Introduzione

 

I primi europei a giungere nell’america settentrionale sono stati i vichinghi, che commerciarono in quelle regioni verso il 1.000 d.c.

Poi scomparvero finché nel 1.500 circa vi penetrò una nuova ondata di occidentali. Quando gli Europei arrivarono in america, gli indiani occupavano l’intero continente: foreste pluviali, deserti,pianure e l’artico. Lo sviluppo ineguale dei nativi determinò il quadro assai incoerente che si offrì agli europei al momento del loro arrivo: culture preistoriche di cacciatori pescatori e raccoglitori accanto a popolazioni agricole stabili che hanno dato vita a civiltà superiori.

Le popolazioni del territorio compreso fra il Mississipi-Missouri, l’atlantico, i grandi laghi e la costa del golfo del Messico erano agricoltori stabili e all’arrivo degli Europei non erano neppure lontane dal livello di civiltà superiore. Sono note le loro federazioni politiche, la lega degli Huroni, l’unione del Creek e soprattutto la lega degli Irochesi, che col suo intervento nel conflitto tra inglesi e francesi contribuì a determinare il rapporto di queste regioni con l’occidente europeo. Le steppe occidentali erano pascoli di bufali in gran parte disabitate se non per occasionali battute di caccia; con l’occupazione europea divennero dal sedicesimo secolo la sede permanente di molte stirpi indiane, quella che comunemente viene denominata “civiltà delle praterie”. In realtà gli Algonchini della regione dei grandi laghi migrarono verso occidente alla ricerca dei castori per soddisfare la richiesta dei mercanti europei. Gli Algonchini spinsero altre stirpi nelle praterie dove, abbandonata l’agricoltura divennero nuovamente cacciatori nomadi di bufali. Solo la diffusione del cavallo, importato dall’Europa attorno al 1.700 diede alla  civiltà delle praterie il carattere di b

Rappresentazione di un villaggio Arawak

ellicose orde di cavalieri che ornato il capo di piume sedevano intorno ai fuochi dei bivacchi davanti alla grandi tende di pelle.

L’arrivo degli Europei mutò irrimediabilmente il volto dell’intero continente e la vita delle popolazioni indigene. Vichinghi, Inglesi, Francesi e Spagnoli esplorarono le coste americane, quindi vi si stabilirono in modo permanente. Giunsero poi coloni, missionari ed esploratori, che diffusero malattie, distruzioni, disordini, sconvolgendo la vita tradizionale degli indiani. Nel giro di pochi secoli l’antico modo di vivere degli Indiani d’america venne cancellato per sempre.

 

I fatti principali

 

Nel 1492 Cristoforo Colombo approda a San Salvador e descrive i primi Indiani che incontra, della tribù degli Arawak, come “sinceri”,”miti”,”pacifici” e “generosi”, ma nelle corti europee ci si chiede se sono esseri umani, se sanno ragionare, e soprattutto se hanno un’anima. Quando 20 anni dopo papa Giulio II dichiarerà che gli Indios possiedono un’anima gli spagnoli hanno già fatto strage dei nativi: si calcola che fra epidemie e guerre solo un 10% della popolazione dell’america centrale e dei Caraibi sia sopravvissuta dopo l’arrivo degli Europei.

Malgrado l’affermazione del papa, gli Indiani vengono considerati dei selvaggi da tutti gli Europei;  i conquistatori si sentono in diritto di violentare le donne e di catturare gli Indiani per venderli come schiavi e realizzare il finanziamento per le successive spedizioni. L’america del nord viene raggiunta da numerose e successive ondate migratorie di francesi, inglesi, tedeschi, olandesi.

Nel 1550 circa si diffusero i cavalli portati dagli Spagnoli e il loro impiego determinò moltissime modificazioni: le mandrie di bisonti vennero ridotte ulteriormente, la popolazione nomade crebbe e attribuì maggiore importanza ai prodotti agricoli ottenibili dai popoli sedentari. Si

Cristoforo Colombo

 determinarono così stati di tensione e scontri di valori culturali diversi e le incursioni divennero prevalenti. Nel corso del diciannovesimo secolo anche gli europei si diedero alla caccia al bisonte con i loro fucili e le mandrie furono decimate.

Jacques Cartier

Nel 1534 il francese Jacques Cartier scende il fiume San Lorenzo: le malattie dei suoi uomini contagiano gli Irochesi, mentre gli Indiani salvano dalla morte da scorbuto gli Europei, dando loro un infuso di foglie di cedro bianco.

 

Interessi dei conquistatori

 

I Francesi hanno interessi commerciali, soprattutto comprano dagli indiani le pellicce di castoro: la richiesta sempre più forte di questa materia prima, per soddisfare le esigenze della moda europea, sconvolgerà il sistema culturale e la vita delle tribù indiane; e nel 1600 le guerre saranno lo strumento per risolvere la gestione del giro d’affari tra gli europei per il monopolio del mercato delle pellicce.

