Perestrojka è una parola russa che letteralmente significa "ricostruzione" e identifica il complesso di riforme economiche, in simbiosi con una maggiore trasparenza nella vita pubblica, definita Glasnost (trasparenza), introdotte nell'Unione Sovietica da Mikhail Gorbacev nell'estate 1987 allo scopo di ristrutturare l'economia nazionale.


manifesto della GLASNOST

 

Quando Gorbacev salì al potere (11 marzo 1985), il modello sovietico di sviluppo è minato da una profonda crisi strutturale . La prospettiva di una vera e propria decomposizione del sistema sovietico è ben presente al nuovo leader del Cremlino, che della sua realistica analisi della debolezza del paese saprà fare uno strumento di mobilitazione interna ed esterna.

Nel corso del primo anno di governo, Gorbacev procede ad un profondo rinnovamento del personale politico (70% dei ministri, 50% degli alti dirigenti delle repubbliche). In occasione del XXVII congresso del Partito comunista annuncia l'avvio della Perestrojka, una ristrutturazione complessiva dell'economia e della società. L'obbiettivo dichiarato è quello di rendere più efficienti i meccanismi produttivi, garantire la nascita di uno stato di diritto e porre fine all'isolamento dell'URSS, senza mettere in discussione le fondamenta del sistema comunista. Gorbacev si propone di rivitalizzare l'economia concedendo più autonomia alle imprese e maggiore responsabilità ai dirigenti, per far nascere un mercato aperto e dinamico, che gradualmente sostituisca i principi burocratici e centralistici della pianificazione. Per far ciò conta sul dinamismo di una società in cambiamento ricca di spazi di "microautonomia" e animata da molti organismi "informali" (associazioni di cittadini, centri culturali).

Nel luglio del 1987 il Soviet Supremo vara la nuova legge sulle imprese statali. La legge rende le imprese statali libere di fissare le loro quote di produzione in funzione della domanda dei mercati e delle altre imprese. Le imprese statali devono ottemperare agli ordinativi dello stato, ma diventano libere di disporre del surplus produttivo a loro piacimento. Lo scambio delle materie prime tra le imprese avviene a prezzi di mercato.
Le imprese statali devono inoltre autofinanziarsi, coprendo i costi attraverso le vendite e non più attraverso i trasferimenti statali. Infine, la legge sposta il controllo delle imprese dai ministeri ai soviet aziendali eletti dai lavoratori, lasciando al Gosplan (Государственный комитет по планированию, il comitato statale per la pianificazione) il solo compito di fornire linee guida generali e priorità negli investimenti, senza scendere nei dettagli della produzione.

Nel maggio del 1988 entra in vigore la nuova legge sulle cooperative; per la prima volta dopo l'esperimento della Nuova politica economica di Lenin negli anni '20 in Unione Sovietica viene nuovamente consentita la proprietà privata delle imprese di commercio, produzione, servizi ed import-export. Le iniziali pesanti condizioni fiscali vengono successivamente attenuate per dare impulso all'economia privata, laboratori, negozi e ristoranti gestiti da cooperative diventano parte del nuovo panorama economico sovietico.

Un'altra riforma importante è quella che consente al capitale straniero di investire in Unione Sovietica attraverso la costituzione di joint-ventures, anche questa legge prevede inizialmente alcune restrizioni (49% massimo di capitale straniero e presidenza rivestita da un cittadino sovietico) che vengono successivamente allentate.

Benché coraggiose nell'ambito sovietico, le riforme lasciano comunque inalterati alcuni principi fondamentali dell'economia sovietica, tra cui il sistema di controllo dei prezzi, l'esclusione della proprietà privata dalle grandi imprese e il monopolio dello stato sulla maggior parte dei mezzi di produzione; nonostante si abbia una certa decentralizzazione, l'economia rimane stagnante.

Nel 1990 il governo sovietico ha praticamente perso il controllo dell'economia nazionale; il gettito fiscale è ridotto - effetto dovuto sia alle minori vendite di alcolici nel tentativo di frenare l'alcolismo dilagante che alla maggiore autonomia concessa alle autorità locali - e la spesa pubblica aumentata. L'eliminazione dei meccanismi di controllo centrale sulla produzione, in special modo nel settore dei beni di consumo, porta al formarsi di colli di bottiglia nella produzione e nella distribuzione delle merci, arrivando anche a lasciare le grandi città in situazioni di penuria di articoli di prima necessità.

Il sistema economico ibrido tra un'economia centralizzata ed una di mercato non funziona e porta l'economia dalla stagnazione al collasso. Tra il 1990 ed il 1991, al dissolvimento dell'Unione Sovietica, il prodotto interno lordo nazionale risulta diminuito del 17% con una super-inflazione del 140% che azzera i risparmi delle famiglie ed il potere d'acquisto dei lavoratori salariati. Inoltre a causa di Glasnost che a partire dall'estate del 1986 porta a criticare le insufficienze del socialismo, ritenuto da molti intellettuali l'inizio di una nuova fase di libertà espressiva mette in risalto le deficienze del sistema sovietico e ne accentua la crisi.