Quello che è passato alla storia come il periodo del New Deal rooseveltiano,
fu caratterizzato da una complessità di indirizzi politici generali e da una
quantità di contraddizioni tali da rendere perplessi e discordi anche gli
storici più recenti sopra una sua interpretazione e definizione globale. Il New
Deal segnò l’inizio di un periodo di riforme economiche e sociali che
sollevarono ad un livello mai raggiunto prima le forze progressiste e
democratiche degli Stati Uniti.
Roosevelt intraprese una febbrile attività che lo portò ad
ottenere dal Congresso poteri speciali di emergenza ed a fargli approvare in
appena 3 mesi (i famosi "100 giorni"), un gran numero di leggi e di misure che
vararono concretamente il New Deal, come l'"Emergency Banking Act", che decretò
le ferie nazionali delle banche, l'approvazione del "Federal Emergence Relief
Act", un ente di assistenza nazionale e l' approvazione dell'"Agricultural
Adjustement Act", che stabilì una politica agricola nazionale con un emendamento
che conferì al presidente i poteri per la espansione monetaria. In ordine di
importanza il primo problema che assillò Roosevelt fu quello della
riorganizzazione dell’ economia agricola; a parte i lavoratori neri, nessun
altra categoria sociale era stata più duramente colpita dalla depressione di
quella degli agricoltori. L’anima del programma agricolo fu Henry Agard Wallace,
studioso di agronomia e autentico braccio destro del presidente.
Il programma stabilito dall’A.A.A. (Agricultural Adjustement
Act), prevedeva un generale riassorbimento agricolo che avesse come direttive
principali la limitazione della produzione e la distribuzione delle eventuali
eccedenze in altri campi. A ciò si accompagnava la stabilizzazione dei prezzi
tramite prestiti governativi, il controllo del mercato, la facilitazione delle
esportazioni e la assegnazione domestica ai coltivatori. All’inizio l’A.A.A.
incontrò l’ostilità di molti medi e grandi agricoltori che si rifiutarono di
accettare le misure di controllo (pianificazione, limitazioni imposte dal
governo), ma dal 1934 il meccanismo iniziò a funzionare e portò ad un generale
riassestamento dell’economia agricola.
Un altro campo a cui si applicò la spinta riformatrice di Roosevelt e dei suoi collaboratori, fu quello dell’assistenza ai disoccupati. Lo scopo principale era quello di non accedere a forme di sussidio diretto, ma di impiegare la manodopera disponibile in imprese di utilità pubblica. Il progetto assistenziale si saldò così con quello di incremento dei lavori pubblici a spese dello Stato: i lavoratori vennero impiegati nella costruzione di strade e scuole, nella bonifica di terreni, nella sistemazione di aree destinate a parchi di ricreazione. Ancora una volta l’iniziativa riformatrice si scontrò con il malcontento di molti privati, che vedevano nel progetto una minaccia alla disponibilità di manodopera a basso costo per le loro imprese.
Nel 1934, mentre l’economia degli Stati Uniti manifestava una netta ripresa in tutti i campi, l'opposizione dei conservatori al New Deal si fece sempre più forte ed organizzata. Questi si scagliarono contro il "trust di cervelli" del presidente (contro cioè quel gruppo di intellettuali che si sarebbero sostituiti agli industriali nella direzione dell’economia del paese ), alleandosi ad alcuni politicanti senza scrupoli: nel 1935, sotto la pressione crescente dell’opposizione di destra, il Governo inaugurò un indirizzo politico ed economico per certi aspetti diverso da quello seguito nei 2 anni precedenti. Si parla a questo proposito di un secondo New Deal (durato dal 1935 al 1940). Alcune istanze fondamentali del "vecchio programma" rimasero in vita; in più ne vennero introdotte di nuove per adeguare il precedente indirizzo alla nuova realtà economica americana.