La maturità narrativa del capitolo
Il colloquio tra don Abbondio
e il Cardinale
Le
considerazioni critiche
Don Abbondio
Lucia
La conclusione del capitolo: Renzo
A) La maturità narrativa del capitolo
La maturità narrativa del capitolo si mostra sotto due aspetti. Il primo è
quello dellintreccio che riprende la vicenda dei personaggi legati al vissuto
di Lucia, ancora una volta al centro di tutta la narrazione. I principali sono:
il Cardinale, che agisce da catalizzatore portando chiarezza nella conversione
dellInnominato ma non ottenendo lo stesso effetto su don Abbondio, e Renzo, del
quale si parla senza vederlo in azione.
Il secondo aspetto è quello dellalternanza di tre toni nel corso del capitolo:
comico-sarcastico nel mostrarci la miseria dellanima di don Abbondio
messa a confronto col fervore religioso di Federigo;
elegiaco con cui si placa il contrasto della coscienza di Lucia;
comico-ironico intriso di satira verso la mentalità
politico-burocratica.
B) Il colloquio tra don Abbondio e il Cardinale
A differenza del capitolo precedente in cui il Cardinale e don Abbondio non si
incontrano, ma sono analizzati distintamente e con esiti opposti, in questo
avviene lincontro tra i due personaggi, che nonostante la loro diversità hanno
qualche punto di contatto.
Il massimo che il Manzoni può permettere alla sensibilità di don Abbondio è una
certa commozione: non come il pianto davanti alla chiesa, prima di andare
dallInnominato, dettato dalla pietà di se stesso, ma un certo senso di rimorso
e consapevolezza dellegoismo sempre avuto nei confronti delle sventure altrui.
Questo sentimento di commozione è suscitato dalla precisa inquisizione del
Cardinale che, con le sue domande rigorose e incalzanti, mostra tutte le
mancanze e le colpe di don Abbondio e nasconde una chiara visione della
problematica morale.
C) Le considerazioni critiche
Il De Robertis rileva nel colloquio tra don Abbondio e il Cardinale unaffinità
fra le parole di questultimo e le idee presenti nelle Osservazioni sulla
morale cattolica. Il critico afferma che in questo scambio di battute ci
par di sentirne la prosecuzione, mossa allo stesso fine, seppur diversa
daccenti. Riguardo alla prosa, essa è considerata altissima per la
penetrazione di unanima nellaltra.
Invece il Momigliano ci offre il suo giudizio in sede narrativa dichiarando che
lanima meschina del misero curato viene messa a nudo dalla parola indagatrice
del Cardinale.
D) Don Abbondio
Nella prima parte del colloquio con Federigo don Abbondio cerca per le sue
azioni attenuanti e scuse che risultano essere meschine e puerili. Nella seconda
parte invece tace, comprendendo di non potersi difendere e borbottando tra sé e
sé, e mostra unostinata pertinacia nel suo atteggiamento. Questo comportamento
giunge al suo culmine quando il curato utilizza gli stessi aggettivi che
definiscono la resurrezione di Cristo (glorioso e trionfante) per descrivere
il ritorno di Don Rodrigo. Questa sua impertinenza linguistica è un aspetto su
cui il Manzoni insiste particolarmente per mostrarci ancora una volta la
miseria morale del personaggio di don Abbondio. Un altro aspetto
significativo mostratoci dal narratore è quello (precedentemente trattato) della
commozione di don Abbondio. A differenza del giudizio del De Sanctis e altri
critici, secondo i quali nel Cardinale vi sono le idee e in don Abbondio luomo,
è corretto affermare che il Manzoni mostra un mondo senza inquinamenti
agiografici e racconta di una conversione mai avvenuta.
E) Lucia
Nella vicenda di Lucia è trattato ancora una volta il tema dellamore, che non
può essere imprigionato dalla volontà. Ad esempio, si capisce che il voto di
Lucia è stato frutto di un momento di terrore e non di unaccurata meditazione
religiosa. Inoltre lo si avverte perché il pensiero della morte di Renzo ha una
drammaticità caratteristica di una creatura che ancora ama.
Rispetto al capitolo precedente in queste pagine di alta poesia emerge il tema
della tristezza della rinuncia. Ne è indice, come già ricordato dal
Getto, anche la ripetizione dellaggettivo povero, riferito sia al dolore di
Agnese, sia al futuro dolore di Renzo, sia a quello inconfessato della stessa
Lucia.
Sono pagine di alto lirismo manzoniano, in cui sono sufficienti poche
parole per esprimere i sentimenti, parole di unessenzialità da non confondersi
con la reticenza o la pruderie del borghese bigotto: infatti in realtà la
battuta di Lucia fatemi saper che è sano; e poi
non mi fate sapere più nulla
è una piena dichiarazione damore nei confronti di Renzo.
La scena del colloquio con Agnese, ricca di toni di alto patetico, mostra come
quel voto abbia separato la figlia dal rapporto e della responsabilità con la
madre: ormai Lucia è promessa alla Madonna. Ma Lucia vuole conservare i legami
con la famiglia: chiede infatti, come ultima grazia, di poter un giorno tornare
dalla madre. Proprio per questo forte vincolo con le persone care è stroncata
dalla rinuncia ed esprime il suo dolore con scoppi di pianto.
Si può dire che da queste pagine si intraveda linizio di quel
crepuscolarismo tipico di fine Ottocento, del Gozzano e del Corazzini, ma
più vicino a quello del De Marchi, così ricco di poesia sia dellaffetto che
della rinuncia; questultimo è lelemento caratterizzante del discorso tra Lucia
e Agnese.
F) La conclusione del capitolo: Renzo
Per contrapposizione allintensità delle parti precedenti il Manzoni chiude il
capitolo con le notizie di Renzo che ricevono le burocrazie ufficiali. Gli
amici, come Bortolo, inventano fandonie sul suo conto per trarre in inganno i
curiosi. In particolare proprio il cugino Bortolo trarrà in inganno il Cardinale
Federigo,pur non sapendo quale personaggio e a quali scopi chiedesse notizie del
giovane.
In conclusione, dunque, il Manzoni si diverte non più narrando lequivoco, ma
insistendo sulla satira del linguaggio burocratico e delle manovre
diplomatico-poliziesche che possono essere rese vane da un semplice Bortolo.