Gad Lerner con Gaddi Schoenheit, all'angolo di via Commenda
con via Lamarmora, 1973.


Gad Lerner con Ezio Rovida e Paolo Hutter (non visibile in questa foto)
durante una manifestazione in piazza del Duomo.

 

Prof. Gherlone: Siamo lieti di arricchire la sezione ex allievi della nostra pagina, per necessità di cose molto limitata, con un'intervista a Gad Lerner, il noto giornalista televisivo, che è stato un allievo del Berchet, e a cui chiediamo: "Gad, qual è stata la tua esperienza umana e culturale in questo nostro liceo?".

Gad Lerner: La premessa doverosa al racconto dettagliato della mia esperienza scolastica al Berchet, è che io sono convinto di essere stato molto fortunato a incontrare questo ambiente, che già allora era il Berchet e che mi auguro sia rimasto tale, e sono convinto, anzi so, che tante delle fortune sfacciate che hanno accompagnato la mia vita successiva e che l'hanno resa varia, ricca, piena di emozioni e di esperienze, le devo al fatto di essere passato di qui. Tuttavia, ci sono passato molto poco: la particolarità del mio rapporto con il Berchet sta nel fatto, comune del resto al mio amico Mario Tedeschi, che ce lo siamo proprio scelti, questo liceo, perché i nostri genitori ci avevano iscritto al Parini, dove abbiamo frequentato in un gruppo di amici, tra cui c'erano soprattutto


Mario Tedeschi ai tempi del liceo.

Ruggiero Gherlizza ai tempi del liceo.

Mario Tedeschi e Ruggiero Gherlizza, la quarta e la quinta ginnasio; poi, un po' forgiati e sentendoci uomini adulti (perché in quel periodo alla fine del ginnasio dopo aver fatto le occupazioni e le lotte, insomma, ci si sentiva quanto meno più che maggiorenni), praticamente abbiamo imposto ai nostri genitori il nostro interesse per un'altra scuola che sapevamo avere al suo interno una vivacità culturale, una possibilità di dibattito, di scambi di idee non paragonabile a quella del Parini, che era, nonostante tutto, ancora il liceo 'bene' più tradizionalista della città. Quindi ci siamo venuti per nostra scelta, e io sono capitato nella prima sezione G.
Mi vedo qui però costretto a fare un'altra premessa: per il tipo di lavoro che ho fatto, che per diversi anni mi ha imposto ogni sera della mia vita di incontrare centinaia di persone ricordandomi di ciascuna chi fosse, ho cancellato qualsiasi memoria fisionomista, e faccio le peggiori figure della mia vita perché non associo i nomi alle facce, e poi il fatto di avere cambiato molte scuole e molte sezioni fa sì che io davvero ricordi soltanto i professori con i quali ho avuto un incontro e un'esperienza forti (per esempio la prof.


Nedda Sacerdoti a Sori, in occasione della visita di alcuni
suoi studenti del Berchet, fra cui ovviamente, anche Gad
Lerner.

Nedda Sacerdoti me la ricordo e anche il nostro povero prof. Giordano, che non ho certo dimenticato); quindi non suoni maleducato nei confronti degli altri che io non ricordi di loro tutti il nome.
A dire il vero quell'anno, l'anno della prima G, è stato un anno talmente coinvolgente per le lotte, le occupazioni e per il mio ingresso nell'impegno politico, che francamente io di scuola ne ho fatta veramente poca. Tanto è vero che ho preso quattro materie a settembre: una era ginnastica, l'altra era matematica, l'altra era greco e poi chimica: e sostanzialmente neanche durante l'estate ho preso in mano un libro, se non molto rapidamente, e ci ho provato per modo di dire, a fare l'esame, e mi hanno bocciato: giustamente, perché non ci avevo nemmeno provato... A quel punto, per mia madre, che mi considerava in famiglia, come dire, la giovane promessa, quello che di solito a scuola prendeva bei voti, il disonore suonava acutissimo, a tal punto che mi costrinse a iscrivermi a una scuola privata per fare il biennio; io in questa scuola privata ci sono andato per circa un mese nel corso del quale letteralmente non aprivo bocca in classe, me ne stavo seduto all'ultimo banco muto e indignato, fino a quando ho ottenuto, dopo un mese, il permesso di fare un'altra esperienza, questa volta meravigliosa, che è stata quella della scuola serale, di incontrare al Carducci serale davvero altri mondi ancora; il mio compagno di banco era un operaio pugliese, il quale, mentre passavamo la serata mezzi addormentati sui banchi (perché loro lavoravano molto duro in fabbrica e io facevo militanza politica davanti alle fabbriche), era  svegliato un po' solo da una cosa, e cioè dalle mutandine della sua fidanzata, che ogni tanto tirava fuori di tasca, che aveva lasciato al paese al Sud, e con ciò, come dire, sognava... Però c'erano bravi insegnanti anche lì e si imparava anche, oltre che sognare.
Con ciò ho concluso l'anno e l'anno dopo sono ritornato, e tanto ho fatto con questo preside, col quale c'era un rapporto di odio e amore (dove però prevaleva l'amore: sinceramente lo dico, e l'avrei detto anche all'epoca, e non lo dico solo oggi), perché era una persona che si capiva che aveva un ruolo istituzionale per il quale doveva fare da argine, ma ci comprendeva, e lo incuriosivamo, tant'è vero che con un atteggiamento che in parte potrebbe essere considerato masochistico, egli accettò di riprendermi, e mi riprese in questa sezione, nella A, dove c'era Nedda Sacerdoti e Giordano, e dove c'erano

