I caratteri della
formazione manzoniana
La presentazione dei due protagonisti: a) Renzo; b) Lucia
Puntualizzazioni della figura di Don Abbondio e di
Perpetua
A) I caratteri della formazione
manzoniana
L'arte del M. è sempre il risultato della fusione e della coesistenza di due complesse
vene: quella romantica e quella illuministica. La prima
comporta il suo severo senso etico, una forte aspirazione alla libertà nazionale, il
profondo senso religioso della vita, e quello della fede. La seconda, invece, presuppone
la sua intelligenza aristocratica, capace di guardare dall'alto e in modo astratto alle
cose della realtà, con un istintivo senso di superiorità, procurato da una ricca
formazione classica e da tutto il sostrato culturale delle due famiglie di appartenenza,
quella dei conti Manzoni e quella dei Beccaria-Verri.
Questo è un altro assunto fondamentale per comprendere appieno la grande complessità
dell'arte manzoniana: le due vene si compenetrano, una arricchendo l'altra: quello che
permette tale unificazione è proprio l'arte, la sapienza narrativa, che permette,
attraverso il senso della realtà, l'ironia, la comicità, la potenza dell'elemento
fantastico, di esprimere compiutamente la vena sentimentale che lega il M. ai valori
nazionali e religiosi.
Se nel I° cap. il M. muoveva, come abbiamo visto, da precisi intenti polemici, ed iniziava subito ad affermare i nuclei incandescenti della propria "ideologia", nel II°, invece, egli ama soffermarsi sui personaggi da lui creati.
B) La presentazione dei
protagonisti
a) Renzo: Il cap. II° è senz'altro il capitolo di Renzo. Il protagonista
maschile del romanzo ci è presentato qui
per la prima volta. L'approccio del M. a questo suo personaggio è sicuramente di tipo
folcloristico: Renzo campeggia nel capitolo in lungo e in largo, attraverso tre precisi
momenti:
1) la gioia del giovane ventenne montanaro che corona il suo sogno d'amore;
2) la cautela di chi si sente ingannato e vuole scoprire il perché;
3) l'ira furibonda e la cocente disperazione dell'impotenza di fronte ad un torto subìto.
Parallelamente, abbiamo tre importanti dialoghi, attraverso cui Renzo
ci viene presentato nelle fasi successive: ne emergono i tratti principali, quelli di un
giovane di buoni sentimenti, anche profondi, accomodante quando è possibile, ma anche
pronto all'ira e alla malizia, quando gli vengano negati i valori fondamentali a cui ha
giustamente diritto. I tre dialoghi hanno rese stilistiche diverse, a seconda delle
situazioni che si verificano: il primo è rotto e
discontinuo, il secondo più cauto ed accorto, il terzo, decisamente drammatico, con la
involontaria minaccia a Don Abbondio.
b) Lucia: Prima del rapido scambio di parole, con cui Renzo dà alla
promessa notizia del necessario rinvio delle nozze, il narratore può presentare la sua protagonista femminile. La presentazione
risponde senza dubbio allo stesso gusto folclorico che abbiamo notato per R.
(folclorico=attenzione al gusto e al colore locali). Ma, due sono gli elementi che vanno
evidenziati in questa seconda macrosequenza del capitolo: il breve dialogo fra i promessi, e la
reazione di Lucia all'annuncio del rinvio. Lucia è qui già presentata sì come una
figura femminile caratterizzata da un grandissimo pudore (tratti che spesso l'hanno
allontanata nella comprensione da lettori abituati a tipi femminili del tutto diversi), e
da una grandissima riservatezza; tuttavia, deve risultare chiaro che il M. ci presenta fin
dall'inizio Lucia come una figura dalla grande forza interiore, che le
consente, qui soprattutto, di assumersi le sue responsabilità di donna di fronte a questa
prova inaspettata, ed a congedare le amiche e
conoscenti del paese, annunciando loro la nuova del rinvio del matrimonio. Una
situazione in cui una ragazzetta sentimentale di certo romanticismo deteriore non avrebbe
certo mancato di svenire. D'altronde, è già contenuto in questo capitolo, sebbene in
nuce, il tema fondamentale che più avanti ritroveremo: Lucia è dispensatrice di
grazia: è proprio l'affacciarsi di lei alla sua mente che ha già distolto
Renzo, in preda alla disperazione impotente che dicevamo, dal pensiero innominabile
dell'omicidio e della vendetta sanguinaria. Ella non ha bisogno di affidare ad un compiuto
discorso i motivi del suo silenzio sul torto subìto da don Rodrigo. Basta un "Ah, Renzo!", per esprimere
cripticamente tutto il suo senso della convenienza, della serietà e riflessività che la
animano: una straordinaria ricchezza d'animo, insomma.
C) Puntualizzazioni sulle figure
di Don Abbondio e di Perpetua
Don Abbondio cerca qui di giocare tutte le carte in suo possesso per imbrogliare
la situazione il più possibile allo scopo di mantenere nascosta la vera ragione del
rinvio. Possiamo dunque dedurne che egli, già ampiamente dimostratosi vile nel capitolo
precedente, ora ci appare anche ipocrita: perfetto figlio del suo secolo,
non già della vocazione sacra cui è chiamato dal suo ministero. Tuttavia il M. evita di
giocare la carte della condanna totale del vile curato: alla fine del capitolo, egli è
ridotto ad una macchietta meccanica; in questo modo la sua figura scivola nel comico, cosa
che consente al M., in questa come in numerose altre situazioni del romanzo, a sfumare nel
sorriso e nel distacco comprensivo fatti e parole che comporterebbero una condanna morale
inesorabile, e la definitiva antipatia del lettore per questo personaggio.
Perpetua, dal canto suo, ci appare come una serva padrona animata dalla volontà di intervenire in modo attivo sulle faccende del mondo, a animata da una certa saccenteria popolana e da un certo orgoglio. Tutto ciò è visibile nel colloquio con Renzo, dove ella lascia intendere di sapere qualcosa, e esalta a dismisura il suo ruolo di onnipotenza in relazione alla disperazione di Renzo.
Potremmo concludere questa introduzione al secondo capitolo dicendo che, pur mostrando solo le avvisaglie delle prove ben più impegnative che il narratore affronterà in seguito, abbiamo qui un forte interesse narrativo, all'intreccio delle sequenze e all'approfondimento 'in variazione' alla psicologia dei personaggi. Un capitolo meno "impegnato", insomma, dei precedenti, ma caratterizzato da un suo nitore proprio perché vi si profonde l'ineguagliabile amore del M. per la narrazione.