TSUNAMI L'ONDA CHE UCCIDE:
"Tsunami", forse l’unica parola
giapponese utilizzata e introdotta in tutte le lingue del mondo, inglese
compreso, identifica un fenomeno tipico e piuttosto frequente del Giappone.
Il termine tsunami
viene dato ad un’onda gigantesca di altezza anomala che si
abbatte con furia spaventosa seminando morte e distruzione.
Per comprendere gli tsunami,
occorre prima di tutto distinguerli dalle onde generate dal vento e dalle maree.
I venti che soffiano sugli oceani ne increspano la superficie in onde
relativamente corte che creano correnti limitate ad uno strato piuttosto sottile
tanto che un sommozzatore può agevolmente immergersi ad una profondità
sufficiente a trovare le acque calme senza correre alcun rischio. Tempeste e uragani in oceano aperto possono poi sollevare onde di 30 metri e
più, ma anche queste, oltre una certa profondità, non provocano alcun movimento.
Le maree, che compiono il giro completo del globo due volte al giorno, producono
correnti che raggiungono il fondo marino, così come fanno gli tsunami, i
quali però non sono generati dall’attrazione gravitazionale della Luna o del
Sole, al massimo possono essere in rari casi provocati dalla rotazione terrestre
che causa uno scivolamento delle acque sulla superficie amplificato dalla gran
massa d’acqua degli oceani. Ma non è così nel caso
degli tsunami: la loro influenza va dalla superficie del mare fino al fondo
oceanico, anche se la profondità è di vari chilometri.
Solitamente uno tsunami si produce con notevole violenza a seguito di un
terremoto sottomarino o da eruzioni vulcaniche, impatti di meteoriti o frane
sottomarine. A volte invece per il fenomeno detto di subduzione.
Per questo vengono chiamati anche "onde di
maremoto".
L’evoluzione di uno tsunami avviene in tre stadi: generazione,
propagazione ed inondazione.
Un disturbo del fondo marino, come il movimento lungo una faglia, provoca un
dislocamento verso l’alto di un certo volume d’acqua.
L’onda si propaga in acqua alta con una velocità paragonabile a quella di un
aereo di linea; dato però che la sua lunghezza è circa 600 volte l’altezza, si
presenta con una pendenza quasi impercettibile. L’onda rallenta non appena entra in acque
basse, e qualche volta invade la terraferma quasi come farebbe un’alta marea.
Altre volte invece, fenomeni di rifrazione e di ravvicinamento delle creste
d’onda, ne concentrano l’energia in una mostruosa muraglia d’acqua.
L’evoluzione di uno tsunami avviene in tre stadi: generazione,
propagazione ed inondazione.
Un disturbo del fondo marino, come il movimento lungo una faglia, provoca un
dislocamento verso l’alto di un certo volume d’acqua.
L’onda si propaga in acqua alta con una velocità paragonabile a quella di un
aereo di linea; dato però che la sua lunghezza è circa 600 volte l’altezza, si
presenta con una pendenza quasi impercettibile. L’onda rallenta non appena entra in acque
basse, e qualche volta invade la terraferma quasi come farebbe un’alta marea.
Altre volte invece, fenomeni di rifrazione e di ravvicinamento delle creste
d’onda, ne concentrano l’energia in una mostruosa muraglia d’acqua.
L’energia dell’onda infatti è compressa in un volume più piccolo via via che
essa si propaga in acque sempre più basse e, dato che la cresta è costretta a
rallentare, viene incalzata da quella successiva. Questo fenomeno ne aumenta sia
l’altezza sia la velocità e la potenza mano a mano che la massa d’acqua si
avvicina alla costa; da ciò deriva il nome tsunami che significa "onda di porto".
In ogni caso il modo in cui si presenta dipende dal tipo di costa su cui le onde
vanno ad infrangersi.
Le coste del Giappone ne sono le maggiori destinatarie, sia per la frequenza dei
fenomeni sismici sottomarini che tormentano la zona antistante sia per quella
gran massa d’acqua oceanica che non trova alcun ostacolo che ne smorzi la
potenza, prima di raggiungere il paese del Sol Levante.
Il 12 luglio 1993 a Okushiri si è abbattuto uno tsunami di particolare
violenza con onde altre 30 metri; le vittime in quel disastro sono state 239 e
sarebbero state molte di più se non fossero state prese tutte quelle precauzioni
che ormai fanno parte del bagaglio della protezione civile giapponese.
Questo fenomeno tipicamente giapponese ha sicuramente ispirato il grande Katsushika Hokusai (1760-1849), l’artista giapponese – se non di tutta l’Asia –
più conosciuto nel mondo, tanto che proprio una gigantesca onda è diventata
simbolo della sua bravura, un’onda con gli artigli, un essere vivente, un mostro
d’acqua, assetato di distruzione e morte tutto teso a ghermire le sue vittime.
Anche nell'oceano Atlantico si sono verificati alcuni eventi, di certo meno gravi ma meritevoli di attenzione; nel 1755 in seguito ad un terremoto, uno tsunami sommerse Lisbona. Alcuni geologi studiano attentamente i movimenti dei versanti e l'attività vulcanica di un isola delle Canarie (La Palma). Osservando uno dei pendii del vulcano hanno rilevato che potrebbe essere interessato da una frana di enormi proporzioni, che cadendo nelle acque dell'oceano formerebbe un'onda che raggiungerebbe la costa degli Stati Uniti in meno di 8 ore e con un'altezza di centinaia di metri. Inoltre l'onda aumenterebbe ulteriormente la sua altezza avvicinandosi alla terra in quanto diminuisce la profondità dell'oceano.
Il 28 dicembre del 1908 in seguito ad un sisma di magnitudo 7,1, onde di maremoto hanno cancellato le città di Messina e Reggio Calabria.
Il 30 dicembre del 2002 l'isola di Stromboli è stata colpita da un maremoto che ha arrecato notevoli danni. (Anche l’Italia, quindi, è un’area soggetta agli tsunami a causa soprattutto della elevata sismicità di alcune regioni e per la presenza di vulcani attivi. L’ultimo caso di tsunami del nostro Paese si è verificato nell’isola di Stromboli in seguito ad una prolungata attività eruttiva nel dicembre del 2002 che provocò una frana sottomarina la quale a sua volta generò un’onda alta una decina di metri che investì la costa dell’isola nel giro di pochi minuti. In quella occasione le onde anomale hanno prodotto danni solo alle strutture e disagi alla navigazione ma ben più gravi sarebbero state le conseguenze di quell’evento qualora si fosse verificato d’estate quando le spiagge dell’isola sono molto frequentate). Questi fenomeni nel Mar Mediterraneo sono dovuti sia alla frequente attività vulcanica sia allo scontro della placca africana che scende sotto quella euroasiatica provocando terremoti profondi.
Esistono comunque alcuni sistemi, molti meno specifici altri più attendibili, progettati da specialisti stranieri, di prevenzione e previsione degli tsunami che tentano di sconfiggere questa forza naturale così distruttiva.