Nei primi anni di vita Cristoforo Colombo sì
dedico al commercio. Per motivi commerciali andò a Chio (1475) e Madeira
(1478-79). Lascio definitivamente Genova nel 1479 per stabilirsi a Lisbona. La
credenza del continente antico si estendesse abbondantemente, verso est e che il
circolo massimo fosse in realtà più piccolo di quanto normamelmente si pensava,
dovettero convincere Cristoforo Colombo raggiungere le Indie attraverso
l’oceano, navigando verso l’oceano verso ovest. Non essendo riuscito a
interessare il re del Portogallo Giovanni II, si trasferì in Spagna. Il 17
aprile 1492 stipulò una convenzione con i sovrani Isabela di Castiglia e
Ferdinando il Cattolico che gli concesse tre caravelle. Dopo un viaggio
avventuroso Colombo raggiunse Cuba e Haiti, che battezzò Hispaniola. In un
secondo viaggio (1493-96) su una rotta più meridionale scoprì Puerto Rico,
Dominica, Guadalupa e Giamaica. In un terzo viaggio (1498-1500) dopo aver
toccato Trinidad e Tobago, raggiunse il continente meridionale. In un quarto
viaggio (1502-1504). Affranto e ammalato ritornò a Valledolid, dove morì
dimenticato da tutti.
Alla vigilia del viaggio di Cristoforo Colombo, le Americhe contavano circa 80
milioni di abitanti in numerosi gruppi. Il livello di vita della popolazione
locali era molto diversa: aztechi e maya evolute sul piano dell’arte, ma
tecnologicamente arretrate e quella altrettanto raffinate degli incas andini,
alle condizioni neolitiche degli indigeni delle foreste tropicali o degli
eschimesi del nord. Di caccia del bisonte vivevano gli indigeni delle pianure
nordamericane.
In un primo tempo la colonizzazione ebbe carattere anarchico: i conquistadores,
che per la maggior parte provenivano dalla nobiltà minore, trasportarono nel
nuovo continente il modello e i valori feudali, affermando la propria sovranità
economica, politica e militare su territori e gruppi di villaggi, e costringendo
gli indigeni al lavoro coatto. Solo in un secondo momento la monarchia spagnola
riuscì a imporre, sui territori conquistati, sia per ragioni di controllo
economico e politico, sia per regolamentare il brutale sfruttamento ai quali
erano sottoposti le popolazioni indigene.Il corrispondente spagnolo della capitania fu la ecomienda, costituito da un
villaggio o da un gruppo di villaggi affidati a uno spagnolo.
Impero Azteco: L’imperatore era venuto a conoscenza di strani racconti:
uomini di un tipo sconosciuto vi sarebbero arrivati da Oriente. Pochissimo tempo
prima degli Spagnoli fu anche vista una strana luce bianca apparire del levar
del sole.
All’inizio del 500, nel momento stesso dell’arrivo degli Spagnoli, la
dominazione degli Aztechi si estendeva su tutta la larghezza del continente
dell’America fino al mar Pacifico; e sotto il regno di Ahuitzotl, la nazione
aveva portato le sue armate ben al di là dei confini, come territorio
permanente, negli angoli più remoti del Guatemala e del Nicaragua.
Un giovane spagnolo di trentatre anni, di nobili natali, Fernando Cortès, era
giunto a Cuba come segretario del governo. Il 18 febbraio 1519, egli si lanciò
alla conquista di un autentico Nuovo Mondo. Sbarcò prima nello Yucatan, poi a Tabasco. Cortès lasciò Tabasco con 20 indiane. L’Azteca, alla quale gli spagnoli
diedere il nome di Marina, diventò l’amante di Cortès e, dovendosi vendicare
delle classi superiori di Tenochtitlan che l’avevano resa schiava, lo iniziò ai
costumi e agli usi; il che sarà per Cortès un capitale di valore inestimabile e
il proseguimento della sua avventura sarà facilitato. L’imperatore decise di
tirar fuori dai suoi forzieri il tesoro di Quetzalcoatl. Non si doveva rendere
al dio quel che apparteneva al dio? Dopo aver trattato Cortès come un dio, egli
prepara una trappola fatale, ma Cortès sfugge alla trappola di Montezuma.
