Analfabetismo

Innanzitutto è opportuno chiedersi: cos'è l'analfabetismo? Si può definire come  un grave deficit intellettuale nella vita di una persona, riguardante il diritto di accesso all’istruzione e alla cultura. In pratica vuole dire non saper leggere, né scrivere, o entrambe le cose.
L’analfabetismo colpisce 990 milioni di persone (il 22% della popolazione mondiale), di cui il 64% sono donne. La maggioranza degli analfabeti vive nel Sud del mondo dove non è facile frequentare una scuola o si è costretti a lavorare per sopravvivere.
Uno dei problemi che si collega dunque a quello della povertà e della fame è la mancanza di istruzione che raggiunge le punte più elevate nelle zone più povere del mondo, in questo caso l' Africa. Nonostante gli sforzi nati dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, i risultati ottenuti sono assai modesti e gli esperti dell' Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l' Educazione, la Cultura e la Scienza) prevedono che verso la fine di questo secolo la cifra si avvicinerà a un miliardo di analfabeti.

Il 70% della popolazione in Africa è analfabeta e i bambini che non riescono ad arrivare all'ultima classe della scuola elementare sono circa 42 milioni; per il resto della popolazione vivente nelle campagne, e legata all'agricoltura tradizionale o alla pastorizia, la scuola non ha molto significato per il fatto che non serve a migliorare la vita di tutti i giorni.


Bambini a scuola in Africa

La lingua adottata nelle scuole africane è quella ereditata dai colonizzatori europei, anche se sconosciuta per la stragrande maggioranza della popolazione. L'istruzione presente in queste parti del mondo introduce modelli e riferimenti estranei che svalutano la cultura tradizionale, minandone l'omogeneità. Il risultato negativo di tutto questo è che la cultura tradizionale sviluppatasi negli ultimi decenni sempre più divide e discrimina le persone. Un' altra conseguenza dell' analfabetismo è quello di ritorno, ovvero quello in cui le persone che sono state a scuola dimenticano rapidamente quanto imparato, non avendo occasione di usufruire degli strumenti culturali acquisiti. Il problema più grave rimane comunque il fatto che nelle società più povere, come appunto l' Africa e il terzo mondo in generale, i bambini non hanno la possibilità di andare a scuola poiché hanno l'obbligo di lavorare per contribuire al sostentamento della famiglia. Essi vengono sfruttati per pochi soldi tra le dieci e le dodici ore al giorno, in situazioni ambientali spesso dannose per la loro salute. Un' altra causa  dell'analfabetismo è il fatto che vi sono carenze strutturali, di attrezzature e di personale. Un mezzo possibile per sconfiggere l'analfabetismo sarebbe riformare le strutture socio-economiche di questo paese e rinnovare i metodi e contenuti educativi, introducendo criteri di formazione professionale.

 

La discriminazione femminile

Un altro problema fondamentale è quello della condizione femminile; infatti una donna in Africa vive in condizioni di inferiorità che
si manifestano a seconda della struttura familiare, sociale ed economica. In genere il valore sociale in queste società dipende dal numero di persone che permettono un migliore auto-sostentamento famigliare.  Il riconoscimento del ruolo della donna è legato alla sua capacità di procreare molti figli, comportando così per lei l'indebolimento fisico e rischi di morte prematura. Ogni anno infatti muoiono circa tre milioni di donne, per complicazioni dovute al parto.


Donna intenta a lavorare nei campi

Inoltre i terreni più fertili vengono accaparrati dal governo o dai privati per le coltivazioni dei prodotti commerciali, alle donne invece vengono lasciati i campi che danno minor resa, obbligandole così ad una maggior fatica.
Le donne più povere del terzo mondo, dunque, devono spesso eseguire un lavoro pesante, che va dalla preparazione del cibo al trasporto dell'acqua e della legna su lunghe distanze (fino a 10-15 km al giorno).
In Africa le donne realizzano i tre quarti del lavoro agricolo, e un' altra causa della loro morte è proprio la fatica e l'insufficiente nutrizione.
Il lavoro potrebbe essere alleggerito e diventare più proficuo se le donne potessero usare attrezzature e metodi più moderni ed adeguati, ma l'accesso ai corsi di formazione per l'uso di questi è riservato esclusivamente agli uomini.

In questi ultimi anni sia nelle zone rurali che quelle urbane vi è l'aumento delle famiglie con a capo una donna, dovuto al fatto che sempre più spesso gli uomini sono costretti ad abbandonare il nucleo famigliare per andare a cercare lavoro lontano.

Ecco alcune denuncie fatte a carico delle donne del terzo mondo: "Milioni di donne in tutto il mondo sono soggette a violenze fisiche e sessuali, con limitata possibilità di ricorso alla giustizia. A causa della discriminazione di genere, le bambine hanno minori probabilità di andare a scuola: nei Paesi in via di sviluppo, quasi una bambina su 5 iscritta alla scuola primaria non completa gli studi. Il livello di istruzione femminile risulta correlato a migliori prospettive di sopravvivenza e sviluppo per i bambini. La violenza fisica registra anche il crudele fenomeno delle mutilazioni genitali subite da 130 milioni fra donne e bambine, mentre è più elevato il rischio contagio Hiv per le donne che spesso non conoscono le modalità di trasmissione del virus".

