsia, Ermotimo di Clazomene: quando nellElettra (62 sgg.) Sofocle
alludeva alla comparsa e riapparizione di sciamani non aveva bisogno di fare nomi.
Si può concludere che, quando nel VII sec. il Mar Nero si aprì alla colonizzazione dei
Greci, questi accolsero nella loro religione elementi nuovi propri dello sciamanesimo che
rispondevano alle necessità di quellepoca, come già avvenuto per la religione
dionisica. Lesperienza religiosa di tipo sciamanistico è personale, non collettiva;
rispondeva quindi al crescente individualismo di unepoca che non trovava più
appagamento nelle estasi collettive di Dionisio. Si può anche supporre che proprio queste
novità abbiamo influenzato il modo di concepire il rapporto tra corpo e anima (Dodds).
Origini della dottrina della
metempsicosi
Lalternativa si pone nei medesimi termini per ciò che riguarda la qualità
tracia della dottrina circa la metempsicosi: se cioè la credenza tracia che le anime dopo
la morte risiedessero presso Zalmoxis per poi ritornare tra i viventi, abbia davvero
favorito la maturazione orfica e pitagorica della metempsicosi, oppure sia stata
riconosciuta analoga ad un atteggiamento spirituale autonomamente maturato in Grecia e
Magna Grecia, con una duplice e contrastante reazione, di accettazione del
precedente tracio e di affermazione della priorità greca: Orfeo è il Tracio
che insegna ai Greci, mentre lesperienza del tracio Zalmoxis può essere intesa come
un precedente dellordine religioso fondato da Pitagora. A proposito dice Erodoto (4,
95) che Zalmoxis riunì i migliori cittadini e annunciò loro non che lanima umana
è immortale, ma che essi e i loro discendenti sarebbero vissuti per sempre. Le analogie
tra Zalmoxis e Pitagora colpirono poi i coloni greci di Tracia tanto da fare del primo lo
schiavo di Pitagora; in realtà, come vide Erodoto, egli era un demone, forse uno sciamano
eroizzato di un passato lontano. La tradizione posteriore metteva piuttosto Pitagora in
relazione con laltro uomo del Nord, Abari, e gli attribuiva le facoltà
sciamanistiche della profezia, dellubiquità e delle guarigioni magiche, oltre a una
misteriosa identità con lApollo Iperboreo. Al Dodds sembra dunque possibile che
Pitagora non dipendesse direttamente, circa il concetto che unanima umana potesse
abitare più corpi successivamente, da nessuna fonte orfica; già aveva sentito parlare
della credenza nordica secondo la quale
Pitagora da Icones medicorum philosophorumque, Anversa 1574 |
l"anima" o "spirito custode" di uno sciamano defunto può entrare in uno sciamano vivo e rafforzarne il sapere e le facoltà. Questa credenza non implica alcuna dottrina generale della trasmigrazione: sembra che proprio Pitagora labbia estesa oltre gli angusti confini originari, raccogliendo uneredità spirituale che muove dalla Scizia, attraverso lEllesponto e passa nella Grecia dAsia, si combina probabilmente con qualche residuo di tradizione minoica sopravvissuta a Creta, emigra con lui verso il lontano Occidente e trova il suo ultimo autorevole rappresentante nel siciliano Empedocle. Sembrerebbe anche apprezzabile lipotesi di una maturazione greca della tonalità orfica e di un secondario riconoscimento delle analogie con le dottrine tracie e magari di un loro rapporto latente. E molto improbabile, infatti, che il mito di Orfeo sia un erÒj lÒgoj, ieròs lògos tracio, rivelato ai Greci nella sua originaria organicità e unitarietà; esso sarebbe, piuttosto, stato artificialmente composto dai mitologi greci cui era propria la tonalità orfica. Il nome stesso di Orfeo sembra greco, anziché tracio: è così confutato anche lasserzione dellesistenza storica di Orfeo quale gran sacerdote tracio, precursore dei sovrani spirituali della nazione a fianco del vero e proprio re.