Gli spagnoli arrivarono a Xoloco, mentre Montzuma, circondati dai suoi grandi
dignitari, si faceva loro incontro. E quanto Montezuma vide Cortès, bianco di
pelle e barbuto, non ebbe più alcun dubbi, chinò il capo in segno d
sottomissione. Un ufficiale di Cortès, fu assassinato da un capo di provincia
ateco. Cortès sospettava che Montezuma non fosse estraneo alla cosa, e si
impadronì della persona dell’imperatore imprigionandolo nel palazzo di Axayacatl.
Sarebbe stata la fine per gli spagnoli, se i loro alleati indiani non avessero
in qualche modo soccorsi, vedendo in loro l’ideale che li avrebbe permesso di
liberarsi dalla tirannia azteca. Cortés, deciso a vincere la capitale azteca, li
costringeva d’assedio. Ottanta giorni dopo la sua incoronazione, il successore
di Montezuma, che aveva fatto mettere a morte tutti quelli sopetti di credere
agli dei spagnoli, divenuto imperatore il 20 settembre 1520, soccombette al
male. Fu allora eletto imperatore l’organizzatore della grande rivolta, l’uomo
che aveva cacciato Cortés da Tenochtitlan. Si chiamava Cuauhtemoc. Tentò con
gran foga di staccare da Cortés i suoi alleati. Troppo tardi! I popoli fino a
ieri sottomessi non avevano dimenticato nulla di un passato troppo recente,
divoratore dei loro giovani sacrificati. Allora armò tutti coloro che erano
validi e quando, il 28 dicembre 1520, Cortés tornò sotto le mura, la città era
pronta a qualunque sacrificio. Il 13 agosto 1521 la città è in rovina. Un
quartiere dopo l’altro, gli spagnoli e i loro alleati avanzano. Tenochtitlan
vedrà il fiero Cuauhtemoc legato al palo della tortura dei conquistatori. Essi
lo tempestavano di domande per sapere dove fosse l’oro del dio. Sorrideva. Gli
bruciavano i piedi. Continuava a sorridere. Allora Cortés fece cessare il
supplizio. Qualche tempo dopo, Cuauhtemoc accetterà il battesimo cristiano.
Diventerà così Hernan de Alvarado Cuauhtemoc, perché i suoi padrini saranno
Pedro de Alvarado e Hernan Cortés. L’impero azteco era definitivamente morto.
Infine sulla piazza di un villaggio Maya, Cortés farà mettere a morte Cuauhtemoc.
Impero Maya: Nel 1506, anno della morte di Colombo, Juan Diaz de Solis e
Vincente Yanez toccavano per primi le coste messicane sulla punta settentrionale
dello Yucatan. Ma il mondo maya non venne scoperto. La prima vera presa di
contatti con i maya è da risalire al 4 marzo 1517, quando tre velieri dell’Avana
(Cuba) andarono ad ormeggiare per la ricerca di schiavi destinati alle
piantaggioni delle Antille. A Champton, ancora più a sud, il gruppo subì un duro
attacco. Comunque si tornava con un po’ d’oro in tasca e fu necessario battere
in ritirata. Diego Velasquez, conquistatore e governatore di Cuba, affidò a Juan
de Grijlava la direzione della nuova spedizione che partì da Santiago de Cuba il
25 gennaio 1518. la presenza dei conquistatori però infastidì gli abitanti della
città, per questo in fretta e furia si reimbarcarono sulle navi, senza
dimenticare però di redigere l’atto notarile che comprovava la presa di possesso
del luogo. Velasquez organizzò una nuova e grandiosa spedizione il cui comando
fu affidato al suo segretario Herman Cortès. Dopo abili trattative e astuti
stratagemmi Cortès riuscì a impressionare gli indios al punto che ottenne la
loro sottomissione. Quegli indios maya furono, constata Bernal Diaz, i primi
vassalli, che nella Nuova Spagna, offrirono la loro obbedienza a Carlo V. Mentre
gli abitanti delle grandi Antille avevano colpito gli spagnoli per la loro
arretratezza culturale, quelli del paese dei Maya suscitarono la loro
ammirazione: erano un popolo organizzato in modo stupefacente. Da dove mai
venivano tutte quelle conoscenze e quell’abilità tecnica? Forse discendevano dai
Cartaginesi o dagli Ebrei o degli Irlandesi? Ora ci si chiedeva se aveva una
giustificazione morale il voler ridurre a ogni costo quel popolo in schiavitù.
