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Con questa prima parte, che dà inizio al nostro viaggio attraverso la storia europea ed italiana della prima metà del secolo diciannovesimo, ci siamo prefissati l'obiettivo di fornire un quadro semplice, ma chiaro, ed il più possibile informativo, di quel complesso di eventi e personaggi senza di cui non sarebbe possibile affrontare la trattazione dei fatti accaduti a Milano nel fatidico mese di marzo del 1848.

Nella sezione Napoleone, vorremmo che risultasse ben chiaro che il periodo delle campagne napoleoniche in Italia costituisce la premessa storica fondamentale, ossia la nascita storica stessa del Risorgimento italiano. E' da considerarsi ormai completamente superata la tesi di una genesi autoctona del moto risorgimentale. Non condividiamo infatti certa storiografia che, in determinati periodi storici del nostro paese, ha voluto negare la fondamentale importanza della rivoluzione francese e dell'avventura napoleonica; invece le molteplici discussioni tenute dagli intellettuali italiani nel periodo napoleonico, come gli studi sul "giacobinismo" italiano hanno mostrato, vedono già chiaramente il formularsi del problema dell'unità, che sarà poi centrale nella lotta politica del primo cinquantennio del secolo successivo.

Vai a Il quadro napoleonico

 

 

Vai a Restaurazione

 

Nella sezione Restaurazione prendiamo invece in esame il quadro storico europeo alla caduta di Napoleone. Gli Stati italiani della Restaurazione non vanno considerati alla stregua di semplici organismi repressivi o polizieschi, concepiti unicamente al fine della repressione o del ritorno allo status quo ante, sebbene tale lettura sia stata tentata da parte di certa storiografia polemica liberale: in realtà il disegno, condannato dalla storia stessa al più completo insuccesso, fu quello di un ritorno alla tradizione del dispotismo illuminato, che per esempio la Lombardia aveva conosciuto con l'Austria di Maria Teresa. Tale tradizione, tuttavia, era priva di legami con la nuova, esplosiva idea di nazione che viene progressivamente affermandosi nel corso dell'800, e questo è il motivo più cogente per cui essa si risolve, agli occhi delle nuove forze presenti nella società ottocentesca, in un tentativo di mera reazione.

 

Nelle sezioni I moti del '21 e I moti del '31 diamo un quadro delle prime manifestazioni, in Italia ed in Europa, di quei sentimenti liberali, ancora ben lungi dall'essere sostenuti da un'organica idea di nazione, che furono anche, com'è noto, segnati da gravi insuccessi. Essi mettono in primo piano la questione storiografica della presenza in Italia di una corrente democratica anteriore al diffondersi delle idee mazziniane: importanti studi sulla Carboneria nel mezzogiorno hanno evidenziato che la setta nel '21 abbracciò vaste masse, che comprendevano anche gli strati contadini. Anche se va individuata una sostanziale frattura fra la democrazia italiana del 1821 nel sud, e quella del '48-49, è importante aver chiaro che nel complesso quadro del Risorgimento molti fermenti preesistevano all'affermarsi del moderatismo, e alla soluzione che esso attuò della questione nazionale. Osserveremo infine che il piano insurrezionale degli esuli italiani in Francia, all'indomani della rivoluzione di luglio del '31, si ispirava ad un audacissimo programma repubblicano-unitario, di stampo buonarrotiano. D'altronde il grido dei moti del '31 nel Ducato di Modena era "Viva la repubblica": un altro eloquente esempio di come, prima del conflitto fra moderati e democratici, in Italia fossero ancora presenti i fermenti di stampo repubblicano democratico, legati all'esperienza illuministico-rivoluzionaria dell'età napoleonica.

Vai a I moti del '21

Vai a I moti del '31

 

 

Vai a Gli anni decisivi: '31-'48

 

Infine, nella pagina dal titolo Gli anni decisivi: '31-'48 ci occupiamo della formazione delle due fondamentali correnti di pensiero politico del Risorgimento italiano: il mazzinianesimo ed il neo-guelfismo giobertiano. Sebbene al di fuori dei limiti cronologici del nostro lavoro, non va dimenticato che proprio dallo scontro fra moderatismo e partito d'azione (Cavour contro Mazzini), l'Italia uscirà fortemente condizionata per le soluzioni che verranno fornite al problema dell'unità e per le conseguenze indelebili ed inestinguibili che tale soluzione ha impresso alla nostra vita nazionale. Sotto questo profilo non ci sembra di poter affermare che i problemi suscitati dalla storia risorgimentale possano essere sentiti come qualcosa che concerna un'età tramontata, se è vero che l'evoluzione della nazione italiana in senso moderno, capitalistico e tecnologico, non ha affatto cancellato, ma anzi esasperato, i problemi che la nazione lamentò all'indomani della sua unificazione: ci riferiamo soprattutto al rapporto, ancor oggi così travagliato, fra la parte settentrionale e quella meridionale d'Italia.