Zimbabwe (nome ufficiale Republic of Zimbabwe, Repubblica di Zimbabwe), stato dell’Africa meridionale; privo di sbocco al mare, è delimitato a nord-ovest dallo Zambia, a est e a nord-est dal Mozambico, a sud dal Sudafrica, a sud-ovest dal Botswana e a ovest dalla Namibia (Dito di Caprivi). Il paese ha una superficie di 390.759 km²; la capitale è Harare.


Zimbabwe Victoria falls.

TERRITORIO

Il territorio dello stato occupa parte del grande altopiano dell’Africa meridionale e può essere suddiviso in tre regioni fisiche: l’Alto Veld (Highveld), che lo attraversa da sud-ovest a nord-est, la cui altitudine media è di circa 1.500 metri; il Great Dyke, un’imponente formazione geologica composta da affioramenti di roccia lavica che si snoda per circa 480 km in direzione nord-sud nella regione centrale del paese, dalla quale traggono origine i principali rilievi collinari. Su entrambi i versanti dell’Alto Veld il territorio digrada, a nord verso il fiume Zambesi, e a sud verso il fiume Limpopo; queste regioni, la cui altitudine media è di 1.065 m, sono conosciute con il nome di Medio Veld (Middle Veld), mentre le aree dei bacini dello Zambesi e del Limpopo e, a sud-est, quella dei fiumi Sabi e Lundi vengono denominate Basso Veld (Bushveld).
Lungo il confine orientale si innalza la principale catena montuosa del paese, che raggiunge la massima elevazione nei 2.592 m della cima del monte Inyangani. Fatta eccezione per questa regione e per una stretta fascia di aspre colline che si estendono lungo la valle dello Zambesi, la maggior parte del territorio presenta un paesaggio dolcemente ondulato. Tra i numerosi fiumi di breve corso che nascono nell’Alto Veld, lo Shangani e il Sanyati scorrono verso nord, mentre il Sabi e il Lundi fluiscono in direzione sud. Lungo il confine con lo Zambia, lo Zambesi origina dapprima le cascate Vittoria per poi confluire nel lago Kariba, uno dei più estesi bacini artificiali al mondo.
Lo Zimbabwe ha un clima di tipo tropicale: la media della temperatura è di 15,6 °C a luglio, durante il cosiddetto inverno australe, e di circa 21 °C a gennaio, durante l’estate australe, mentre quella delle precipitazioni, concentrate soprattutto tra ottobre e marzo, è di circa 890 mm nell’Alto Veld e inferiore ai 610 mm nella maggior parte delle aree del Medio Veld.
La forma di vegetazione dominante nel paese è la savana; nelle zone più umide prevale la prateria, mentre lungo il confine orientale e nelle aree più piovose dell’Alto Veld si incontrano tratti di foresta. La ricca ed eterogenea fauna del paese comprende lo scimpanzé, l’elefante, l’ippopotamo, il rinoceronte, il leone, la iena, il coccodrillo, l’antilope, l’impala, la giraffa, la zebra e il babbuino. Tra gli stati africani, lo Zimbabwe si distingue per la protezione del patrimonio faunistico, in particolare per la salvaguardia di specie quali il rinoceronte, lo scimpanzé e l’elefante.

POPOLAZIONE

Il paese ha una popolazione di 12.382.920 abitanti (2008), con una densità media di 32 unità per km²; in larga misura (64%) la popolazione è stanziata nelle aree rurali, dove vive in piccoli villaggi. La maggior parte della popolazione del paese è costituita da due gruppi etnici di lingua bantu: gli shona (mashona), che rappresentano circa il 71%, e gli ndebele (matabele), insediati nelle regioni sudoccidentali (circa il 16%). Sono altresì presenti numerosi gruppi etnici minori tra i quali tonga, sena, venda e sotho, nonché esigue minoranze di europei e asiatici. L’emigrazione dei bianchi, cominciata verso la metà degli anni Settanta del Novecento, continuò anche dopo l’indipendenza del paese; nei primi anni Novanta erano presenti nel paese circa 100.000 bianchi, contro i 223.000 del 1980. La comunità bianca continua tuttavia a svolgere un ruolo di primaria importanza in ambito economico.
La lingua ufficiale è l’inglese; tuttavia gli idiomi maggiormente diffusi sono shona e ndebele, appartenenti al gruppo benue-congo delle lingue africane. Circa il 62% della popolazione segue il cristianesimo (in ordine di diffusione: cattolicesimo, anglicanesimo, metodismo), oppure un orientamento sincretico tra cristianesimo e religioni tradizionali animiste.
I considerevoli sforzi compiuti dal governo a partire dal 1980 hanno consentito di raggiungere, nel 2005, un tasso di alfabetizzazione della popolazione adulta del 91,9% (era il 39% nel 1962). L’istruzione è gratuita e obbligatoria solo per la scuola primaria; tutti i bambini frequentano le scuole, ma la percentuale di coloro che frequentano anche le scuole superiori scende al 45% degli iscritti alla scuola primaria. L’unico ateneo del paese, fondato nel 1955, si trova a Harare.

LA STORIA

La regione, abitata sin dalla remota antichità (500.000 anni fa), vide a partire dal X secolo lo sviluppo di alcune città-stato dedite principalmente a un’intensa attività commerciale con le popolazioni costiere e alla lavorazione del metallo. Presumibilmente la regione vide poi lo sviluppo di diversi stati, tra cui il più noto fu quello conosciuto con il nome di regno di Monomotapa (dal nome del mwene, cioè “re”, Mutapa); costituito da popolazioni di etnia shona, si ritiene abbia avuto nella città di Grande Zimbabwe, di cui rimangono tuttora le monumentali rovine, il proprio centro politico ed economico. Il regno conobbe una vasta espansione territoriale ma anche profondi dissidi tra i vari membri della dinastia e un rapido declino, iniziato verso la fine del XV secolo dopo la morte del re Matope. I contatti con mercanti e missionari portoghesi, sbarcati sulle coste del Mozambico, ne accelerarono la crisi. Al sud nacque così il regno di Changamire, che nel corso del XVII secolo estese il suo dominio su tutta la regione.
Nel periodo delle mfecane, le grandi migrazioni che si verificarono a partire dal 1830, genti ndebele (matabele), nella loro marcia verso nord, travolsero il Changamire, stanziandosi nella parte sudoccidentale della regione. In seguito al rafforzarsi dell’insediamento britannico e boero nella regione, nel 1888 il britannico Cecil Rhodes riuscì a ottenere dal re Lo-benguella il monopolio sullo sfruttamento delle risorse minerarie. L’anno seguente, Rhodes ottenne dal governo britannico il mandato per amministrare la regione attraverso la sua società, la British South Africa Company. Rhodes favorì la colonizzazione delle terre da parte dei bianchi, impadronendosi così di un vasto territorio che, nel 1895, fu chiamato Rhodesia in suo omaggio. Al 1890 risale la fondazione di Salisbury (l’odierna Harare). Nel 1897 i coloni bianchi piegarono infine la resistenza degli ndebele e degli shona. Nel 1898 la colonia fu divisa in due distinte unità amministrative: la Rhodesia Meridionale, più ricca e più densamente popolata, e la Rhodesia Settentrionale (l’attuale Zambia).
Nel 1923, la Rhodesia Meridionale diventò colonia autonoma. Vennero istituiti un Parlamento di 30 membri e, a partire dal 1930, seguendo l’esempio sudafricano, un sistema di segregazione razziale (vedi Apartheid). Gran parte delle terre coltivabili furono distribuite tra i coloni bianchi, mentre i neri vennero relegati in riserve da cui potevano uscire solo con un permesso rilasciato dalle autorità bianche.
Nel 1953, riunendo la Rhodesia Meridionale, la Rhodesia Settentrionale e il Niassa (l’odierno Malawi), il governo britannico creò la Confederazione della Rhodesia e del Niassa. All’unione, che favorì ulteriormente i coloni bianchi rhodesiani, si opposero i movimenti nazionalisti africani guidati da Kenneth Kaunda nella Rhodesia Settentrionale, e da Hastings Kamuzu Banda nel Niassa. Anche in Rhodesia Meridionale, per opera del sindacalista Joshua Nkomo, nel 1957 nacque un movimento nazionalista, subito dissolto dal governo.
Nel 1963, sciolta la confederazione, Zambia e Malawi ottennero prima l’autogoverno e poi l’indipendenza. Anche la Rhodesia Meridionale rivendicò l’indipendenza, che il governo di Londra si rifiutò tuttavia di concedere fino a che non fosse stato smantellato il regime di apartheid. In seguito al fallimento dei negoziati, l’11 novembre del 1965 il governo bianco guidato da Ian Smith dichiarò unilateralmente l’indipendenza del paese (con il nome di Rhodesia), indurendo ulteriormente il sistema segregazionistico. Colpita da un embargo delle Nazioni Unite, la Rhodesia si ritrovò isolata a livello internazionale, conservando relazioni solo con il Mozambico (allora colonia portoghese) e con il regime razzista sudafricano.
Nel 1970 il governo di Smith proclamò la repubblica. Nel contempo si svilupparono nel paese due movimenti di guerriglia, lo ZAPU (Zimbabwe African People’s Union), guidato da Nkomo, forte soprattutto tra la popolazione ndebele, e lo ZANU (Zimbabwe African National Union) di Robert Mugabe, radicato tra gli shona. Verso la metà degli anni Settanta, la dissoluzione dell’impero coloniale portoghese indebolì ulteriormente il regime segregazionista rhodesiano. Nel 1974 Smith avviò dei negoziati con la guerriglia, che si protrassero per due anni senza condurre ad alcun risultato. Nel 1977, riunitasi in un Fronte Patriottico, la guerriglia intensificò la sua azione.
Temendo il crollo del regime, nel 1978 Smith siglò un accordo con alcuni leader neri estranei alla guerriglia, tra cui il vescovo metodista Abel Muzorewa. Nel gennaio 1979, con un referendum riservato ai bianchi, venne adottata una Costituzione multirazziale; in seguito alle elezioni legislative, Muzorewa diventò primo ministro nel quadro di una collaborazione con il partito di Smith. Non cessarono tuttavia le attività della guerriglia, costringendo Smith a un nuovo negoziato. Nell’autunno del 1979, un incontro a Londra tra i rappresentanti del governo e della guerriglia sfociò negli accordi di Lancaster House, ponendo fine al regime razzista; i coloni bianchi ottennero garanzie per una quota di seggi nel nuovo Parlamento e per la proprietà delle aziende agricole.
Le elezioni del febbraio 1980 sancirono il trionfo di Mugabe e del suo Zimbabwe African National Union-Patriotic Front (ZANU-PF). Il 17 aprile del 1980, al culmine di festeggiamenti che videro la partecipazione dei maggiori leader africani (e durante i quali tenne un concerto la stella del reggae Bob Marley), il paese proclamò l’indipendenza con il nome di Zimbabwe.
Il nuovo regime, di vaga ispirazione socialista, esordì tra l’accendersi del conflitto tra la minoranza bianca e il governo e l’inasprirsi delle tensioni tra le principali etnie nere del paese, gli shona e gli ndebele. Nel 1982, accusato di tramare contro lo stato, Nkomo fu costretto a lasciare il governo e confinato nella città di Bulawayo. Le elezioni del 1985 videro una nuova vittoria del partito di Mugabe. Nel 1986, giunti sull’orlo della guerra civile, lo ZANU-PF e lo ZAPU di Nkomo iniziarono i primi colloqui per giungere alla fusione delle rispettive forze e creare un sistema imperniato su un partito unico. Nel 1987 lo ZAPU confluì nello ZANU-PF. Nello stesso anno, con alcuni emendamenti alla Costituzione, al capo dello stato venne affidata anche la guida del governo e venne abolita la quota dei seggi parlamentari destinati ai bianchi; alla presidenza venne eletto Mugabe. Nkomo, richiamato nel governo nel 1988, diventò vicepresidente nel 1990, rivestendo tuttavia un ruolo secondario nella vita politica del paese.
Negli anni Ottanta lo Zimbabwe conobbe un rapido degrado economico. Al paese vennero a mancare gli aiuti promessi dalla comunità internazionale (e dalla Gran Bretagna in particolare), ma soprattutto una classe dirigente all’altezza della difficile situazione. Il nuovo governo si segnalò infatti soprattutto per la corruzione e per l’incapacità di avviare una modernizzazione del sistema economico. I vasti fondi agricoli rimasero peraltro, spesso incolti, sotto il controllo della comunità bianca, notevolmente ridottasi per il trasferimento in Sudafrica di migliaia dei suoi membri, alimentando il malcontento delle classi contadine nere. Confermato alla presidenza nel 1990, Mugabe abbandonò i riferimenti alla tradizione socialista, aprendo formalmente il paese all’economia di mercato; nel contempo, annunciò una riforma agraria volta a sottrarre le terre ai latifondisti bianchi.
