Eritrea

 

Un elefante che mangia, questi animali infatti si nutrono specialmente di una varietà di vegetali come radici, parti di fusti, rami, germogli, frutti e foglie. Il fusto succulento di alcuni alberi, in particolare i baobab, può essere sfruttato così intensamente che l'albero finisce col rovinare al suolo.
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Addis Adeba, capitale etiope. E' una delle capitali più alte del mondo e conta una popolazione di circa 2 milioni di abitanti.

L’Etiopia fa parte della nostra storia, anche se il mezzo per conoscerla è stato il colonialismo e le sue luci, ombre e tragedie. E' uno stato ancora "remoto", nonostante la globalizzazione stia rag-giungendo l'apice della sua azione. Il paesaggio, dove si alternano grandi vallate, accostate dalle montagne più alte dell'Africa, e incontaminate savane (foto a destra) è uno dei più suggestivi dell'intero continente; uno dei pochi luoghi dove  la natura è ancora la forza dominante. Nonostan-te ciò solamente il 5,5% del territorio è adibito ai parchi naturali, i primi dei quali fondati nel 1978. Tuttavia risentono del bracconaggio, non ancora debellato, e del commercio illegale del legname; essi ospitano una flora delle più rigogliose del continente e numerosissime specie di scimmie.

I POPOLI ETIOPI

Il gruppo etnico più importante di tutte le popolazioni che vivono in Etiopia è quello abissino, che da secoli ha il primato politico e culturale. Esso è il più ricco di tradizioni, differenziate in alcuni aspetti da forme di vita e pensieri diversi. Nella società abissina, presso tutti i gruppi etnici etiopici, la famiglia è il fulcro della vita. Il prestigio dell'etiope è direttamente proporzionale a quello della sua famiglia, che deve essere numerosa e con prevalenza di prole maschile. Oggi l'Etiopia è abitata in gran parte da genti antiche.
Poiché gran parte degli abitanti vive di agricoltura di sussistenza, gli insediamenti più popolati si trovano nella regione centrale, dove il terreno si presta maggiormente alle coltivazioni.
In epoca storica il paese ha risentito di numerosi influssi semitici che nel tempo hanno determinato un incredibile stratificazione di razze ed etnie.

Gli Abissini si dividono poi in tre diversi gruppi etnici, gli Amhara e gli Oromo.
Rappresentano il 40% dell'intera popolazione etiopica e occupano un ampia area che si estende dall'Eritrea fino all'Etiopia centrale. L'altro grande gruppo etnico è rappresentato da diverse razze che non hanno subito un diretto influsso semitico, che formano sia piccoli gruppi sparsi, sia gruppi estesi e compatti di pastori e agricoltori, come i Galla, i (Borana, Arussi, Gugi, ecc.), che da soli rappresentano un altro terzo dell'intera popolazione etiopica.
La gente vive per gran parte nei villaggi (si può dire che tutta l'Etiopia sia un Paese di villaggi), data la povertà degli sviluppi urbani; questi sono più o meno compatti, ma non mancano gli agglomerati più grossi che nell'area abissina sono dominati dalle chiese copte. La continua ricerca di terre fertili e di nuovi pascoli hanno creato nel tempo un immenso mosaico di popoli, a volte formati da gruppi di poche centinaia di persone, si può dunque affermare che l'Etiopia è un incredibile mosaico di razze ed etnie, affascinante percorso tra le radici dell'uomo e la natura.

IL COLONIALISMO ITALIANO IN ETIOPIA

La guerra d’Etiopia fu una delle tante vergogne dell’Italia fascista, oggi dimenticata. Una guerra portata avanti in nome della ‘civiltà’, che dietro nasconde le più gravi barbarie commesse dall’esercito italiano, come l’utilizzo di gas mortali contro la popolazione civile. Una guerra che conta 760.000 vittime e che, come sottolinea Loredana Baglio di Corrispondenze metropolitane, “ha visto come protagoniste anche le donne, costrette ai più atroci abusi da parte degli invasori, guidati dal mito del “nuovo uomo fascista”: dominatore, forte e superiore rispetto all’altro sesso”. Dunque, la forza della Resistenza etiope è attribuita anche a loro, a quelle donne che hanno subito abusi e che hanno continuato a supportare in tutto, i loro padri e fratelli patrioti. Senza di loro, la guerra di Resistenza, sarebbe stata probabilmente impraticabile, vista anche la disparità di armamenti.
Ricordare oggi quanto avvenuto in Etiopia è importante per le forti analogie con l’attuale politica estera italiana. Il regime fascista di Mussolini rappresentava al popolo italiano la guerra di Etiopia come un’occupazione pacifica. L’uomo etiope era rappresentato come un essere inferiore che in quanto tale andava civilizzato. Per giustificare queste concezioni fortemente razziste, il regime si servì non solo di teorie scientifiche ma anche di una propaganda ossessiva in cui gli uomini di colore erano rappresentati come servizievoli o primitivi, facendo penetrare nella cultura forti stereotipi: la guerra d’Etiopia, infatti, coincide con il periodo di massimo consenso al regime tra il popolo italiano: oltre che, quindi, commettere una sorta di genocidio limitato, questo movimento è stato portato avanti in nome di una puro e cosciente (anche troppo) razzismo.

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