 

 

La migrazione forzata

Il trasferimento dal proprio paese verso quelli più industrializzati è solo un aspetto del più complesso fenomeno di abbandono della propria terra di origine.
Si calcola che negli ultimi 30 anni almeno 35 milioni di persone in Africa si siano trasferite dal sud al nord del mondo. Coloro che emigrano sono i più giovani e i più intraprendenti, spesso con un  buon livello di migrazione.

Le cause sono molteplici. Una è quella della guerra e delle discordie tra i paesi africani. Infatti con 74 conflitti armati nel corso degli ultimi 60 anni, l'Africa è la regione del mondo con la più alta incidenza di guerre. Dalla Repubblica democratica del Congo alla crisi della Sierra Leone, gli anni più recenti hanno visto molte regioni africane coinvolte in guerre interne o esterne. Alla fine del 2007, otto Paesi erano ancora in conflitto, tra i quali il Sudan e la Somalia, che sono a tutt'oggi coinvolti in situazioni belliche particolarmente gravi.
Lunghi periodi di conflitti, di violenza generalizzata e di persecuzione delle minoranze etniche nonché dei dissidenti, hanno spesso comportato spostamenti massicci di popolazioni , sia all'interno sia fuori dei confini nazionali. Le profonde discordie in Mozambico e Ruanda hanno prodotto, ad esempio, ciascuno in diversi momenti, oltre un milione di migranti forzati.  Questo è solo una delle cause della migrazione forzata. Altre sono mancanza di cibo e disoccupazione.

Per quanto riguarda la mancanza di cibo, ad esempio lo Zimbabwe sta affrontando il suoi peggiori anno dal punto di vista della fame e le donne sono quelle che stanno sopportando il peso maggiore, dato che sono loro che combattono per servire i propri figli e uomini. La forte carenza di cibo nei villaggi delle zone rurali ed urbane del paese stanno portando la maggior parte della popolazione verso il completo esaurimento delle provviste mentre solo qualcuno riesce a sopravvivere mangiando radici degli alberi e frutti selvatici. Tre quarti degli abitanti dello Zimbabwe, circa sei milioni di persone, sta affrontando la fame in questo paese dominato dall’inflazione. Inoltre vi è anche il problema dell' acqua per coloro che vivono nelle aree urbane. Alcune aree sono rimaste e rimangono addirittura senza una goccia d’acqua per mesi dato che le autorità locali non hanno accumulato abbastanza moneta straniera per comprare prodotti chimici per trattare l’acqua. E quando ritorna l’acqua, è maleodorante, senza gusto, portatrice di terribili malattie. Proprio a causa di questo una epidemia di colera è stata rilevata in tutto il paese.


Bambini giocano presso una struttura d'assistenza in una bidonville di Kinshasa, RDC.

Riguardo la disoccupazione, gli economisti distinguono quattro tipi di disoccupazione: frizionale, stagionale, strutturale e ciclica.
La disoccupazione frizionale si ha quando i lavoratori in cerca di impiego non lo trovano immediatamente: durante la ricerca vengono considerati disoccupati. L’ammontare della disoccupazione frizionale dipende dalla frequenza con la quale i lavoratori cambiano lavoro e dal tempo impiegato per trovarne uno nuovo. Questo tipo di disoccupazione può essere in qualche modo ridotto da un più efficace servizio di collocamento; un certo livello di disoccupazione frizionale è comunque ineliminabile.
La disoccupazione stagionale si verifica quando le industrie hanno un calo di produzione in un certo periodo dell’anno, come il settore edilizio durante l’inverno.
La disoccupazione strutturale nasce dallo squilibrio tra il tipo di lavoratori richiesto dai datori di lavoro e le persone in cerca di occupazione. Il progresso tecnologico, ad esempio, impone nuove specializzazioni in molti settori, rendendo inadeguati i lavoratori che ne siano privi. Lo stabilimento di un’industria in crisi può chiudere o trasferirsi in un’altra zona, licenziando quei dipendenti che non accettano di trasferirsi; d’altro canto, persino i lavoratori più qualificati possono restare disoccupati, se non c’è sufficiente domanda per il loro tipo di professionalità. Se poi i datori di lavoro reclutano il personale secondo principi discriminatori di sesso, razza, religione, età o provenienza, la disoccupazione può aumentare anche in presenza di una forte richiesta di manodopera.
La disoccupazione ciclica infine è determinata da una generale carenza di offerta di lavoro, causata da un calo della domanda di beni. Quando il ciclo economico tende verso il basso, la domanda di prodotti e servizi cade, provocando ondate di licenziamenti.
 

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