Cartina dell' Europa con in evidenza le Repubbliche Baltiche,accanite oppositrici del regime sovietico negli anni ottanta |
La crisi economica che accompagna la Perestrojka scatena in Unione Sovietica conflitti nazionali e tensioni etniche che molti ritenevano superati da molto tempo. Durante l'epoca di Breznev era cresciuta, un po' in tutte le repubbliche, una dirigenza locale di tipo nuovo: questa élite era fedele al sistema sovietico e al Partito comunista, ma la lealtà nei confronti della propria nazione e del proprio gruppo etnico non era posta in discussione. Questa nomenklatura periferica garantiva a Mosca l'ubbidienza e l'ordine delle regioni amministrate, ottenendo in cambio risorse per il proprio popolo, privilegi e potere per sé e per il proprio gruppo di potere. La convivenza con le minoranze presenti in ogni repubblica, tra cui quella russa, era resa possibile grazie ad accordi e compromessi, di cui le varie élites erano garanti.
Nel momento in cui la preoccupante crisi economica rende più scarse le risorse a disposizione, le dirigenze delle repubbliche tendono a privilegiare l'etnia che è maggioritaria - la propria - e a discriminare le altre, soffiando sul fuoco delle differenze e spesso delle ataviche contrapposizioni. Per rafforzare il loro potere, i capi accusano Mosca di sfruttare le repubbliche e avanzano rivendicazioni di tipo nazionalista: vogliono rendere ufficiale la lingua locale, diffondere la propria cultura e seguire i riti e i costumi della propria tradizione.
La richiesta di maggiore autonomia sfocia ben presto in spinta all'indipendenza e alla secessione la cui possibilità è garantita peraltro formalmente dalla Costituzione sovietica. Questo avviene in particolar modo nelle repubbliche dove l'etnia prevalente costituisce la grande maggioranza della popolazione (Moldavia, Armenia, Georgia, Ucraina). I paesi baltici (Lituania, Lettonia, Estonia), annessi all'Unione Sovietica durante la seconda guerra mondiale, e che vantano un maggior benessere economico rispetto alle altre repubbliche, sono in prima fila nella mobilitazione nazionale e vogliono separarsi da Mosca.
Più il nazionalismo è acceso e radicale e più sembra trovare consensi tra popolazioni che reclamano il cambiamento: le difficoltà spingono sempre più a trovare - a Mosca o nelle minoranze presenti nelle repubbliche - un colpevole o un bersaglio su cui sfogare la propria rabbia. Conflitti anche sanguinosi si moltiplicano in diverse parti dell'URSS: di fronte a essi Mosca si mostra debole e priva di coerenza, favorendo così il rafforzarsi di movimenti nazionalisti estremisti, in molti casi guidati dalla stessa dirigenza comunista locale. Ad aggravare la situazione è la sorte delle minoranze russe all'interno delle repubbliche. Abituate per tradizione a ruoli di potere e a posizioni di privilegio, ora diventano oggetto di accuse e discriminazioni, rendendo spesso più acuti i conflitti a Mosca.