Puntualizzazioni sulla
concezione del popolo
Inquadramento ed interpretazione del personaggio di
Ferrer
I modi della narrazione
A) Puntualizzazioni sulla
concezione di popolo
Il Manzoni si identifica in parte col personaggio di Renzo, in parte se ne
distacca, mostrandocelo come il contadino inurbato a contatto con una realtà più grande
di lui, quella della città. Analoga è sostanzialmente anche la posizione nei riguardi
della folla, della cui esasperazione l'autore può comprendere bonariamente le ragioni,
sebbene essa sia condannata per i suoi atteggiamenti irrazionali (distruggere i forni non
può servire certo di rimedio contro la carestia). Inoltre i veri responsabili di
quell'esasperazione sono i governanti, ed anche questo costituisce un motivo di
ammorbidimento delle responsabilità del popolo.
Ma esiste una precisa novità in questo capitolo, rispetto alla visione del popolo: gli
atteggiamenti irrazionali non possono servire in alcun caso a
giustificare la violenza o l'omicidio. Il fatto che il Vicario di provvisione sia causa
della carestia non può giustificarne il linciaggio. Se alla violenza delle istituzioni si
reagisce con la violenza irrazionale della folla, cessa ogni senso per una società
civile. Una tesi assai cara al Manzoni, la celebrazione della quale è indubbiamente
l'asse portante di tutto questo capitolo.
Infatti esso risponde tutto quanto a questa struttura: la diversificazione della folla è
tutta fra chi vorrebbe il linciaggio del Vicario, primo fra tutti il vecchio malvissuto, e chi ha
istintivo orrore di questo gesto, Renzo. Questi due sono quindi i poli di
un'antitesi netta. Nella presentazione del vecchio malvissuto viene meno per un attimo la
consueta pacatezza manzoniana, e nessun aggettivo la invoca (il sogghigno diabolico,
la canizie vituperosa). La sua violenza ha un che di disumano e di
disgustoso, di veramente diabolico, e rimanda per molti versi all'episodio dantesco di
Buonconte. Indubbiamente il vecchio malvissuto è il momento di punta della polemica
manzoniana del capitolo: infatti non solo gli è contrapposto Renzo, come dicevamo, che lo
rimbrotta con grande sicurezza - rischiando non poco, ma addirittura persino Ferrer è
rivalutato in quanto il suo intervento ha il merito di stornare il gesto tragico
dell'uccisione del Vicario.
B) Inquadramento ed interpretazione
del personaggio di Ferrer
Infatti anche Ferrer è vecchio, ma la sua vecchiaia è volutamente contrapposta a quella
del vecchio malvissuto. Affermare che il Manzoni apprezza il gesto generoso di Ferrer, di
scendere in campo per sottrarre il Vicario al linciaggio, non significa però affermare
che egli ci offra di questo personaggio un quadro positivo. Anzi: abbondano le spie
testuali della sua negatività: la sua testa è una zucca monda, la sua toga pare una coda di serpe, l'italiano è la lingua con cui
buggerare il popolo, ma i suoi veri sentimenti li esprime in castellano. E
secondo quei veri sentimenti, il tumulto avrebbe dovuto solo essere represso brutalmente,
visto che egli non ne è minimamente toccato in quanto uomo di governo, e lo vede solo
come un potenziale pericolo per la sua carriera, dovendone forse rispondere al Governatore
don Gonzalo. Se nel capitolo precedente di Ferrer era vista la negatività intellettuale
(la sua incapacità di ragionare e la sua caparbietà), ora si sottolinea ancora una volta
la negatività morale, che si esplica nella sua ipocrisia e nella volontà esasperata di
ingannare il popolo con il fascino ed il carisma della sua figura.
Assai efficace è anche il suo cocchiere, che funge quasi da controfigura, riprendendo
come in funzione contrappuntistica tutti i gesti e i modi del padrone. Quando la carrozza
è finalmente libera, non ha più certo tanti scrupoli nel frustare i cavalli: la gente
ora è poca, e può essere anche travolta senza troppi problemi.
C) I modi della narrazione
Il capitolo è caratterizzato da una notevole tensione: ed è naturale, visto il
tema, che è quello dell'omicidio sventato. Se Renzo prima poteva osservare standosene in
disparte, e fare qualche commento fra il critico ed il benevolo, ora, di fronte al
linciaggio, deve impegnarsi con tutta la forza dei suoi vent'anni per impedirlo, e non
può più assistere passivamente.
Ma, al solito, denunciare l'impegno etico di un capitolo, non significa esaurire la
complessità dei modi narrativi manzoniani: essi non vanno solo nella direzione della
denuncia. Vi è anche il narratore distaccato, che narra con
impersonalità i fatti storici, nel silenzio del suo studiolo. Questo aspetto della natura
manzoniana è sicuramente presente nella sua anima tanto quanto l'appassionato impegno
etico-politico: un bisogno di serena obiettività e di libertà spirituale nel giudicare
le cose, senza essere troppo condizionato dall'aspetto caldo ed esplosivo della materia
narrata. Quindi se il messaggio contenuto in questo capitolo risponde tutto quanto al
comandamento evangelico "Non uccidere"; il Manzoni, sapendo che purtroppo nella
storia sempre si è ucciso e sempre si ucciderà, sente istintivamente il bisogno di
divergere nell'obiettività, per non impoverire la sua attenzione etica, così vitale, ma
pure così lontana dalla realtà dalla storia. La sua è certo la verità, ma esistono
anche i più, che di quella verità nulla intendono, ed il narratore scrive anche per
loro, forse soprattutto per loro. Ecco allora emergere quella umanità stolida, ingenua e
crudele, che fa soffrire e soffre, pur dichiarando ad ogni istante di possedere l'antidoto
contro la sofferenza. E l'arte del Manzoni eccelle sicuramente nel dono naturale di
descriverla, nell'intento di denunciarla ed accusarla, pur sapendo parlare anche a chi è
sordo agli argomenti della religione e dell'etica.