La situazione continuò a peggiorare negli anni Novanta. Accogliendo i piani del Fondo monetario internazionale, tra il 1991 e il 1992 Mugabe tagliò decine di migliaia di posti pubblici e ridusse la spesa sociale. L’opposizione venne ridotta al silenzio e le manifestazioni di protesta furono represse dalla polizia. Nel 1996 Mugabe venne riconfermato, incontrastato, alla presidenza del paese. Nel 1998 l’aggravarsi della situazione economica alimentò centinaia di scioperi e manifestazioni di protesta, cui il governo rispose con una brutale repressione.
Nell’intento di giocare un ruolo da protagonista nei complessi equilibri geopolitici della regione, nel 1998 lo Zimbabwe inviò proprie truppe nella Repubblica democratica del Congo per contrastare l’offensiva che i tutsi banyamulenge avevano lanciato, sostenuti da Ruanda e Burundi, contro il governo di Laurent-Désiré Kabila. Tra le cause dell’interruzione delle relazioni con le istituzioni economiche internazionali e con la Gran Bretagna (che sospese gli aiuti, peraltro modesti, destinati alla riforma agraria), l’intervento militare nella RDC compromise definitivamente la già precaria situazione economica interna.
Agli inizi del 2000 il paese conobbe l’esplosione della protesta contro la mancata attuazione della riforma agraria; un movimento formato soprattutto dai veterani della guerra d’indipendenza avviò l’occupazione delle terre dei bianchi. Nel tentativo di ingraziarsi il sostegno dei settori più poveri della popolazione, Mugabe propose l’esproprio senza indennizzo dei latifondi, ma il progetto di legge fu clamorosamente respinto da un referendum. Nelle successive elezioni legislative, svoltesi in giugno in un clima di diffusa violenza, lo ZANU-PF di Mugabe conservò a stento la maggioranza nel Parlamento, conquistando 62 seggi dei 120 di nomina diretta; il Movimento per il cambiamento democratico (MCD) guidato dal sindacalista Morgan Tsvangirai ottenne invece 57 seggi.
Precedute da restrizioni alla libertà di stampa, polemiche e violenze che causarono centinaia di vittime, le elezioni presidenziali del marzo 2002 si conclusero con la vittoria di Mugabe, ma i risultati furono tuttavia respinti dalle opposizioni; l’Unione Europea, in seguito all’espulsione dei suoi osservatori, impose al paese nuove sanzioni economiche, mentre il Commonwealth britannico sospese il paese per un anno (la sospensione fu prorogata a tempo indeterminato nel dicembre del 2003, causando l’uscita del paese dall’organizzazione).
Nel 2003 lo Zimbabwe fu nuovamente attraversato da una vasta ondata di proteste. In giugno, accusato di tradimento, venne posto agli arresti il leader dell’opposizione Morgan Tsvangirai; dopo due assoluzioni processuali, il governo ritirò le accuse contro Tsvangirai nel 2005. Le elezioni legislative del marzo 2005, svoltesi in un clima di violenze e intimidazioni, si conclusero con la vittoria dello ZANU-PF di Robert Mugabe, che conquistò i due terzi dei seggi del Parlamento. Le opposizioni del Movimento per il cambiamento democratico (MCD), che denunciarono innumerevoli brogli, ottennero il 40% dei voti e 41 seggi.

