Lesotho (nome ufficiale Kingdom of Lesotho, Muso oa Lesotho, Regno di Lesotho), stato dell’Africa australe; privo di sbocco al mare, costituisce un’enclave nel territorio del Sudafrica. Il paese, già protettorato britannico con il nome di Basutoland, divenne indipendente nel 1966. Ha una superficie complessiva di 30.355 km²; la capitale è Maseru.
Vari paesaggi del Lesotho.
IL TERRITORIO
Nella sezione occidentale il paese è occupato per circa un
terzo da un altopiano – la cui altitudine è compresa tra i 1.525 e i 1.830 m sul
livello del mare – dominato dai monti Maluti (o Maloti), che si estendono da
nord-est a sud-ovest. Quest’area offre la maggior parte delle terre coltivabili
del paese, sebbene il suolo sia più povero di quello posto alle quote più
elevate. Procedendo verso est, i rilievi si innalzano gradualmente fino a
raggiungere altezze superiori ai 3.000 metri sui monti dei Draghi, che
fiancheggiano il confine orientale del paese raggiungendo l’altitudine massima
con la vetta del Thabana Ntlenyana (3.482 m). Dai monti dei Draghi nasce il
fiume Orange.
Il clima è prevalentemente temperato, con marcate
escursioni termiche sia stagionali sia giornaliere, soprattutto sui rilievi più
elevati; nelle regioni occidentali le temperature massime oscillano tra i 32,2
°C del periodo estivo e i -6,7 °C di quello invernale. Le precipitazioni,
concentrate prevalentemente tra ottobre e aprile, registrano una media annua di
760 mm a ovest e di 1.905 mm nelle regioni montuose orientali, ma non sono
infrequenti annate di siccità.
LA POPOLAZIONE
Il Lesotho ha una popolazione di 2.128.180 abitanti
(2008), con una densità media di 70 unità per km². Nelle fertili aree
occidentali si concentra circa il 70% della popolazione, composta quasi
interamente dall’etnia sotho; irrilevanti sono le minoranze di europei e
asiatici. La capitale, Maseru, è la maggiore città del paese ed è sede
universitaria; altri insediamenti importanti sono Teyateyaneng, Mafeteng e
Hlotse.
La carenza di terre e la mancanza di un’offerta regolare
di lavoro ha indotto la popolazione maschile sotho a cercare lavoro in Sudafrica
(38% nei primi anni Novanta). Ciò ha comportato per le donne l’acquisizione di
un ruolo di primo piano all’interno della famiglia. Alla fine degli anni Ottanta
molti sotho persero però la propria occupazione a causa del crollo
internazionale del prezzo dell’oro e della recessione economica che colpì il
Sudafrica.
Le lingue ufficiali sono l’inglese e il sesotho,
appartenente alla famiglia bantu (vedi Lingue africane). Circa il 90% della
popolazione è di religione cristiana, in prevalenza cattolica (43%) e anglicana,
mentre il resto segue perlopiù credenze animiste locali.
L’istruzione è obbligatoria dai sei ai
tredici anni e la scuola elementare è gratuita e in gran parte affidata a
missioni cristiane, sotto la direzione dello stato. In controtendenza rispetto a
molti altri paesi in via di sviluppo, la scolarizzazione femminile è molto più
elevata di quella maschile, anche a livello di istruzione secondaria. Il tasso
di alfabetizzazione della popolazione adulta, che raggiunge l’85,7%, è uno tra i
più elevati del continente africano (il 95,1% delle donne e il 75,8% degli
uomini).
LA STORIA
La regione, abitata da tribù san,
venne raggiunta a partire dalla fine del XVIII secolo da allevatori sotho. La nazione sotho venne
unificata durante il periodo delle mfecane (le massicce migrazioni provocate
dall’espansionismo zulu) da Moshoeshoe I, che nel 1824 fondò un suo regno sui
monti dei Draghi, nell’alto corso del fiume Orange.
Entrato in conflitto dal 1838 con gli
afrikaner, Moshoeshoe accettò la protezione britannica. Nel 1868 il regno
diventò quindi protettorato britannico con il nome di Basutoland, ma nel 1871
venne posto sotto il controllo della Colonia del Capo contro il parere dei capi
sotho. Il conflitto che ne seguì indusse la Gran Bretagna a ristabilire il
controllo diretto sul regno nel 1884. Nel 1910 venne sancita l’incorporazione
del Basutoland nell’Unione Sudafricana, che non fu mai accettata dai capi sotho.
