Il ragionamento compiuto da Pitagora si ricostruisce da Aristotele (Analityca priora 41a, 26-7) e da uno scolio al X libro di Euclide.

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Dato un quadrato ABCD supponiamo, seguendo la teoria monadica, che la diagonale AC ed il lato AB siano commensurabili ne segue che la sottomultipla comune ai due segmenti AC e BC entrerà m volte in AC ed n volte in AB, dove m e n devono prendersi primi fra loro riducendoli ai minimi termini.

AC / AB = m / n

Ora, essendo AB = BC, per il teorema di Pitagora si ha che:

AC² = 2AB²

m² = 2n²

Si deduce che m² è pari, ma per la proprietà matematica per cui "il prodotto di due numeri dispari è dispari", anche m è pari. Se si ipotizza m uguale a 2p (dove p è un altro numero naturale) si avrà:

m² = 2n²

4p² = 2n²

2p²= n²

Risulta che n², e quindi n, è pari. Ma m ed n essendo primi tra loro non possono essere entrambi pari quindi l’ipotesi che AB e AC siano commensurabili, arriva ad una contraddizione, che seguendo il procedimento logico della dimostrazione per assurdo (reductio ad absurdum), nega la stessa tesi: in questo modo viene dimostrata l’esistenza di grandezze incommensurabili. Ma se m e n sono incommensurabili, cosa succede se si tenta di determinare il loro rapporto m/n? Riportando sulla diagonale prima n, poi 1/10 n, poi 1/100 n,... si ha: n<m; 1,4 n<m; 1,41 n <m; ... e così via all’infinito; cioè il rapporto tra grandezze incommensurabili è espresso mediante un numero decimale illimitato aperiodico (se fosse periodico sarebbe riducibile a frazione) che viene chiamato numero irrazionale.