Inglesi e Olandesi sono interessati all’occupazione delle terre: non importa se per averla devono occuparla, comprarla o rubarla.

Ma la differenza culturale è enorme: gli Indiani pensano che “non si vende la terra su cui si cammina” (Cavallo Pazzo, dei Sioux). La situazione nelle colonie inglesi è esplosiva: i coloni sono un piccolo gruppo di bianchi in territorio nemico, sono affamati e con l’uso delle armi da fuoco saccheggiano i villaggi indiani per procurarsi il cibo. Le schermaglie diventano scontri, gli scontri si trasformano in guerre. 1610: gli indiani uccidono 2 coloni; gli inglesi per rappresaglia distruggono due villaggi indiani massacrando anche vecchi, donne e bambini. Seguono furti, estorsioni, angherie finché gli indiani esasperati reagiscono violentemente.

1622: i Powatan scendono in guerra e uccidono 350 inglesi. Inizia il bagno di sangue ed una guerra condotta dai bianchi senza regole: vengono uccise persino le delegazioni indiane inviate per trattare e vengono sterminati donne e bambini.

1646: gli Indiani, ormai stremati, accettano di abbandonare le loro terre per essere confinati e sorvegliati in territori stabiliti dagli inglesi ai limiti della colonia.

 

Le conseguenze

 

In tutti questi anni, fra epidemie e guerre, intere tribù sono scomparse, ma soprattutto la cultura dei bianchi risulta essere la vincente: la società indiana è sconvolta dal sistema commerciale degli europei. I nuovi attrezzi di ferro portati dai bianchi determinano un cambiamento nel lavoro, nell'ambito della vita famigliare e nella guerra; ma anche i vestiti subiscono l'influenza dei bianchi e anche la vita artigianale indiana ne risente gli effetti. Intere tribù, prima totalmente autonome, si specializzano nella caccia per soddisfare la richiesta di pellicce, cambiando completamente lo stile di vita e dipendendo in tutto e per tutto dai bianchi. I territori di caccia erano quasi sempre liberi e comuni: nelle tribù il concetto di proprietà non era conosciuto. Ora la continua ricerca di nuovi spazi di caccia crea violenti contrasti fra le famiglie, e molti indiani desiderano diventare gli interlocutori privilegiati dei bianchi; per ottenere questo privilegio sono disposti a dimenticare ogni antico ordine, e aumenta la criminalità.

Anche le gerarchie di valori all'interno delle tribù subiscono l'influenza degli europei: non sono più il coraggio, la saggezza o la

Pontiac

 generosità i parametri per eleggere un capo, ma la disponibilità dimostrata verso i bianchi.

Un ultimo e devastante cambiamento fu poi imposto dai missionari: la nuova religione colpì profondamente gli indiani, sensibili per loro natura al misticismo. Molti si convertirono, altri si ritrovarono a celebrare gli antichi riti e cerimonie nel più assoluto segreto, questo perchè l'uomo bianco li vietava o li derideva. Questo spiega l'odio e gli episodi di violenza verso i missionari da parte di alcune tribù a partire dal diciassettesimo secolo. La popolazione indiana è decimata: le malattie portate dagli europei (morbillo, varicella, tubercolosi, tifo, pertosse, vaiolo) e le guerre per il commercio delle pellicce e la conquista delle terre da parte dei coloni

i Una scena di caccia al bisonte a cavallo. Il cavallo entrò nella cultura indiana con l'arrivo degli europei, favorendo la caccia e portando il bisonte verso l'estinzione.

hanno perpetrato vere e proprie stragi.

 

700 & 800

 

Nel diciottesimo secolo continuano le grandi migrazioni indiane verso ovest da parte di quasi tutte le tribù della prateria. Va sottolineato il diverso atteggiamento dei coloni europei verso gli indiani: i francesi che hanno bisogno degli indiani per procurarsi le pelli, cercano di crearsi degli alleati fra le tribù e di integrarli, tanto che non sono rari i matrimoni misti. Gli inglesi considerano gli indiani un ostacolo all'appropiazione delle terre, che va eliminato. Nel 1703 il governo del Massachusetts paga 12 sterline per ogni scalpo di indiano, nel 1755 la camera di consiglio di Boston arriva a 40 sterline per ogni scalpo di indiano maschio e 20 sterline per ogni scalpo di indiano femmina o bambino sotto i 12 anni. Da vivi li utilizzano come schiavi nelle colonie e come alleati da mandare in guerra contro i francesi.  Così iniziano a distribuire doni sotto forma di armi e alcool fra le tribù ostili a quelle alleate ai francesi. Anche i francesi dal 1701, autorizzati da re Luigi XIV, utilizzano come manodopera schiavi indiani: così incomincia la compravendita di schiavi tra francesi e inglesi che sfocerà in una guerra nel 1756 chiamata la guerra dei 7 anni, nella quale le tribù indiane alleate con le 2 parti giocheranno un ruolo importante.

