Nascita, matrimonio e morte sono i tre eventi principali nella vita della maggior parte degli esseri umani. Ma solo uno di essi, il matrimonio, nei Paesi in via di sviluppo, è determinato da una scelta. Molte adolescenti, infatti, vengono costrette a sposarsi senza poter esercitare il loro diritto di scelta.


Un matrimonio indiano

In questi Paesi il concepimento prematuro è una conseguenza appunto di matrimoni precoci, che possono mettere fine a ogni possibilità d'istruzione delle ragazze e sono troppo spesso l'anticamera di una vita di asservimento domestico e abuso sessuale.
Ad esempio:
-1 ragazza su 3 nel mondo in via di sviluppo si sposa prima dei 18 anni.
-Nei paesi più poveri, il rapporto è di 1 su 2.


Abuso sessuale di una ragazza di soli 15 anni

Un altro esempio da tenere in considerazione è a Varanasi, città dell'Uttar Pradesh nel centro dell'India, dove si possono trovare in tuguri affollati donne spettrali, anche bambine di 8 o 9 anni, con la testa rasata e avvolte nelle bianche garze del lutto: le vedove. 
Dopo la cerimonia delle nozze, le spose bambine dovrebbero tornare nella casa dei genitori fino alla prima mestruazione, ma i genitori che hanno fretta di disfarsi di loro le consegnano subito alla famiglia dello sposo.
In India il matrimonio è merce di scambio, un'alleanza, tanto che le nozze possono evitare una faida tra due famiglie, sposare una donna ancora bambina significa preservarla integra, lasciare intatta tutta la sua forza vitale, la sua purezza creatrice.
Rari sono i matrimoni d'amore, sostituiti da quelli combinati dai genitori della ragazza che la cedono a  un uomo di 30-40 anni, il quale la prende in sposa che non ha più di 12 anni; a causa della grande differenza di età esse corrono il rischio di rimanere vedove prematuramente, finendo relegate in una casa per vedove.


Sposa bambina a Varanasi


Con il matrimonio le spose bambine abbandonano la famiglia e la scuola per andare a vivere con il marito nella capanna dei suoceri, dove si occupano di tutte le faccende domestiche; il loro compito principale è mettere al mondo quanti più figli maschi possibile anche se il loro giovane corpo non è in grado di sopportare il peso di molteplici gravidanze: così si rischia che la madre non sopravviva al trauma del parto e che anche i neonati abbiano poche possibilità di vivere.
Dopo aver dato alla luce due o più figli, le ragazze vengono poi spesso abbandonate dal marito che prende un'altra giovane in sposa.
Tuttavia solo cinque bambine su cento hanno il coraggio di denunciare le violenze subite.
 

 

 

Un secondo esempio che si può e si deve tenere in considerazione, è in Burkina Faso dove le ragazze invece vengono date in sposa tra i 12 e i 15 anni ad un uomo verso i 50/60 anni, molte volte già sposato, che la prende come serva nella sua abitazione e per il lavoro nei campi.
Per le ragazze che riescono a fuggire da questa vita, i questo Paese ci sono i Centri di Accoglienza Governativi gestiti soprattutto da suore; malgrado ciò, se aspettano un bambino, non vengono più accolte in quanto se incinte non sono più ragazze  ma donne e quindi appartengono al marito.
Per le famiglie il matrimonio è solamente considerato una strategia di sopravvivenza economica, dato che la società è molto rurale, per questo esse cedono le loro figlie ancora bambine solo per ricavarne pochi spiccioli.


Sposa bambina in Burkina Faso

La pratica di sposare le bambine è sempre esistita e non è, come si potrebbe pensare, una tradizione islamica bensì un rito della religione tradizionale africana: l'animismo. Il fenomeno dei matrimoni forzati coinvolge tre milioni di adolescenti e causa spesso effetti devastanti quali l’assenza di scolarizzazione, gravidanze difficili, traumi delle vie genitali e psicosi maniaco-depressive; tuttavia gli uomini sono più interessati a scambiare le proprie figlie con un montone piuttosto che proteggere la loro infanzia.

 

 


Inoltre molte altre società di altri Paesi, che hanno il problema dei matrimoni precoci, attribuiscono un grande valore alla verginità prima del matrimonio, e questo può dar luogo ad una serie di pratiche miranti a “proteggere” una ragazza da un’attività sessuale sconveniente. Di fatto, si tratta di un sistema di rigido controllo imposto ad essa.
Per esempio, può succedere che le venga impedito di avere relazioni sociali al di fuori della famiglia, oppure che le venga dettato quello che può e quello che non può indossare.

In altre società, come ad esempio in Africa nord-orientale, i genitori tolgono le loro bambine da scuola non appena queste iniziano ad avere le mestruazioni, temendo che il contatto con i compagni o con gli insegnanti di sesso maschile le esponga a dei rischi. Tutte queste pratiche hanno lo scopo di sottrarre la ragazza all’attenzione sessuale maschile, ed agli occhi di genitori preoccupati il matrimonio sembra offrire la “protezione” ideale.


Bambine nel Centro di Accoglienza

In ulteriori società tradizionaliste non esiste il concetto di un periodo dell’adolescenza situato tra la pubertà e l’età adulta.  Una ragazza che ha le mestruazioni è in grado di partorire un figlio, e perciò viene considerata “una donna”.
Questo si  adatta male al fatto che la CDI (una di codeste società) si applica a chiunque abbia meno di 18 anni, e che in essa l’infanzia sia considerata come un processo di sviluppo, che non ha termine all’improvviso, con un preciso segnale di maturità fisica.

In alcune culture, l’indipendente autoconsapevolezza che una ragazza può sviluppare durante l’adolescenza, viene considerata indesiderabile.
Anche se in questi casi le donne vengono magari (raramente) onorate, da loro ci si aspetta che si sottomettano ai desideri dei padri e dei mariti, mettendosi così sotto la loro protezione per il loro stesso bene.
 Ne consegue che se non lo fanno, esse meritano una punizione: per esempio, in Kenya, la violenza contro una moglie disobbediente viene comunemente ammessa.


Donna violentata dal marito in India

 

       

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