Il Manzoni si vuole fare gioco di
Renzo?
L'oste della Luna Piena
Il notaio criminale
A) Il Manzoni si vuole fare gioco di
Renzo?
Il personaggio di Renzo non esprime meno del mondo del suo creatore rispetto a
Lucia. Sarebbe superficiale affermare che Lucia ha uno spessore funzionale superiore al
suo promesso nell'economia del romanzo. Se la religiosità, vissuta con soavità e
fermezza di carattere è al centro della figura di Lucia, e si gioca tutta su componenti
squisitamente femminili, quali l'istinto ed il sentimento, diversamente avviene per Renzo,
in cui la religiosità è pure centrale, ma si rivela ancorata a motivi e necessità più
terrene, razionali e concrete. Così potremmo scrivere l'equazione:
Lucia = religione e fede
Renzo = religione e storia
Se quanto precede è vero, allora appare superficiale il giudizio di
chi vuole vedere nell'atteggiamento del Manzoni verso Renzo solo un gioco o una sottile
volontà di beffa. Non è così, anche se va certo tenuto presente che il narratore ha in
mente il topos letterario del contadino inurbato, un modulo assai illustre e che
risale alle letterature classiche. Ma se il narratore volesse solo prendere in giro Renzo,
tutto quello che abbiamo già detto nel commento al 14° cap. circa l'identificazione
fra i due, verrebbe a cadere.
Sarebbe anche interessante confrontare il personaggio di Renzo col tipo comico
del Calandrino boccaccesco: mentre questi è un idiota che vuole fingersi furbo e viene
smascherato e beffeggiato da tutti, Renzo, invece, è dabbene, ossia ingenuo, perché
onesto: e chi è onesto, in un mondo di furbi e di ipocriti, non può apparire se
non idiota, o comunque fuori luogo. Che Renzo non sia sciocco, ma impari subito la lezione
di questo mondo di ipocriti e di sopraffattori, lo dimostra che egli non presta fede a
tutte le menzogne con cui il notaio criminale lo vuole rabbonire, per ottenere lo scopo di
condurlo in prigione. E nessuno può dubitare che la protesta contro un mondo di potenti
che si servono del latino e del catellano per ingannare la povera gente non trovi il M.
concorde al cento per cento: di un personaggio capace di essere fiero di aver
fatto tutto in volgare, ossia di aver detto le cose una volta per tutte nella
chiarezza della verità, il M. non può certo prendersi gioco.
B) L'oste della Luna Piena
La figura di questo oste, che abbiamo già conosciuto nel cap. precedente, viene
approfondita anche qui. Egli ha una sua precisa configurazione morale, che lo accomuna a
quello del paese di Renzo. E' la morale dell'interesse privato, senza preoccupazione per
gli interessi civili e sociali, gli interessi "degli altri" che egli non può
identificare anche come i suoi. Egli sa di non potersi comportare altrimenti da come i
tempi e i potenti lo costringono: il mondo è sempre stato in loro mano, e qualunque cosa
si ascolti o si senta, bisogna far finta di niente, e badare solo che i clienti paghino:
non importa se essi parlino di pane e di galera. Bisogna solo far l'oste (espressione
divenuta proverbiale in italiano proprio grazie a queste magistrali figure di osti
manzoniani).
La negatività di questo oste è tuttavia smorzata dal fatto che egli prova una
segreta, quasi inconfessata attrazione per Renzo, cioè per la sua antitesi vivente (il
binomio prudenza-imprudenza): egli a differenza di Renzo, sa che quella giustizia da lui
tanto gridata è impossibile e che costerà cara al montanaro: ma questa consapevolezza
gli causa un certo sentimento paterno e di pietà verso l'ingenuo giovane, che sente con
ambivalenza come un seccatore, ma anche confusamente come la vittima innocente di un mondo
spietato di violenza. Dunque un personaggio più approfondito e meglio caratterizzato del
primo oste. Appartiene ad un popolo che ha ancora in sé tutte le possibilità di una
coscienza morale, ma che fallisce perchè tenuto sotto il calcagno di un sistema politico
violento, e soprattutto per mancanza di chiarezza etica ed intellettuale.
C) Il notaio criminale
E proprio di nullaggine intellettuale e morale è intriso totalmente il secondo
dei personaggi minori del capitolo: il notaio criminale. Asservito al sistema di
in-giustizia e sopraffazione della dominazione spagnola, egli si rivela capace di
assoggettarsi a questo sistema di violenza e sopraffazione per il solo amore di carriera e
di quieto vivere (l'amore per la toga): è per amore di carriera che egli
è felice di poter consegnare nelle mani dei suoi superiori un responsabile del tumulto:
che lo sia veramente, è poi cosa totalmente secondaria, ai suoi occhi. Il fatto di avere
un colpevole fra le mani è per lui la riprova che il suo sistema giudiziario funziona:
ecco perché si lascia andare alla deformazione professionale di vedere in tutti (anche in
chi, come l'oste, non sta facendo altro che il suo dovere di esguire le prescrizioni di
legge) potenziali criminali. Infatti il tono con cui si rivolge all'oste è quello con cui
l'uomo di giustizia si rivolge ad un colpevole o ad un sospetto. Di qui la conseguenza che
"aver a che fare con la giustizia" è sempre un pericolo, anziché una garanzia
della vita associata.
Altra caratteristica di un uomo di legge fasullo, di un falso magistrato, un uomo nullo
sotto il prfilo etico e professionale, è poi che sa fare il tracotante e lo spavaldo solo
quando si sente al sicuro nel palazzo di giustizia: ma poi è vigliacco fino al midollo di
fronte alla folla minaccioso. La sua fuga (uh! corvaccio) ne sancisce la
distruzione totale. Anche se abbiamo una sfumatura comica in questa beffa popolare ai suoi
danni, la condanna morale e civile del M. non potrebbe essere più completa.
Concludendo, possiamo affermare che la lezione che Renzo deve apprendere con grande celerità per sottrarsi alle grinfie del notaio è già la molla del riscatto dalla sua precedente ingenuità-dabbenaggine, che diventerà completa però solo quando egli saprà trovare dentro di sé la forza per non crollare, e sentirà infine la voce dell'Adda, potente metafora anche simbolica del salvataggio della sua Anima.