Impero Inca: Verso la fine del 1532, una spedizione spagnola, guidata da
Francisco Pizarro, un avventuriero incallito che, all’età di 14 anni, aveva
lasciato i freddi e aridi altopiani della natia Estramadura, in Spagna. Al pari
del loro condottiero, gli uomini al seguito erano hidalgos in disgrazia, nobili
di ascendenza militare troppo orgogliosi per ridursi al lavoro manuale ma anche
troppo infidi per servire direttamente il re. Pizarro si rese conto di non avere
altra scelta che colpire quel centro ignoto.
Nel 1526 il re Huayna Capac muore lasciando il regno non a un figlio bensì a
due: Huascàr di Cuzco e Atahualpa di Quito. Nello stesso anno i primi spagnoli
giungono in Ecuador in missione esplorativa comandati da Francisco Pizarro, il
quale ritornò qualche hanno dopo come conquistatore. Intanto la rivalità fra i
due fratelli si era fatta più forte al punto che i due regni ormai divisi
entrarono in guerra. Atahualpa dopo anni di lotta sconfisse il fratello . Quando
Pizarro arrivò nel 1532 incontrò un impero indebolito e diviso.
I movimenti degli spagnoli erano noti ai nativi fin dal momento dello sbarco
sulla costa settentrionale. Atahuallpa, decise di inviare un ambasciatore verso
quello strano contingente, proponendo a Pizarro un incontro a Cajamarca. Nel
pomeriggio del 15 novembre 1532, gli spagnoli sbucarono nell’ampia e fertile
vallata di Cajamarca. Da quando erano arrivati nel Nuovo Mondo niente li aveva
preparati alla brutta sorpresa che avevano di fronte: a destra, a circa un
miglio di distanza, vi erano le tende d’accampamento di un esercito di 40000
uomini. Allora attaccarono la piccola città fortificata. Quella notte, i
disperati spagnoli decisero che l’unica speranza consisteva nel catturare l’imperatore.
Gli avrebbero proposto di pranzare e, se avesse rifiutato, lo avrebbero fatto
prigioniero. Alla fine, l’Inca venne portato allo scoperto su un palanchino.
Come stabilito in precedenza, si fece avanti un sacerdote spagnolo che lo salutò
informando il dio-re che se si fosse sottomesso al sovrano di Spagna e alla
Santa Chiesa di Roma non gli sarebbe capitato niente di male. L’imperatore disse
che gli spagnoli avrebbero dovuto restituire tutti i beni requisiti dal momento
del loro arrivo. Il sacerdote offendo la Bibbia. Atahualpa lo esaminò e gettò la
Bibbia a terra; il sacerdote esclamò: E’ l’anticristo. Pizarro fece un segno di
guerriglia. Dai portici del complesso uscirono i destrieri spagnoli. Assalirono
la stupefatta guardia d’onore, puntando verso l’Inca. Non ci vollero più di
cinque minuti per farlo prigioniero. L’imperatore venne preso in ostaggio un
riscatto in oro. Nel giro di pochi anni e con l’aiuto dei rinforzi provenienti
da Panama (attirati dall’oro), venne soffocato ogni resistenza indigena. Il più
potente impero dell’emisfero occidentale mai esistito cadde per mano di meno 200
uomini.