ECONOMIA

Tra le nazioni africane, fatta eccezione per il Sudafrica, lo Zimbabwe presenta un’economia particolarmente diversificata. I settori che hanno conosciuto il più elevato grado di sviluppo sono quelli minerario, agricolo e manifatturiero, nonché quello dei servizi finanziari. Il paese, che divenne autonomo dal punto di vista alimentare durante gli anni Settanta, faceva però registrare nel 1992 un reddito pro capite di soli 540 dollari, soprattutto a causa di una sostenuta crescita demografica e del ripetersi di frequenti fenomeni di siccità. Nei primi anni Novanta il governo poté quindi avviare un radicale programma di riforme, sostenuto dal Fondo monetario internazionale, per la liberalizzazione dell’economia. Gli ostacoli al commercio, eredità dell’epoca anteriore all’indipendenza, furono rimossi e le spese governative ridotte. I risultati immediati furono tuttavia un aumento del deficit della bilancia dei pagamenti e una crescita del tasso di disoccupazione, stimato nel 1994 intorno al 44% della forza lavoro. Nel 2005 il prodotto interno lordo ammontava a 3.372 milioni di dollari USA, pari a 259,20 dollari USA pro capite.
Il 26% della popolazione attiva è occupato nel settore primario, che fornisce il 18,1% (2005) del PIL. I prodotti che offrono i maggiori introiti sono tabacco e mais, coltivati principalmente nelle regioni settentrionali e centrali del paese, ai quali si aggiungono abbondanti raccolti di tè, caffè, cotone, canna da zucchero, arachidi, agrumi, frumento e sorgo. Una delle priorità dopo l’indipendenza fu quella di migliorare l’accesso al settore agricolo da parte dei coltivatori neri, fino ad allora impegnati esclusivamente nella coltivazione di piccoli appezzamenti; verso la metà degli anni Ottanta, nonostante frequenti annate di siccità e di carestia, essi contribuivano per quasi il 50% della produzione complessiva. Di rilievo è inoltre l’allevamento, soprattutto di bovini, caprini e animali da cortile, che ha consentito una significativa crescita del settore lattiero-caseario.
Le risorse minerarie dello Zimbabwe, la maggior parte delle quali si trova nella regione del Great Dyke, sono abbondanti e molto diversificate; il settore garantisce il 19% degli introiti provenienti dalle esportazioni. Il principale prodotto minerario è il carbone, di cui sono presenti ingenti depositi nella parte nordoccidentale del paese, nei pressi di Hwange; rilevanti sono inoltre le riserve di cromite, nichel, asbesto, minerale di ferro, cobalto, rame, oro, argento e diversi metalli rari. Scarseggiano invece petrolio e gas naturale.
L’industria manifatturiera ha conosciuto un considerevole sviluppo dopo la seconda guerra mondiale, specialmente nel periodo in cui furono inflitte al paese sanzioni economiche internazionali che lo costrinsero a rendersi autosufficiente. I principali settori sono quelli metallurgico, siderurgico, meccanico, alimentare, tessile e dell’abbigliamento, calzaturiero, cartario, chimico, farmaceutico, del cemento, della lavorazione del cotone e del tabacco. Mentre la produzione, sino alla fine degli anni Ottanta, era rivolta essenzialmente al consumo interno, nel corso degli anni Novanta, grazie a nuovi incentivi, si è assistito a una considerevole crescita delle esportazioni, soprattutto a livello regionale. Il comparto industriale fornisce il 22,6% (2005) del PIL, occupando il 28% della forza lavoro.
Il fabbisogno energetico del paese è soddisfatto per la metà da centrali idroelettriche (49,2%), tra le quali è particolarmente importante quella alimentata dall’imponente diga di Kariba, sul fiume Zambesi. Un contributo significativo (50,8%) è offerto inoltre dalle centrali alimentate a combustibile, sia vecchie sia di nuova costruzione, per le quali vengono sfruttati i ricchi giacimenti carboniferi nei pressi di Hwange.
Fino al 1990 i proventi delle esportazioni superavano di gran lunga i costi per l’importazione, ma nel 1991 la bilancia commerciale registrò un deficit, peggiorato ulteriormente dopo il 1994, soprattutto a causa dell’incremento delle importazioni di prodotti petroliferi, macchinari e mezzi di trasporto. Nel 2002 il valore totale delle esportazioni fu di 2.327 milioni di $ USA, a fronte di importazioni per 2.467 milioni di $ USA. I principali partner commerciali sono il Regno Unito, il Sudafrica, gli Stati Uniti e la Germania, verso i quali vengono esportati soprattutto minerali, semilavorati, tessili e prodotti agricoli. Il paese è diventato, a partire dagli anni Ottanta del Novecento, una delle mete turistiche più frequentate dell’Africa (2.287.000 arrivi nel 2006), grazie alla presenza delle spettacolari cascate Vittoria sullo Zambesi e dei grandi parchi e riserve naturali.
L’unità monetaria è il dollaro dello Zimbabwe, emesso dalla Reserve Bank of Zimbabwe. Il paese dispone di uno dei settori finanziari più sviluppati dell’intero continente africano, secondo solo al Sudafrica.
La rete stradale, asfaltata per il 19% ma in genere agevolmente percorribile, misura complessivamente 97.267 km, mentre quella ferroviaria si estende per 3.077 km e garantisce collegamenti con lo Zambia, il Botswana, il Sudafrica e i porti mozambicani sull’oceano Indiano. La maggior parte delle città principali è inoltre servita dal trasporto aereo.

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