Don Rodrigo
Il Griso
Bortolo
Il paese dopo la peste
La vigna
Lautore
A)
Don Rodrigo
È il capitolo della peste. Si potrebbe
pensare che essa intervenga a risolvere dallesterno una situazione intricata,
come un deus ex machina. In realtà è la causa della salvezza dei
personaggi del romanzo ed è essa stessa un nuovo personaggio, non solo uno
sfondo del romanzo storico.
Lavventura di Lucia era rimasta sospesa in una situazione di salvezza senza
esito. In questo capitolo lattenzione si riporta sui suoi due corteggiatori:
don Rodrigo e Renzo.
Don Rodrigo, che ha per Lucia una passione fatta dorgoglio e sensualità
grossolana, viene condannato dalla peste, mentre Renzo, che lama di amore puro,
viene salvato. Dinnanzi alla peste umili e potenti sono sullo stesso piano ed il
fatto che ad essere punito sia il violento prevaricatore riporta alla concezione
del Manzoni sulla Storia e sulla Provvidenza: gli uomini non sono capaci di
applicare la giustizia ed allora interviene la Provvidenza a ristabilirla nel
tempo.
Troviamo Don Rodrigo colpito dalla peste, che si comporta in modo grottesco e
falsamente allegro e che fa un sogno pesante, e tutto ciò prepara alla tragicità
dellepisodio centrale: il tradimento del Griso.
Siamo a fine agosto, in una notte estiva di opprimente calura in una città
appestata. Don Rodrigo fa divertire i compagni ridendo in modo macabro e
imitando il Conte Attilio, non si sa se per una vendetta su di lui che lha
deriso tante volte, o per una supposta ingratitudine di Attilio nel momento in
cui Rodrigo vorrebbe averlo vicino, oppure è un modo per farsi passare la paura
della morte, definita dal Manzoni con sfumatura ironica malinconia. Forse
questa terza ipotesi è quella più accreditata dal momento che Don Rodrigo vuole
dimostrare di non avere nulla di grave dinnanzi al Griso che lo fissa con uno
sguardo lungo e livido, scavando nel suo animo con bestiale egoismo per vedere
fino a che punto sono arrivate le cose.
A tutto ciò si aggiunga il sogno di Don Rodrigo. Manzoni non poteva conoscere le
teorie di Freud allepoca, ma anche lui descrive il sogno come la realizzazione
di un desiderio represso: don Rodrigo è in una situazione di disagio in mezzo
alla gente che lo opprime e la gente è fatta da appestati. Lui vorrebbe
liberarsi da queste presenze odiose, perché si sente minacciato da un nemico e
non si può muovere e di ciò si rende conto con angoscia. Da qui un confuso senso
di andare sempre più in alto (
in su
. in su
). Freud avrebbe detto più tardi
che questo tipo di sogno angoscioso è tipico di chi abbia subito una delusione o
un rifiuto in amore, come appunto Don Rodrigo o, più concretamente, che la
malattia ha già colpito i suoi centri nervosi, dal momento che prova fastidio
alla luce.
Il sogno è anche il momento di passaggio tra la fase di sonno profondo ed il
risveglio prima inconsapevole e poi totale, come dimostrano le sue sensazioni di
avere una spada o delle gomitate al fianco, mentre in realtà scopre solo un
bubbone.
Nel sogno di Don Rodrigo si possono rintracciare altre due componenti: la prima
è espressa attraverso lironia del linguaggio (nel capitolo VI Don Rodrigo
afferra la mano di Padre Cristoforo, mentre qui tenta di acchiappare, in cui
il primo verbo allude allimpugnare saldamente un ferro, mentre il secondo
indica lagilità di prendere un laccio) è la condanna morale dellautore. La
seconda componente allude allistante di luce che si accende su Don Rodrigo,
segno della religiosità del Manzoni, che non immagina uno spirito su cui la
Provvidenza non vegli (Petronio).
B) Il Griso
La scena seguente è di tragica
potenza, evidenziata da particolari shakespeariani come lattesa di Don Rodrigo
che immagina il Griso alla ricerca del Chiodo chirurgo e i rumori che gli danno
il sospetto dellarrivo dei monatti, oppure il silenzio del Griso, occupato a
cercare oggetti preziosi, silenzio contrapposto alle urla furiose delluomo
tradito. Questa tragica potenza trova conferma nelle poche parole riguardo alla
morte del Griso, e nel suo errore sta una certa coscienza morale, poiché egli sa
di aver compiuto un orribile tradimento, e qui si può trovare lunica luce del
personaggio. La sua morte, comunque, rimane squallida.