Indios Ciboney: Procedendo sempre più a sud, incontriamo altre
popolazioni che dovettero fare i conti con i conquistadores spagnoli. Prendiamo
il caso degli indios Ciboney, che abitavano nel Cinquecento le isole delle
Antille: il governo spagnolo Bobabilla impose loro di diventare minatori, cosa
che queste popolazioni libere e abituate alla vita all’aria aperta non
riuscivano assolutamente a sopportare. Si ebbero così suicidi in massa per la
disperazione e pochi anni dopo, nel 1535, erano rimasti non più di cinquecento
indigeni. A Cuba invece i Ciboney tentarono di resistere uccidendo tutto il
proprio bestiame, sperando forse che in questo modo gli spagnoli se ne
andassero; per rappresaglia gli spagnoli uccisero tutti gli indios, e uguale
sorta ebbero gli abitanti di Portorico e della Giamaica.
Argentina: Nella pampa argentina, abitavano poi i Patagoni, una
popolazione di statura gigantesca. In spagnolo Patagon è chi ha piedi molto
grandi. Però il vero nome di questi indios èra Tehulce. Nel 1535 gli spagnoli
fondarono la città di Buenos Aires; gli indios iniziarono una durissima
guerriglia contro le fattorie spagnole. Quando distrussero Buenos Aires, i
cavalli degli spagnoli, intimoriti dal fuoco, fuggirono nella pampa e ripresero
una vita allo stato brado. I Paragoni allora impararono a domarli. Grazie ai
cavalli, potevano dileguarsi a grande velocità dopo i loro colpi di mano.
Cile: All’estremo sud dell’America meridionale vivevano invece gli Onas,
una tribù di cacciatori e pescatori che erano stanziati nella Terra del Fuoco,
presso lo Stretto di Magellano. Non ci fu bisogno di sterminarli: contrassero la
tubercolosi e il morbillo dai bianchi e siccome il loro organismo era
immunizzato contro queste malattie, morirono a migliaia.
Indios Araucani: L’unica popolazione che riuscì, sino in fondo, ad
opporsi alla colonizzazione prima degli spagnoli e poi dei coloni ribelli fu
quella degli Araucani. Verso il 1300 vivevano nel Cile meridionale e in parte
dell’Argentina e nel 1448 dovettero combattere per la prima volta contro gli
invasori: questi erano gli Incas. Dopo 34 anni gli Incas dovettero ritirarsi
senza aver nulla concluso. Nel 1558 dovettero far i conti con gli spagnoli che
avevano occupato il paese: dopo quaranta anni di continui combattimenti anche
gli spagnoli dovettero ritirarsi con gravissime perdite. Ritornarono alcuni anni
più tardi e, se riuscirono ad occupare il Cile, dovettero combattere con gli
Araucani una interminabile guerra per quasi tre secoli, riuscendo sempre
sconfitti.
California: I primi spagnoli che si avventurarono a nord del Messico
sapevano dell’esistenza di un braccio di terra che pensavano fosse un isola.
Viaggi più lunghi verso il nord dimostrarono alla fine che quest’area della
California meridionale era in realtà una stretta penisola, al di là della quale si
estendeva una terra sconosciuta che chiamarono California superiore alta. Nel
1542 Cabrillo salpò per gli avamposti spagnoli nel Messico. Il vascello di
Cabrillo gettò l’ancora fra un gruppo di isole separate dalla terraferma da un
profondo canale e rivendicò per la Spagna il possesso dell’interno territorio.