La regione conservò infatti l’autonomia, opponendosi all’annessione.
Nel 1952, con la fondazione del
Partito del congresso dei basotho (Basotho Congress Party, BCP), si diffusero le
richieste di indipendenza, alla quale il paese fu definitivamente avviato dopo
l’uscita del
Sudafrica dal Commonwealth nel 1961. Nel 1958 da una scissione del BCP
nacque il Partito nazionale basotho (Basotho National Party, BNP) di Joseph
Leabua Jonathan, che nel 1965 diventò primo ministro. Il Basutoland divenne
completamente indipendente nell’ottobre del 1966 con il nome di Lesotho, dandosi
un assetto istituzionale di tipo monarchico. I contrasti tra il re Moshoeshoe
II, sostenuto dal BCP e orientato su posizioni nazionaliste, e Jonathan, vicino
al Sudafrica, diedero luogo a un conflitto che avrebbe lacerato a lungo il
paese.
Sconfitto nelle elezioni del gennaio 1970, Jonathan dichiarò lo stato
d’emergenza, costringendo all’esilio per alcuni mesi lo stesso Moshoeshoe II.
Jonathan governò per decreti fino al 1973, anno in cui fu istituita un’Assemblea
nazionale provvisoria. Nel 1974 venne repressa nel sangue una prima rivolta, i
cui leader, rifugiatisi in Sudafrica, diedero vita a un Esercito di liberazione
del Lesotho (Lesotho Liberation Army, LLA).
Moshoeshoe II.
Nel 1976, dopo la strage compiuta
dalla polizia sudafricana nel ghetto di Soweto a Johannesburg,
Jonathan accolse i membri in esilio dell’African
National Congress (ANC), provocando la dura
reazione del regime razzista sudafricano. Nel 1977 il Sudafrica bloccò le
frontiere con il Lesotho, isolando il paese. Le relazioni tra i due governi si
deteriorarono ulteriormente quando Jonathan accusò il governo di Pretoria di
offrire asilo e sostegno ai ribelli dell’Esercito di liberazione del Lesotho.
Nel dicembre del 1982 un commando aerotrasportato sudafricano attaccò una base
dell’ANC a Maseru, uccidendo oltre quaranta persone tra cui molti bambini; altri
raid, tra cui uno nel 1985, provocarono numerose vittime e negli anni seguenti
il Sudafrica boicottò attivamente l’economia del Lesotho.
Nel 1986 Jonathan venne rovesciato da
un colpo di stato compiuto con
l’appoggio del governo sudafricano. Il potere, affidato formalmente a Moshoeshoe
II, venne di fatto esercitato da un consiglio militare presieduto da Justin
Lekhanya. Il nuovo regime operò un riavvicinamento al governo di Pretoria,
consegnando tra l’altro i membri dell’ANC esiliati nel Lesotho. A seguito di uno
scontro con il consiglio militare, nel marzo del 1990 Moshoeshoe II fu costretto
all’esilio e al suo posto venne eletto, nel novembre dello stesso anno, il
maggiore dei suoi figli, Bereng Seeisa, con il nome di Letsie III.
Il processo di riconciliazione avviato in Sudafrica dal
presidente Frederik Willem De Klerk e dal leader dell’ANC Nelson Mandela favorì
nel Lesotho, agli inizi degli anni Novanta, un analogo dialogo tra le forze
politiche. Nell’aprile del 1990 il generale Lekhanya venne deposto e nel 1993,
dopo l’adozione di una nuova Costituzione, si tennero elezioni multipartitiche
che sancirono la vittoria del BCP. Nell’agosto del 1994 il re Letsie III sospese
tuttavia la Costituzione, sciolse il Parlamento e destituì il governo guidato
dal leader del BCP Ntsu Mokhehle. Tuttavia il mese successivo, in seguito
all’intervento di Botswana, Sudafrica e Zimbabwe, egli dovette fare marcia
indietro e abdicare in favore del padre, il quale ritornò dall’esilio all’inizio
del 1995. Letsie III tornò a regnare sul paese nel febbraio del 1996, dopo la
morte di Moshoeshoe II.
Nel 1997 il BCP si divise, dando vita al Congresso per la
democrazia nel Lesotho (Lesotho Congress for Democracy, LCD). Guidato dal primo
ministro Ntsu Mokhehle e da Pakalitha Mosisili, il LCD si aggiudicò le elezioni
del maggio 1998, cui tuttavia seguirono violenti disordini cessati solo ad
agosto in seguito all’intervento delle forze armate del Botswana e del Sudafrica
e alla costituzione di una commissione per l’organizzazione di nuove elezioni.
