Da Aristotele (Metafisica, I, 5) si conosce che:

I cosiddetti pitagorici avendo cominciato ad occuparsi di ricerche matematiche ed essendo grandemente progrediti in esse, furono condotti da questi loro studi ad assumere come principi di tutte le cose esistenti quelli di cui fanno uso le scienze matematiche. E poiché i primi che qui s’incontrano sono, per natura i numeri, sembrò loro di ravvisare in questi, molte più analogie con ciò che esiste e avviene nel mondo, di quante se ne possono trovare nel fuoco, nella terra e nell’acqua [...]. Avendo poi riconosciuto che le proprietà e le relazioni delle armonie musicali corrispondono a rapporti numerici, e che in altri fenomeni naturali si riscontrano analoghe corrispondenze coi numeri furono tanto più indotti ad ammettere che i numeri siamo gli elementi di tutte le cose esistenti e che tutto il cielo sia proporzione ed armonia.


I pitagorici inizialmente avrebbero concepito i numeri come componenti ultimi degli oggetti reali e materiali, non distinti dagli oggetti sensibili, i numeri quindi sono l’essenza della realtà ed in particolare i numeri non hanno un senso puramente aritmetico, ma sono corpuscoli tutti uguali fra loro, molto piccoli ma non infinitesimi o nulli (le monadi o unità pitagoriche), molto simili ai nostri atomi. Tutti i corpi venivano così composti di monadi disposte secondo un certo ordine geometrico.