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Non si sa con certezza quando i Polinesiani iniziarono a praticare questo
sport, ma alcuni canti Hawaiiani risalenti al quindicesimo secolo trattano di
surf e dimostrano che già allora si tenevano perfino delle competizioni, durante
le quali si sfidavano Re e capi di alto rango sociale. Le scommesse erano un
forte incentivo per la pratica dello sport e quando le onde raggiungevano
dimensioni impressionanti le scommesse riguardavano perfino proprietà personali
e veniva messo in gioco orgoglio ed onore dei partecipanti.
Il primo Europeo che osservò e descrisse questo sport fu
James Cook, che nel
dicembre 1777 vide un indigeno di Tahiti farsi trasportare da un’onda su una
canoa; nel suo diario di bordo Cook scrisse: "Mentre osservavo quell'indigeno
penetrare su una piccola canoa le lunghe onde a largo di Matavai Point, non
potevo fare a meno di concludere che quell'uomo provasse la più sublime delle
emozioni nel sentirsi trascinare con tale velocità dal mare". L'anno successivo,
approdando ad Hawaii, Cook vide finalmente degli uomini scivolare sull'acqua in
piedi su lunghissime tavole di Koa lunghe cinque metri e mezzo e pesanti
settanta chili.
Gli Ali'i (i Re hawaiiani) sostenevano di essere i più abili e competenti nella
pratica del surf, che stabiliva una sorta di privilegio nelle antiche Hawaii
perché fortemente riservato a loro. Le persone comuni che surfavano godevano di
speciali privilegi nelle cerchie reali e guadagnavano lo status di "capi" in
base alla loro abilità e resistenza fisica.
Il surf serviva come addestramento agli Ali’i per mantenere la forma fisica
richiesta per la loro posizione sociale. I Re avevano shapers e spiagge
personali in cui surfavano soltanto con altri della stessa classe sociale e
nessuno osava entrare in acqua con loro.
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La costruzione delle tavole veniva sempre accompagnata da una certa
cerimonialità: dopo aver scelto l'albero giusto, ad esempio, prima del taglio
veniva offerto alla terra un pesce in segno di riconoscimento, quindi il tronco
veniva accuratamente liberato dei rami e sagomato con il solo aiuto di strumenti
naturali fatti di pietra e ossa. Il tronco veniva successivamente trasportato
nel riparo dove venivano custodite le canoe, dove avveniva il vero e proprio
lavoro di sagomatura e finitura della tavola. In questa fase venivano usati il
corallo che si trovava sulle spiagge ed una pietra ruvida chiamata 'oahi, grazie
ai quali le superfici delle tavole venivano perfettamente levigate. La finitura
avveniva spalmando la tavola con la stessa sostanza scura con cui venivano
laccate le canoe, fatta con la cenere, il succo di una pianta grassa, il succo
della parte interna di una radice e il succo dei germogli di banano. Uno strato
di olio tratto dalle noci di kukui dava alla fine una perfetta impermeabilità
alla tavola.
L’importanza dello spirito del surf subì un certo declino durante il
diciannovesimo secolo, in parte perché i missionari cristiani ne scoraggiarono
la pratica ritenendolo una distrazione nociva, in parte perchè alle Hawaii nel
1819 - contemporaneamente alla fine del sistema sociale Kapu - venne interrotto
il Makahiki, una festa annuale della durata di 3 mesi (da metà ottobre a metà
gennaio) dove all'arrivo delle grandi onde invernali gli hawaiiani fermavano
ogni lavoro ed altra attività ed iniziavano a vivere un periodo di grande festa
con musica, danze, canti e tornei di tutti gli sport hawaiiani incluso il surf.
Oggi questa festa viene ricordata con la celebrazione della "settimana Aloha".
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Tale declino fu determinato inoltre dalle restrizioni della nuova religione,
dalla stessa attrazione degli hawaiiani per le nuove culture con cui entravano
in contatto, dal sempre minor tempo libero dovuto ai nuovi sistemi lavorativi,
ma soprattutto dall'arrivo, con i colonizzatori, di malattie prima sconosciute
sulle isole ed alle quali gli indigeni non erano preparati, che decimarono la
popolazione.
