Torna all'indice dei capitoliCAP. XXIV°

Raccordi al capitolo precedente: la figura della vecchia
L'influenza della nuova condizione dell'Innominato sui personaggi
Il dramma di Lucia

Lucia e la famiglia del Sarto

 

A) Raccordi al capitolo precedente: la figura della vecchia

Il capitolo 24° potrebbe sembrare un semplice capitolo di raccordo; al contrario le vicende di questo capitolo sono caratterizzate dalla nuova condizione dell’innominato che influenza profondamente i comportamenti di alcuni personaggi. La vecchia è forse l’unica figura che segna un diretto raccordo con il capitolo precedente: limitata nella sua umanità, è sempre e solo ossessionata dal desiderio di provare la sua obbedienza al padrone. E’ trattata con la solita durezza ed esce ancora una volta dalla scena per eseguire un ordine dell’innominato, che la manda “in una parte lontana del castellaccio”, e il Manzoni non aggiunge altro.

B) L'influenza della nuova condizione dell'Innominato sui personaggi

Al contrario, l’innominato presenta le nuove e inevitabili caratteristiche dovute al superamento della crisi e alla sua nuova fede; ancora una volta, il capitolo si chiude con l’innominato che primeggia sui bravi, ma questa volta nella nuova veste di prossimo creatore di una comunità non più dedita alla violenza, ma all’aiuto per chi soffre. Quando si dichiara pronto a dar l’ultimo pane a chi voglia accettare la “nuova legge” rivela tutta la sua nuova coscienza cristiana mostrandosi al pari di Cardinal Federigo, pur conservando intatto tutto il rilievo della sua personalità. Vediamo qui riemergere la tendenza del narratore all’idealizzazione a volte estrema di questo personaggio. Il Cardinale acquista in questo capitolo una cordialità più familiare. Agnese, strappando più di un sorriso, conferma la sua natura vivace ed estrosa e si spinge fino a denunciare, come per ripicca, le mancanze di don Abbondio. Immancabilmente perseguitato dalla consueta satira comica, quest’ultimo non è più ora un pericolo per gli sposi promessi, ma viene accentuato il suo essere  manifesto di mediocrità, chiuso nel suo piccolo mondo di paure e viene contrapposto alla grandezza morale del Cardinale. Intelligente antitesi è il mettere in bocca sia a don Abbondio sia all’innominato la ripetizione di tre “e poi”, dove nel primo esprime la fragilità e il continuo timore del mondo mentre nel secondo l’insaziabile sete d’assoluto.

C) Il dramma di Lucia

Sul piano di lettura critica, abbiamo al centro il dramma di Lucia, che è determinato da un nuovo ostacolo: il voto, che è un ostacolo interno non esterno, voluto e non imposto. Ciò riporta tutta la luce della narrazione sull’animo di Lucia, travolta da una tempesta affettiva divisa tra amore e dovere, religione e istinto, rivelando con una battuta o con un gesto quanto sia grande il suo  amore per Renzo; allo stesso tempo ella rivela come la sua anima sia del tutto formata sotto un profilo religioso, nell’innocenza, nella rassegnazione, nella fiducia verso il prossimo e Dio. La protagonista del capitolo ci appare diversa dal solito anche esteriormente, affannata e sbattuta a causa della sofferenza e del digiuno, è poi presa dal rimorso e dal dubbio riguardo il pensiero del voto.

D) Lucia e la famiglia del Sarto

Il capitolo mostra anche un altro motivo che si lega al dramma di Lucia e dà ad esso maggiore intensità, infatti mentre Lucia rinuncia all’amore a causa del voto, il capitolo ci presenta il tema della serenità nella famiglia cristiana. Nel tema e nel tono generale che rende più elegiaca la rinuncia di Lucia alla presenza di  realtà affettive tanto intense e serene si colgono anche altre sfumature; possiamo soffermarci sulla  moglie del sarto che dapprima è posta in raffronto antitetico con la vecchia e come lei fa coraggio a Lucia ma con ragioni e esiti ben diversi e poi si affianca ad Agnese in qualità di personaggio buono e simpatico con qualche difettuccio che fa sorridere, nel suo caso la curiosità di sapere meglio la storia di Lucia, ma con modi diversi da quelli della monaca di Monza, la quale poneva alla poverina domande indiscrete e inopportune; al contrario la moglie del sarto accenna e sorvola col garbo e l’intelligenza di una brava persona. Il sarto poi alimenta ancor più la vena di questa comicità discreta: la  alimenta in modo festoso poiché tocca un punto vivo per la mentalità manzoniana: infatti il sarto è un buon parlatore è generoso e non avido, ama ogni cosa a suo tempo, sente l’ aristocrazia del proprio modo di pensare e di vedere ed è proprio per questo che suscita l’ironia manzoniana. La figura del sarto è una nuova pagina della polemica manzoniana contro le diversità aristocratiche e contro la cultura che si presta a discriminazioni di superiorità da parte non degli intelligenti ma dei mediocri. Così il sarto che si sente l’unico colto del suo paese, quando si trova davanti al cardinale non trova le parole e riesce a proferire un solo (“si figuri”) che avrebbe potuto dire anche il più ignorante dei suoi compaesani. Lui si sente intelligente ma con il cardinale fa la figura dello stupido. Nel Mondo Manzoniano, dove Lucia è nata si comprende bene il personaggio. Infatti secondo Lucia quando l’amore contraddice le leggi della vita, bisogna aver la forza di sopprimerlo, perché non è più amore. L’eroe Manzoniano vuole la morte nel momento in cui viene offesa e ferita l’eticità della vita, e quando vengono violate le ragioni etiche del suon esistere.
 

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