Nel febbraio del 2000 grandi festeggiamenti popolari
accompagnarono le nozze del re Letsie III con una giovane borghese. Nel 2002,
dopo mesi di difficili trattative, si tennero le elezioni legislative, che
registrarono una nuova vittoria del Congresso per la democrazia di Pakalitha
Mosisili.
L' ECONOMIA
Il Lesotho, con un prodotto interno
lordo di 1.494 milioni di dollari USA, pari a 749,10 dollari USA pro capite
(2006), è uno dei paesi meno sviluppati del mondo e la sua economia dipende in
larga misura da quella del Sudafrica. Circa il 57% della forza lavoro non
emigrante è impiegata nel settore agricolo, che contribuisce per il 16,3% alla
formazione del PIL annuo.
I tentativi di sviluppo industriale hanno avuto qualche
successo in termini di diversificazione dell’economia e di esportazioni, ma non
sono riusciti a creare posti di lavoro sufficienti per far fronte all’ipersfruttamento
della terra e alla crescita demografica. Nel 2006 il settore industriale
contribuiva per il 43,2% alla formazione del PIL e garantiva oltre la metà dei
profitti provenienti dall’esportazione. Il turismo, in particolare quello dal
Sudafrica, ha avuto un rapido sviluppo a partire dagli anni Ottanta. Tuttavia,
gli accennati progressi hanno ridotto solo parzialmente la dipendenza economica
del paese dalle rimesse dei lavoratori emigrati. I guadagni che costoro fanno
affluire in patria (la maggior parte del reddito per circa il 60% delle
famiglie) consentono di compensare parzialmente l’enorme deficit commerciale,
garantendo al Lesotho un pur modesto surplus nella bilancia generale dei
pagamenti.
L’agricoltura, che garantisce circa un quarto dei proventi
da esportazioni, deve comunque fronteggiare vari problemi, tra cui i ricorrenti
periodi di siccità. Inoltre le scarse terre coltivabili (solo l’11% dell’intero
territorio) a causa dell’alta densità di popolazione sono sottoposte a uno
sfruttamento eccessivo e dunque a un graduale impoverimento. Mais, frumento,
sorgo e frutta sono le principali coltivazioni. Discretamente sviluppato è
l’allevamento (soprattutto ovini, caprini e bovini), praticato perlopiù sui
pascoli montani.
Nel paese, povero di risorse naturali, si trovano
giacimenti diamantiferi, il cui sfruttamento su vasta scala è però cessato nei
primi anni Ottanta. Attualmente l’acqua è considerata la più importante risorsa
naturale. È ancora in via di realizzazione un progetto, lo Highlands Water
Scheme, che prevede la costruzione di una serie di grandi dighe e trafori per
consentire l’erogazione di acqua nelle aree industriali del nord-est del
Sudafrica. Inoltre la produzione idroelettrica dovrebbe consentire al Lesotho di
soddisfare il proprio fabbisogno di energia, oggi importata quasi totalmente dal
Sudafrica.
Il Lesotho ha sempre registrato un
deficit di bilancio, anche se l’introduzione, nel 1990, di un programma
quadriennale di riforme economiche ha consentito al governo di ridurlo a meno
dell’1% del prodotto nazionale lordo, contro il 10% della fine degli anni
Ottanta. Nel 2002 il valore totale delle esportazioni era di 358 milioni di $
USA, a fronte di importazioni per 800 milioni di $ USA. Le importazioni
consistono principalmente di generi alimentari, abbigliamento, materiali per il
trasporto, macchinari e combustibile. Semilavorati, prodotti chimici, lana e
mohair rappresentano invece le maggiori voci d’esportazione.
L’unità monetaria è il loti, diviso in
cento lisente. Il Lesotho, insieme alla
Namibia, allo
Swaziland e al Sudafrica, è membro
dell’Area della moneta comune. Ciò significa che il corso del loti è fissato
alla pari con quello del rand sudafricano e che i tassi di interesse bancario
sono vincolati a quelli del Sudafrica. D’altronde gli scambi commerciali
avvengono in gran parte con lo stesso Sudafrica, attraverso la SACU (Unione
doganale sudafricana). I pagamenti ai paesi della SACU – che include anche il Botswana e lo
Swaziland – vengono calcolati in base alla quota percentuale che ogni paese
investe nel commercio interno all’Unione. I tre paesi minori ricevono una quota
in più a risarcimento della limitazione della propria indipendenza commerciale.