L'ERA STALINIANA

Con il 1928 iniziò "l'era di Stalin<>". Da quell'anno infatti la vicenda della sua persona si identificò con la storia dell'URSS, di cui fu l'onnipotente artefice fino alla morte. Posto bruscamente termine alla N.E.P. con la collettivizzazione e meccanizzazione dell'agricoltura, soppresso il commercio privato (i kulaki arricchiti furono declassati a semplici contadini del kolchozo avviati a campi di lavoro), fu dato avvio al primo piano quinquennale (1928-32) che dava da precedenza all'industria pesante. Circa la metà del reddito nazionale fu dedicata all'opera di trasformazione di un Paese povero ed arretrato in una grande potenza industriale. Furono fatte massicce importazioni di macchinari e chiamate alcune decine di migliaia di tecnici stranieri. Sorsero nuove città per ospitare gli operai (che in pochi anni passarono dal 17 al 33% della popolazione), mentre una fittissima rete di scuole debellava l'analfabetismo e preparava i nuovi tecnici. Anche il secondo piano quinquennale (1933-37) diede la precedenza all'industria che compì un nuovo grande balzo in avanti; ma non altrettanto brillante fu il rendimento agricolo per cui, in concomitanza con l'entrata in vigore di una nuova Costituzione (1936), ne fu modificata la troppo rigida struttura. Ma a quest'opera indubbiamente gigantesca corrispose un ferreo autoritarismo e un'implacabile intransigenza: debolezze, lacune ed errori furono sempre duramente puniti; ogni dissenso ideologico fu condannato come "complotto". Furono le terribili "purghe" degli anni Trenta (successive al misterioso assassinio di Kirov ) che videro la condanna a morte o a lunghi anni di carcere di quasi tutta la vecchia guardia bolscevica, che privò fra l'altro l'Armata Rossa di oltre la metà dei suoi comandanti più prestigiosi. Certo all'origine del bagno di sangue che spazzò via dal PCUS ogni residuo frazionismo ci fu anche l'effettivo timore di complotti e di moto reazionari. L'ostilità della Germania nazista e la diffidenza degli Occidentali sono dati inconfutabili, ma è certo che il terrore staliniano rimane una delle pagine più tragiche e oscure della storia russa. D'altra parte le gravosissime esigenze di politica interna indussero Stalin ad affidare a Litvinov<> il compito di assicurare la pace e di promuovere la distensione fra i popoli d'Europa. Ammessa nella Società delle Nazioni nel 1934, l'URSS avanzò proposte di disarmo generale e cercò di favorire una stretta collaborazione antifascista sia fra i vari Paesi sia al loro interni (politica dei "Fronti popolari" ). Nel 1935 concluse i patti di amicizia e reciproca assistenza con la Francia e la Cecoslovacchia; l'anno successivo appoggiò con aiuti militari la Spagna repubblicana contro Franco. Ma il Patto di Monaco (1938) costituì un duro colpo per la politica "collaborazionista" di Stalin che a Litvinov<> sostituì Molotov (1939) e la linea possibilista alternò una politica puramente realistica. Così, di fronte alle tergiversazioni occidentali, Stalin la concretezza tedesca (patto del 23 agosto 1939) che, pensava Stalin, se non poteva più salvare la pace europea, poteva almeno assicurare la pace all'URSS.

La spartizione della Polonia (1939) e la guerra della Finlandia (1940) rientrarono nella stessa concezione: garantire al massimo le frontiere sovietiche "calde". La guerra alla Germania (1941-45) costituì una pagina gloriosa nella vita di Stalin. Sotto la sua guida non solo l'URSS riuscì a bloccare l'attacco nazista, ma in breve fu in grado di respingere e ricacciare le armate hitleriane sino al "covo" di Berlino. Ma più che l'apporto alla conduzione della guerra, fu estremamente significativo il ruolo di Stalin come grande diplomatico, evidenziato dalle conferenze al vertice: un negoziatore rigoroso, logico, tenace, ma non privo di ragionevolezza e persino di sensibilità. Fu assai stimato da Roosevelt, meno da Churchill cui fece velo la vecchia ruggine anticomunista stimò a sua volta Chiang Kai-shek, ma non altrettanto Mao Zedong<> e solo con riluttanza smise di pensare che la Cina potesse essere governata dal Kuomintang con l'adesione dei comunisti. Il dopoguerra trovò l'URSS impegnata nuovamente su un doppio fronte: la ricostruzione all'interno e l'ostilità occidentale all'esterno, resa questa volta assai più drammatica dalla presenza della bomba atomica. Fu l'età della "guerra fredda", che portò Stalin a irrigidire il monolitismo del partito comunista fuori e dentro i confini, di cui è espressione evidente la creazione del Kominform e la "scomunica" della Jugoslavia. Quando morì la popolarità di Stalin come capo del movimento di emancipazione delle masse oppresse di tutto il mondo era ancora intatta: ma bastarono tre anni perché al XX Congresso del PCUS (1956) il suo successore Kruscev <>  ne denunciasse i crimini, gli errori e le deviazioni, dando al via al processo di "destalinizzazione".