C) Bortolo
Qui il racconto raggiunge il suo acume
tragico, e per smorzarlo e dare un nuovo tono narrativo entra in scena il cugino
Bortolo, che nella critica non ha mai avuto una particolare fortuna: secondo il
Gessi un personaggio pittoresco capace di amare il prossimo, ma non di amarlo
come se stesso, e un frutto insipido di una situazione incolore come quando
Renzo si rifugia nel bergamasco (De Michelis). Bortolo ha la funzione di pedale
per calare il racconto che si è elevato a toni più alti del normale: al lirismo
della notte della salvezza di Renzo e alla tragedia del male e della sua
punizione in questo capitolo. Il personaggio però possiede una certa coerenza
realistica, dal momento che Bortolo ha un cuore doro, è di fede salda ed
attento alle situazioni economiche; incarna quindi il buon lombardo concreto, in
cui la capacità di lavoro diventa anche capacità di sacrificio. Non può essere
visto come personaggio ideale perché possiede limiti e difetti. Bortolo vuole
Renzo perché gli vuole bene, ma anche perché gli farebbe comodo, è convinto che
le decisioni del cielo contino ma che non fare pazzie conti di più. Non ha preso
la peste perché ha saputo riguardarsi, ma non si illude sul fatto che non potrà
prenderla. E un personaggio niente affatto occasionale.
D)
Il paese dopo la peste
Bortolo fa da separatore alla seconda
parte del capitolo, cioè Renzo che torna alla speranza della vita. Si dovranno
distinguere due piani, quello del narratore e quello del personaggio. Il
narratore si sente quasi in famiglia con Renzo e arriva al limite della
digressione affettuosa, come quella sul cavaliere errante coperto di ferro e la
massa di plebei coperti di stracci, polemica e divertita, oppure la digressione
sulla vigna di Renzo. Il personaggio invece ritrova se stesso quando respira
laria del suo paese. La situazione del ritorno al paese, con lo sfondo di una
natura serena, fa sì che anche la visione dei morti non sia orrida e
terrificante. Il senso di desolazione che porta la morte non si vede né nella
natura né nei cadaveri, lo si ascolta nei lunghi silenzi delle campagne e
nellaspetto lunare del paesello dove Renzo ritorna. Renzo rivede il suo paese
devastato dalla peste quasi svuotato, e i superstiti segnati profondamente. Qui
troviamo Tonio, impazzito, che ripete sempre la stessa frase forse perché
scioccato dalla morte del figlio. Troviamo anche Don Abbondio; la peste ha
stravolto ogni realtà umana e sociale, ma non ha stravolto legoismo del
personaggio, lha reso solo un po meno attivo: egli se ne va in giro per il
paese borbottando, e in quel borbottio si avverte la profonda solitudine per la
perdita di Perpetua. Don Abbondio è ancora il personaggio di sempre,
presentatoci però questa volta dal Manzoni con uno stile nuovo, non meno
sprovvisto di comicità ma forse più amara e patetica. Chiude il capitolo la
lunga dissertazione botanica del Manzoni sulla vigna di Renzo. Manzoni indugia a
lungo nella descrizione della vigna, compiacendosi delle sue conoscenze
botaniche, rivelando come al solito una mente analitica e attenta alle cose.
E) La vigna
La vigna di Renzo è un passo famoso,
che merita questa fama non tanto per le ragioni estetiche quanto per le ragioni
di lettura. La vigna rappresenterebbe la natura segnata da una condanna
originaria che confluisce nel disordine non appena si allenta il controllo su di
essa.
Ad unanalisi più attenta del testo, la pagina della vigna rivela alcuni reperti
biografici, ed esempio la passione botanica del Manzoni e la tendenza alla
razionalizzazione dei fatti e alla loro classificazione.
F) Lautore
Questa presenza così attiva dellautore nella pagina corrisponde al momento
in cui una persona, con una delle sue creature più care, si sente a casa, libero
e senza ostacoli, padre e creatore allo stesso tempo. Questa digressione
corrisponde anche al motivo del romanzo, secondo cui la vita non è vinta, e si
riprende anche sulla morte. Sotto ai vari strati letterari e autobiografici
della vigna di Renzo si trova anche questo tema: la natura, anche se
disordinata, fiorisce ed afferma le ragioni della vita. Fa anche da contrasto
alla desolazione di quel paese di fantasmi.
La chiusura del capitolo fa riaffiorare un altro tema conosciuto, cioè la nota
paesistico-lirica che si accompagna a Renzo: sulla soglia, prima di avviarsi
alla città, egli guarda laurora del suo paese che non aveva più veduta da tanto
tempo.