Verso la fine del diciannovesimo secolo il surf ebbe una leggera e breve ripresa
durante il regno del Re Kalakaua (1874-1891), il quale si battè per recuperare
tutto ciò che caratterizzava l'antica cultura hawaiiana, incoraggiandone ogni
forma d'espressione quali la danza hula, i canti e tutti gli sport. A questo
periodo, precisamente al 1885, risale il "battesimo" del surf sulla costa
americana, dove alcuni Hawaiiani che frequentavano una scuola militare a San
Mateo, in California, si costruirono delle tavole di sequoia e surfarono le onde
alla foce del fiume San Lorenzo davanti ad un pubblico meravigliato ed
affascinato dalla loro abilità, che fece scoccare la passione per questo sport
anche sul continente.
All’inizio del ventesimo secolo il punto d’incontro per la poca gente che ancora
praticava il surf era la zona di Waikiki, sull’isola di Oahu, dove un gruppo di
americani aveva fondato l’Outrigger Canoe and Surfing Club
ed un gruppo di
surfisti Hawaiiani, tra cui
Duke Kahanamoku, aveva fondato l’Hui Nalu Surfing
Club. Allora l’unico hotel esistente a Waikiki era il Moana Surfrider, immerso
nel verde delle palme e dei banani.
Alla fine degli anni venti le Hawaii iniziarono ad essere frequentate dai pochi
turisti che potevano permettersi il viaggio. In quel periodo Rabbit Kekay segnò
un passo storico per il surf, inventando un nuovo stile chiamato “hot dogging”:
dopo aver imparato su pesantissime tavole di legno lunghe cinque metri, iniziò
ad usare tavole di koa lunghe poco meno di due metri, simmetriche in nose e tail,
con un profondo vee nella parte posteriore. Con quelle si riusciva ad effettuare
manovre più strette e si poteva finalmente seguire la parete dell’onda.
Osservando il suo stile, il resto dei surfisti imparò ad effettuare il bottom
turn e a manovrare più agilmente anche le tavole lunghe.
Negli anni trenta gente proveniente da tutte le parti del mondo si recava a
Waikiki, dove i beach boys erano diventati famosi per la pratica del surf, della
canoa hawaiiana a bilanciere, e la musica. Fino ad allora, per tanti secoli, gli
Hawaiiani avevano conservato il surf per loro stessi e soltanto grazie
all’avvento del turismo su quest’isola, il mondo poteva conoscere le meraviglie
ed il fascino del surf.
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Con gli anni quaranta e la seconda guerra mondiale il surf subì un nuovo colpo
dolente. Con l'ingresso degli Stati Uniti nella guerra le Hawaii furono
sottoposte alla legge marziale e le spiagge hawaiiane furono invase da milizie e
disseminate di filo spinato.
Passati questi anni grigi venne l’epoca dorata del surf moderno, che gli
americani ricordano come i favolosi anni cinquanta. Grazie alla prosperità del
dopoguerra ed al grande passaparola effettuato dai militari che in qualche modo
erano passati alle Hawaii, i surfisti invasero onde e spiagge come mai prima. La
prima gara internazionale di surf a Makaha, che fu vinta da Rabbit Kekai con una
tavola di balsa monopinna fatta da Matt Kivlin, si tenne nel 1956 ed è diventata
una tra le manifestazioni internazionali di surf più importanti del mondo. Gran
parte dei criteri e delle tecniche di gara del longboard moderno trae origine
proprio da questo famoso evento.
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L'arte del surf ebbe un fiorente periodo negli anni sessanta, quando furono prodotti decine di film sul surf. Il più famoso fu “The Endless Summer”, che generò e diffuse un’immagine molto positiva di questo sport. Tra gli altri, “Blue Hawaii”, con Elvis Presley, “Ride the Wild Surf”, “The Golden Breed”, “Gidget Goes Hawaiian”, “The Fantastic Plastic Machine”, “For Those Who Think Young”, “Ride The Wild Surf”, “The Big Surf” e molti altri. La popolarità del Surf in questo momento in tutto il mondo era in continua espansione, così come la risonanza che avevano i surf contest. La prima rivista stampata di surf, “Surfing Magazine”, fu fondata proprio nel 1960. Camicette hawaiiane e gruppi musicali surf (come Beach Boys, Surfaris, Ventures, ecc.) erano molto popolari e ad Huntington Beach, California, fu svolto il primo surf contest della storia degli Stati Uniti e finalmente, durante gli anni settanta, il surf veniva considerato oltre che uno sport, uno stile di vita.
Oggi il surf è praticato in oltre 500 paesi del mondo e da persone di ogni età,
da uomini e donne. Il surf è lo sport che ha sparso gente nei mari e negli
oceani di tutto il mondo durante i secoli perché nessuna sensazione può essere
paragonata a quella che si prova scivolando sull’acqua spinti solo dal movimento
di una lunga parete liquida.