Gad Lerner con alcuni suoi amici, in momenti diversi, vicini (come nella terza foto), e lontani dal Berchet.

tanti miei amici, e dove avrei trovato tra l'altro la madre dei miei primi due figli, Giovanna Cristoforetti. Qui siamo dunque nell'anno scolastico '72-73 - e ricordo - a proposito del dibattito sul crocefisso, di questi giorni, che il primo giorno di scuola, all'ingresso in classe un nostro compagno il primo gesto che fece fu di balzare in piedi sulla cattedra, togliere il crocefisso, metterlo nel cassetto della cattedra da cui non è più uscito. Questo lo ricordo per dire come se i crocefissi non ci sono più nella scuola italiana, in realtà non è colpa dell'invasione islamica, ma di altre scelte. Fu questo, un anno, a differenza del '70, nel quale prevaleva ancora, lo dico onestamente, l'attività politica, l'attività esterna, che si svolgeva ormai già non solo a Milano, e però fu anche un anno di scambio con gli insegnanti, i quali sopportavano questo nostro andare e venire, in cambio del fatto che poi ogni tanto c'era un confronto sulle materie o quanto meno su quella parte delle materie su cui erano capaci loro di catturare davvero il nostro interesse, e questo avveniva perfino in latino. Chi l'avrebbe mai detto...

Prof. Sacerdoti: ma tu facevi solo latino con me in quell'anno?
Gad Lerner: No no, io facevo anche il greco con te... Ma per il greco, io non avendo mai imparato a memoria i verbi irregolari, ci ho poi definitivamente rinunciato, avendo saltato la fase mnemonica; ovviamente invece le materie in cui il coinvolgimento era maggiore, erano storia, filosofia, italiano, ma anche il latino, perché lo si faceva in una chiave coinvolgente...

Prof. Sacerdoti: Non ricordo più bene in che anno fosse, ma avevano preso tre o quattro ragazzi, tra cui Stefano Ippolito e


Roberto Della Giovanna (citato dalla prof. Nedda Sacerdoti)
con Silvia Minozi.

Della Giovanna... Io a quel tempo davo lezioni private alla figlia del questore Monarca, e allora gli ho telefonato subito, e lui è venuto ad accompagnare la figlia a lezione, è stato gentilissimo, è salito, ed io gli ho spiegato la cosa, e lui mi ha detto di stare tranquilla, che i ragazzi sarebbero stati rimandati a casa subito.
Gad Lerner: Stiamo parlando dell'11 marzo del '73: era un periodo nel quale appunto questo servizio d'ordine di liceali, peraltro molto imbranati e molto disarmati e molto 'pivelli' da quel punto di vista rispetto ad altre scuole, fu trascinato da qualcuno, che già cominciava a strizzare l'occhio a quella che sarebbe diventata l'autonomia operaia, in luoghi in cui andarono semplicemente a prenderle e furono, proprio da ragazzini, - avevano sedici o diciassette anni - arrestati forse con un sasso in mano e liberati due giorni dopo. La cosa finì lì, e finì con le prime spaccature interne ai nostri collettivi, perché si capì che qualcuno incominciava ad andare su una sponda, se non ancora armata, tuttavia più violenta, mentre la maggior parte di noi non ci andava.
Per ritornare invece al mio percorso scolastico si concluse con un'accellerata; io ero a mia volta scocciato di essere indietro un anno, perché avevo molte cose da fare nella vita, avevo molti impegni esterni alla scuola che mi intrigavano, e allora dopo aver finito l'anno della seconda liceo, vedo che alcuni miei amici vanno tutti a San Colombano al Lambro, in una cascina, a chiudersi lì dentro per studiare per la maturità;


Serena Dequal e Ruggiero Gherlizza, frequentatori della
cascina di San Colombano al Lambro.

