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A metà Novecento, gran parte dei paesi in via di
sviluppo si trovano
nella terza fase della transizione demografica in cui la fecondità, ancora
elevata, inizia il suo declino ed il tasso di crescita della popolazione accenna i
primi segni della diminuzione; inoltre la proporzione di giovani sul totale della
popolazione resta elevata.
In Africa i maggiori aumenti relativi alla popolazione avvengono a
tasso regionale annuo di incremento (3% circa). Ugualmente notevoli sono i tassi di crescita dell'America
latina e della regione dei Caraibi, con valori medi annui del 2%.
Questa enorme diversità di comportamento fu dovuta al fatto che nei paesi
sviluppati il passaggio da una demografia di antico regime ad alta fecondità e
mortalità a una demografia moderna, avvenne lentamente, sotto l'impulso di una
discesa graduale della mortalità, cui si accompagnò il declino della natalità.
La conseguenza sul piano demografico fu una divaricazione dell'andamento di
queste due componenti che portò a una crescita della popolazione estremamente
veloce e incontrollabile.
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Le diverse regioni dei paesi in via di sviluppo non avevano al loro interno situazioni omogenee. Per quel che riguarda la fecondità, nell'Asia meridionale e occidentale, il numero medio di figli per donna nel 1990 oscillava tra 4,3 e 4,7, mentre era meno elevato nella parte orientale, dove alcuni paesi (ad esempio Giappone, Corea del sud, Cina) erano già scesi al di sotto dei 2,1 figli, ovvero il livello che segna la soglia sotto la quale non è più assicurata la sostituzione numerica delle generazioni. Nella regione orientale (tranne che nelle Isole Mauritius) e occidentale il numero medio di figli per donna restava prossimo a sette, nella parte centrale a sei, nelle regioni settentrionali e meridionali a cinque. A questo grande potenziale demografico facevano però riscontro i perduranti alti livelli di mortalità, specie infantile. Quasi ovunque si era avuto un aumento indiscriminato della popolazione delle città che crescevano a tassi elevatissimi e superiori al 3,6% annuo. In questi paesi si assistette dagli anni settanta in poi a un forte declino dell'autosufficienza alimentare, palesato dall'aumento delle importazioni di cereali. L'instabilità era inoltre accentuata dall'aumento del rapporto di dipendenza: un numero di lavoratori relativamente modesto doveva sostenere un peso crescente di giovani e anziani. In alcuni paesi dell'Africa, per esempio, il 50% della popolazione urbana è costituito da giovani con meno di 15 anni.
Parlando del giorno d'oggi, nei Paesi in via di
sviluppo, ogni anno più di 13 milioni di bambini vengono al mondo con un basso peso
alla nascita, per effetto di un’alimentazione materna inadeguata, sia prima che
durante la gravidanza. Questi bambini hanno quattro volte più probabilità di
morire durante la prima settimana di vita a causa di infezioni come la
dissenteria. I neonati che sopravvivono, nonostante un basso peso alla nascita, hanno
più
probabilità di altri di soffrire di malnutrizione per tutta l’infanzia; avranno
inoltre difficoltà nell’apprendimento e problemi di salute per tutta la vita.
Qui possiamo ricollegarci alla mortalità infantile, che è spiegata in miglior
modo collegandoci a questa pagina: Mortalità
infantile.
Infatti nei paesi in via di sviluppo
un bambino su 12 muore prima di aver compiuto 5 anni, in gran parte per cause
prevenibili. In questi paesi inoltre molte donne muoiono per dare la vita ai
loro figli, infatti più di mezzo milione di
donne muoiono ogni anno nel dare alla luce il loro bambino. Il rischio di morte in gravidanza e durante il parto è 33 volte più alto nei
paesi in via di sviluppo rispetto alle nazioni industrializzate.
Sorelle costrette a occuparsi dei bambini, poichè la madre è morta mettendoli alla luce |
Ora vi presentiamo una tabella, nella quale sono registrate le probabilità della morte di una madre.
Probabilità per una donna di morire per complicazioni da gravidanza, parto, o aborto in alcuni paesi. |
Etiopia | 1 su 7 |
India | 1 su 57 |
Brasile | 1 su 128 |
Stati Uniti | 1 su 3.418 |
Spagna | 1 su 9.058 |
Madre africana a 24 anni |
Soprattutto le ragazze giovanissime che mettono al mondo un bambino
nei paesi in via di sviluppo rischiano molto. Le complicazioni durante il parto
costituiscono infatti le prime cause di morte per giovani adolescenti. Ogni giorno muoiono circa 70.000 ragazze
di età inferiore ai 20 anni in tutto il mondo, e un milione di bambini nati da
madri ancora in età preadolescenziale non vivono solitamente più di un anno.
Globalmente sarebbero 13 i milioni di adolescenti che partoriscono ogni anno, il
90% delle quali vive in paesi in via di sviluppo e in condizioni igienico-sanitarie pessime. Un esempio è nel Bangladesh, in cui le madri di età
compresa tra 10 e 14 anni hanno un rischio di morire cinque volte maggiore
rispetto a donne locali di dieci anni più vecchie.
Mentre in Africa e Sud-Est asiatico
queste giovani donne vengono fatte sposare e poi subiscono forti pressioni per
concepire in un breve periodo, in America Latina, Caraibi e Stati Uniti le
ragazze giovani che partoriscono non sono solitamente sposate.
Tuttavia,
indipendentemente dallo stato civile, le giovani madri sono isolate dalla società
e non sono ben consapevoli dei rischi e delle conseguenze della nascita.
Seguono
nella lista molti altri paesi in cui la situazione è pressoché identica, tra
questi Afganistan, Yemen, Guatemala, Haiti e Nicaragua.
Sempre parlando dei paesi in via di sviluppo, vi mostriamo ora i principali fattori che causano
la diminuzione del tasso di fecondità in
una
popolazione:
• Innalzamento dell’età media al matrimonio e aumento della proporzione di
nubilato/celibato definitivo (detto freno malthusiano).
Sebbene in aumento, l’età media al matrimonio resta più bassa
nei paesi poveri rispetto all’occidente, così come il nubilato/celibato
definitivo in Africa.
• Controllo volontario delle nascite.
Risulta essere il freno decisivo e viene attuato con metodi
tradizionali (astinenza, coitus interruptus) o moderni
(pillola, spirale, sterilizzazione, ecc.).
I fattori invece che elevano il tasso della fecondità
sono:
• Basso costo di allevamento dei figli in aree rurali.
• Figlio come risorsa economica e assistenziale all’età anziana.
• Contesto culturale: numerosità dei figli come veicolo di affermazione
della famiglia, adesione a principi religiosi, ecc.
• Scarsa conoscenza di pratiche contraccettive.
Ecco ora una tabella dimostrativa: