Sotto la presidenza di Thomas Woodrow Wilson scoppiò la prima guerra mondiale. Gli Stati Uniti, rimasti in un primo tempo neutrali, svolsero tuttavia una parte importante rifornendo di grano, vestiti, armi, macchine per l'industria bellica i due paesi a cui erano legati da forti vincoli storici, Gran Bretagna e Francia. Solo nel momento in cui i tedeschi diedero il via alla guerra sottomarina nell'Atlantico contro i convogli mercantili anche di paesi neutrali, il presidente Wilson dichiarò guerra alla Germania (6 aprile 1917). Sotto il comando del generale Pershing le truppe americane, diedero un contributo decisivo sul fronte franco-tedesco della Mosa e delle Argonne.
Il Primo Dopoguerra: un Periodo di Prosperità
Alla fine della prima
guerra mondiale gli Stati Uniti si affermarono come la maggiore potenza
economica del mondo disponendo di grandi risorse minerarie ed energetiche, di
un’altissima produzione industriale, di una piena autonomia alimentare e
favoriti dall’egemonia esercitata sull’America centrale e meridionale. Nelle
nuove forme di comunicazione, come la radio e il cinema, nei nuovi sistemi di
trasporto, come l'aviazione, nei settori di punta dell'industria, come la
chimica e la siderurgia, gli Stati Uniti erano all'avanguardia mondiale perché
disponevano non solo dei capitali, ma anche del sapere tecnologico e
scientifico. A questi elementi si aggiunse una intensa espansione commerciale
sostenuta da sistemi di vendita che agevolavano la cosiddetta civiltà dei
consumi, riversando sul mercato un’enorme quantità di merci stimolando gli
acquisti con l’uso massiccio della pubblicità e della vendita a rate. Dal 1921
al 1928 (i cosiddetti anni ruggenti) e classi agiate americane raggiunsero un
benessere fino allora mai goduto, sebbene crescesse il divario tra ricchi e
poveri. I tratti delle moderne società erano già presenti nelle fabbriche e
nelle città americane degli anni Venti, compresi i fenomeni deteriori,
evidenziati dalla piaga del gangsterismo, fiorito in seguito alle misure
proibizionistiche.
Il Crack del 1929 e il "New Deal"
I nodi dell'economia e della
finanza si intrecciarono nella grande crisi scoppiata nell'ottobre del 1929, con
il crollo della Borsa di New York, a cui né i
mezzi della finanza né quelli dello stato poterono porre rimedio, così che
migliaia di aziende fallirono e la disoccupazione salì fino al punto di
interessare nel 1934 il 25% della popolazione attiva (circa 13 milioni di
americani). Era ormai cominciata la "Grande
Depressione".
Nelle elezioni del 1932 fu eletto presidente il candidato del
partito democratico, Franklin Delano Roosevelt, a cui andarono i voti dei ceti
medi, dei contadini, degli operai, dei disoccupati, ossia di quei settori
maggiormente esposti alla crisi. Roosevelt, uomo di grande prestigio personale,
incarnò le speranze di rinascita dell'economia americana e di sviluppo della
società. La piattaforma elettorale fu all'insegna della parola d'ordine del "New
Deal" ("nuovo corso").