allora decido di provare anch'io a fare il biennio da solo, perché avevo qualche amico universitario che mi ha garantito lezioni di matematica, di fisica di chimica; ho deciso anche di selezionare le materie, per esempio di tralasciare la fisica la chimica e anche il greco, credo, in realtà, e invece di puntare a fare bene le altre materie; e fatto sta che in quindici giorni, duranti i quali si studiava in realtà davvero giorno e notte, e si prendeva anche qualche pillola venduta in farmacia, tengo a precisare, come la metedrina, quei farmaci per stare svegli, magari acquistata senza ricetta medica...; comunque, ho fatto più o meno in quindici giorni il programma della terza di alcune materie, e sono riuscito a cavarmela perché negli scritti mi è andata bene, per esempio nel tema, in cui feci il ritratto di una città che il 99,9% dei commissari d'esame non aveva nemmeno visto, e dunque ho potuto mettere a Tel Aviv di tutto... Negli orali poi ho fatto un consistente chiacchiericcio che ha coperto la totale carenza su alcune materie scientifiche che non avevo studiato. Per cui quei quaranta sessantesimi io li trovo un voto elevatissimo, visto il modo in cui è stato ottenuto.

Prof. Sacerdoti: Ma in cosa ti sei poi iscritto all'università?
Gad Lerner: In lettere antiche mi sono iscritto: ho smesso però prestissimo, perché ero appena iscritto all'università e mi ero appena fidanzato con la mia futura moglie, cosa per me ben più importante, quando Adriano Sofri mi chiese di andare a lavorare a Roma.
Una cosa che posso aggiungere, e spero che vi interessi e diverta, è che insieme a Jacopo Fo e a Sergio Parini, che erano più giovani di me, in quell'anno '72-'73 feci quella che possiamo considerare la mia prima esperienza giornalistica, perché oltre che scrivere a raffica volantini, facemmo due o tre edizioni di una specie di giornaletto che si chiamava Massacro di Settembre, Massacro di Ottobre, eccetera, dove per 'massacro' si intendeva la selezione a cui gli studenti erano sottoposti a scuola, che era un insieme di vignette e di scritti nei quali c'era però uno studio del linguaggio, e volevamo uscire dal linguaggio dogmatico e molto astratto della propaganda ideologica dei volantini, per andare più sul terreno dello slang studentesco; io credo di averne delle copie nel solaio di mia madre, ma io stesso non vorrei rivederle perché sul loro livello sarei alquanto imbarazzato...

Prof. Gherlone: Volendo avviarci alla conclusione del nostro incontro, desidererei chiedere a Gad un chiarimento sul ruolo che il Berchet ha avuto, come già ci ha raccontato nella premessa iniziale, negli anni della sua carriera successiva. Se l'impatto con la cultura ufficiale di allora è stato così disturbato da molte esperienze esterne, da dove viene in realtà l'importanza della frequentazione del nostro liceo?
Gad Lerner: Direi che viene dalla varietà culturale degli incontri. Vi potrei raccontare per esempio che io mi sono ritrovato, lavorando in televisione, a ricreare un rapporto davvero speciale con un ciellino di quel tempo del Berchet, Roberto Fontolan, che era mio coetaneo al Berchet e mio, diciamo, avversario d'assemblea (anche se devo dire che a quel tempo erano molto aspri, ma civili i confronti in assemblea, che non sono mai andati a finire a botte fra di noi, per esempio). Eravamo curiosi gli uni degli altri, tant'è che io li annusavo, io ebreo, a cui sembrava una cosa da pazzi che in questa chiesa qui di fronte, alle sette del mattino, si radunassero centinaia di persone facendo delle levatacce incredibili per fare la messa o gli esercizi spirituali prima di venire a scuola, e che poi volevano entrare mentre noi picchettavamo... mi sembravano dei marziani, ma i marziani mi incuriosivano, e sicuramente uno come Roberto Fontolan, col quale ho fatto la trasmissione Pinocchio e poi il TG1, è una persona di 'quel' Berchet, di quella varietà. Poi dentro il Berchet potevi trovare i figli della borghesia intellettuale più benestante, ma anche più creativa, dalla figlia di Gae Aulenti, da De Carlo stesso - e ogni tanto venivi quindi invitato in una casa fantastica del centro di Milano, anche piena di libri e piena di un clima libertario e innovativo; del resto io in quegli anni ho frequentato come fosse casa mia, dormendoci spesso, la casa di Dario Fo e Franca Rame, in via Ansperto, e posso dire che il primo lavoro retribuito della mia vita (nell'anno della scuola serale) è stato quello di guadagnare qualche soldo spazzando dopo gli spettacoli la sala teatrale di via Colletta -, a figli di famiglie di ambiente completamente diverso. Quindi era davvero un incrocio culturale significativo: in questo molto più del Parini.

Michele Gherlone

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