Morì nell’isola che chiamò San Michele. Solo dopo 150 anni gli spagnoli si
resero conto che questa terra non era un isola. Gli spagnoli non sbarcarono mai
in queste coste settentrionali poco invitanti. La California rimase un mistero
per l’uomo bianco per altri due secoli. Questa fu la loro più grande scoperta:
un porto per le loro navi, al sicuro dei violenti cavalloni dell’oceano. La
California era abitata da quasi un terzo delle popolazioni native americane,
che si trovavano a nord del Messico. Gli spagnoli non si occuparono solo di
conferire le locali popolazioni indiane alla fede cattolica, ma iniziarono a
forgiare la loro società nelle forme che meglio si adattarono al volere dei
missionari. Guidati dagli indomiti monaci francescani gli spagnoli convinsero
gli indiani a vivere nei confini della missione, sostenendo così di poter
salvare le loro anime. Incaricati di sorvegliare i raccolti altrui di agrumi e
di fichi, di piantare e raccogliere i grappoli d’uva degli spagnoli, pascolare
il bestiame portato dal Messico, i pacifici Pumash, erano tenuti praticamente in
schiavitù. Nel 1533 il Portogallo divise i territori brasiliani in 12 capitani e
affidate ai donatarios cui spettava il compito di difendere il proprio
territorio e di assicurarsi la quantità possibile di materie prime da inviare in
Europa. Brasile: Il primo incontro fra europei e indigeni avvenne il 22 aprile
del 1500, nel territorio degli indiani Tupinikim. Questi indiani contavano
all’epoca decine di migliaia di individui mentre ora sono meno di mille. Lo
scambio di un capello con un copricapo di penne segnò l’inizio di un’invasione
che presto avrebbe spezzato via cinque milioni di persone. I primi contatti
furono ragionevolmente amichevoli e furono caratterizzati dagli scambi e dalla
curiosità. Ma le relazioni tra i coloni e gli indiani vennero presto controllate
dalle armi più potenti degli europei e dalla loro brama di ricchezza. Con
l’arrivo dei portoghesi e degli altri europei cominciò il saccheggio delle nuove
terre e migliaia di indiani furono fatti schiavi. Intere tribù furono sterminate
dagli orrori della schiavitù e migliaia di persone morirono di malattie nuove,
verso cui non avevano difese immunitarie.
Nel 1609, il re Filippo del Portogallo proclamò la libertà completa degli
indiani. Al contempo, però, li definì anche legalmente minorenni. Il principio
dell’inferiorità legale degli indiani vige ancora oggi e gli indiani non hanno
ancora ottenuto il riconoscimento di tutti i diritti degli uomini adulti.
In Asia i portoghesi non conquistarono territori, ma istituirono un sistema di
porti e di piazzeforti (Guinea, Goa, Ceylon, Giava) per acquisire il controllo
del traffico delle spezie, in primo luogo del pepe.
“Missione segreta” di Cristoforo Colombo: Il 31 marzo 1492 Ferdinando d’Aragona
e Isabella di Castiglia decretano l’espulsione degli Ebrei dal loro regno entro
la mezzanotte del 2 agosto. Un’ora prima della mezzanotte Cristoforo Colombo
s’imbarca sulla Santa Marina nel porto di Palos. L’indomani le navi portavano
verso Occidente. Finanziata da ebrei religiosi convertiti al cristianesimo, le
spedizioni di Colombo dovevano aprire nuove vie ai traffici con l’Oriente e
diffondere la fede cristiana tra le popolazioni dell’India. Ma in realtà,
afferma Wiesenthal, lo scopo del viaggio era un altro. Colombo era di origine
israelita, forse converso (battezzato e assimilato), forse invece marrano
(convertito, ma segretamente fedele alla religione degli avi); e, come tutti gli
ebrei di Spagna, voleva sottrarsi alla persecuzione decretata dei sovrani. Fra
gli Ebrei d’Europa, e di Spagna in particolare, era diffusa la convinzione nel
cuore dell’Asia esistessero dei regni ebraici; quella che Colombo cercava
sarebbe stata perciò una nuova Terra promessa. Non fu trovata, ed Ebrei,
dovettero fuggire verso altre più tolleranti nazioni. Solo il 5 giugno 1869 la
nuova costituzione spagnola abrogò il decreto del 3 marzo 1492.