La vittoria degli inglesi li porta ad acquisire i possedimenti francesi e la florida. Durante la pace successiva i coloni riprendono attivamente occupare nuove terre, ma un capo Ottawa, Pontiac, raggruppa le tribù in una grande confederazione; per sedare la rivolta indiana Lord Jeffrey Amherst ordina ai suoi soldati di distribuire agli indiani ribelli coperte prelevate dall'ospedale dei vaiolosi. Nel 1783 il trattato di Versailles dichiara l'indipendenza delle colonie e la nascita degli Stati Uniti d'America. Una prima conseguenza è la distribuzione delle terre indiane ai reduci della guerra. Nel 1787 viene stesa la costituzione, nella quale viene riconosciuta l'indipendenza delle tribù indiane e gli stati uniti si impegnano in una serie di trattati in cui vengono stabiliti i confini dei territori indiani: così la repubblica federale continua ciò che il regno britannico aveva iniziato, cioè trattare, ottenere territori in cambio di pace e protezione, firmare e non mantenere nulla: oltre 400 trattati subirono

Andrew Jackson

 questa sorte.

Tecumseh

Agli inizi del XIX secolo Tecumseh un capo Shawnee, tenta di riunire le tribù stanziate tra il Tennessee e l'Hoio in un'unica grande confederazione, convinto che solo così si può resistere all'avanzata dei bianchi: è un profondo desiderio di ritorno alle tradizioni, di recupero dell'orgoglio perduto e di rinnovamento religioso. Nella regione del sud-est vivevano le cosiddette "5 Tribù Civilizzate": Creek, Cherokee, Cochtaw, Chickasaw e Seminole; ma nel 1829 viene scoperto dell'oro nel loro territorio e il presidente Jackson firma nel 1830 "l'Indian Removal Act" con cui decide la deportazione delle tribù nel territorio indiano. Alcune di loro accetteranno di trasferirsi, altre si rifiutano di lasciare la loro terra. Il governo invia soldati che, aiutati dai coloni, rastrellano con la baionetta il territorio indiano. Per chi si trasferisce l'esodo avviene in condizioni disumane: 1700 km in cui donne, bambini, vecchi, ammalati in punto di morte, feriti, uomini incatenati, sono costretti, sotto la scorta dell'esercito, a tappe forzate di decine di km al giorno. Osservatori bianchi descrivono questa deportazione come una cosa tremenda, affrontata dalla gente delle tribù senza pianti o lamenti, con estrema dignità. Prima di arrivare in Oklahoma moriranno a migliaia. Quei 1700 km vengono ricordati nella storia indiana come il sentiero delle lacrime.

Nel 1864 i Cheyenne di Pentola Nera avevano collocato il loro campo in un’ansa del torrente Sand Creek, poco lontano da quello degli Arapaho del capo Mano Sinistra: circa 600 persone, 2/3 delle quali anziani, donne e bambini, perché quasi tutti i guerrieri erano a caccia di bisonti. Il colonnello Chivington dà l’ordine ai suoi soldati di attaccare il villaggio, sottolineando di non fare prigionieri e di non fare distinzioni nell’uccidere gli indiani (anche bambini perché “le uova di pidocchio diventano pidocchi”). E’ un massacro, e i soldati si lasciano andare ad ogni sorta di efferatezza contro la gente inerme e perfino sui corpi degli Indiani uccisi. A nulla vale la bandiera Americana che sventola a fianco del Tepee di Pentola Nera e neppure quella bianca alzata poco dopo. I sopravvissuti si nascondono e, appena scende la notte, fuggono nella direzione presa dai guerrieri a caccia di bisonti. Chivington invece viene accolto come un eroe nella città di Denver, ma quando i particolari del massacro sono resi pubblici le autorità governative sono costrette a prendere provvedimenti. Il colonnello allora si dimette dall’esercito, e il problema viene così risolto senza processo e senza condanne. Nel frattempo gli Indiani superstiti raggiungono le altre tribù nella prateria e, appena la notizia delle atrocità commesse dai soldati viene diffusa, la voglia di vendetta arma molti guerrieri, che da quel momento assaltano fattorie, distruggono le rotaie del treno e i pali del telegrafo, tendono imboscate alla diligenze. I bianchi, a loro volta, rispondono con spedizioni punitive sempre più feroci.

 Nel 1890 ha luogo il tristemente famoso massacro del Wonded Knee.

Alla fine del 1800 la cultura e la civiltà degli indiani d’america erano distrutte, e in quel periodo nacquero i grandi miti del West americano: i racconti dei commercianti di pellicce, dei montanari, dei piloti dei battelli a vapore, dei cercatori d’oro, dei giocatori d’azzardo, dei banditi, dei soldati di cavalleria, dei cow-boys, delle prostitute, dei missionari, delle maestre di scuola, dei coloni. Solo sporadicamente si udì la voce di un indiano, e anche in quel caso il più delle volte fu riportata dalla penna di un bianco. In questi miti l’indiano era sempre minaccioso, violento e selvaggio. Tuttavia le voci indiane del passato non sono andate tutte perdute.