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Si può riscrivere la storia?
La negazione dell'Olocausto e il revisionismo storico si diffondono in
Europa, nel mondo arabo e in Estremo Oriente. La Germania, invece,
ricomincia a discutere sulla responsabilità collettiva dei tedeschi
nello sterminio degli ebrei
Nelle aule scolastiche si riscrive la storia giapponese
Toshiaki Miura, Aera, Giappone
Spesso criticati per le loro tendenze revisioniste, in Giappone i
politici trovano oggi degli alleati: una nuova leva di docenti
nazionalisti
Tokyo, 26 Agosto 1996
In copertina c'è una foto dell'attacco di Pearl Harbor con alcune
corazzate americane in fiamme. Sul rovescio, un ritratto del giudice
indiano Pal, che ha difeso l'innocenza dei criminali di guerra durante
il processo di Tokyo alla fine della Seconda guerra mondiale.
Riviste così hanno oggi un certo successo. Fra queste, Kingendaishi
no Jugyokaikaku [Riforma dell'insegnamento della storia moderna e
contemporanea], specializzata nell'educazione civica e destinata ai
maestri e ai professori delle scuole medie, è pubblicata dalla
Meijitosho, una delle grandi case editrici giapponesi a vocazione
educativa. In ogni numero, un dossier. Nel primo fascicolo,
Cambiamento di paradigma nell'insegnamento dei conflitti; nel
secondo, La guerra russo-giapponese nella storia mondiale; e
nel terzo, Come affrontare la restaurazione di Meiji?
Sfogliandoli, s'incontrano titoli come Cinque smentite alla tesi
delle 200mila vittime di Nankino, Verso un insegnamento
portatore di un sano nazionalismo, La rivoluzione di Meiji
sotto una luce simpatica, La verità e le menzogne sulle 'donne
di conforto'.
Il caporedattore della rivista, Nobukatsu Fujioka, insegna alla
facoltà di Pedagogia dell'Università di Tokyo. La sua opinione è che
l'insegnamento del dopoguerra propone una visione masochistica della
Storia che avvilisce il Giappone. Nobukatsu Fujioka chiama questa
tendenza, che invita a combattere, "punto di vista del processo di
Tokyo", con riferimento al processo degli Alleati contro i criminali
di guerra giapponesi. Ciò che auspica, è una visione positiva del
paese capace di risvegliare un sentimento di orgoglio per la sua
storia.
La fine della Guerra fredda e la storia
Kentaro Awaya, professore all'Università di Rikkyo e studioso del
processo di Tokyo, lo critica: "Il processo di Tokyo ha sollevato da
qualsiasi responsabilità l'imperatore, i grandi trust e i burocrati
filoinglesi e americani per addossarla all'esercito. Non ha rimesso
in discussione il dominio coloniale e neppure la guerra biologica e
chimica. La visione riduttiva di Fujioka non tiene conto di questi
fatti, i suoi sono slogan politici destinati a denigrare gli
avversari". Attualmente la polemica riscuote un enorme interesse nel
mondo dell'insegnamento.
Il professor Fujioka è un polemista progressista influenzato in
origine dal marxismo. Confessa di "essere stato a lungo prigioniero
delle illusioni suscitate dal socialismo e dal pacifismo". È stato
durante un soggiorno negli Stati Uniti, dove si trovava subito dopo
la guerra del Golfo in qualità di ricercatore, che il suo modo di
pensare ha subìto un radicale cambiamento. All'epoca, gli americani
rimproveravano ai giapponesi di non aver inviato uomini a combattere
contro gli iracheni. "Malgrado le richieste fatte al Giappone di
comportarsi come una grande potenza economica, in realtà lo si
considera un paese di nessun rilievo filosofico o politico: perché la
storia del paese viene negata e i giapponesi sono prigionieri di una
situazione che non consente loro di avere un'identità", spiega.
Al suo ritorno, Fujioka si è battuto per una riforma dell'insegnamento
attraverso il mensile di Meijitosho, Shakaika kyoiku
[Educazione civica]. L'anno scorso, è stato nominato caporedattore
della rivista Jugyokaikaku [Riforma dell'insegnamento].
Parallelamente, dirige un gruppo di lavoro basato sulla sua visione
"liberale" della storia a cui partecipano 400 persone, soprattutto
insegnanti di Educazione civica. La fine della Guerra fredda o la
crisi del sistema politico giapponese hanno provocato tanti
cambiamenti, interni e esterni, che hanno favorito il voltafaccia di
Fujioka, ma che hanno anche reso più facile il successo delle sue
idee.
Le ricerche storiche condotte dopo la guerra sono state caratterizzate
da una fortissima diffidenza nei confronti del nazionalismo. Per
questo motivo, le discussioni che avrebbero potuto affrontare con
decisione questo tema non sono state sufficientemente approfondite.
Se gli argomenti di Fujioka destano oggi tanto interesse, è perché
vanno a toccare questo punto sensibile.
Un aiuto alla destra conservatrice
Quando, nell'autunno scorso, ha fondato la rivista
Jugyokaikaku, ha ricevuto molte telefonate d'incoraggiamento.
Del primo numero sono state vendute 20mila copie, con una prima
tiratura di ottomila esemplari, subito esaurita, e diverse ristampe.
Yutaka Yoshida, professore incaricato all'Università Hitotsubashi, a
Tokyo, e autore di numerose opere, fra cui Nihonjin no sensokan
[La guerra vista dai giapponesi], s'interessa a questo movimento in
quanto fenomeno di costume. "Molte persone provano un vivo
risentimento per il fatto che la responsabilità del Giappone nella
guerra è continuamente chiamata in causa e che si pretendono delle
scuse. La celebrazione del cinquantesimo anniversario della fine
della guerra, lĠanno scorso, ha costretto il Giappone a tener conto
del punto di vista della comunità internazionale, ma adesso stiamo
tornando indietro", osserva.
Le critiche che si basano su una visione nazionalista dei fatti ci
sono sempre state nei confronti dell'insegnamento della storia.
Nella maggior parte dei casi, provengono da politici o da
intellettuali, ma raramente da insegnanti. La novità, oggi, è che
arrivano dall'ambiente dell'istruzione e persino da gruppi di
insegnanti. "Gli specialisti cominciano finalmente a riflettere
mettendosi nei panni dei giapponesi", esulta Seisuke Okuno,
presidente dell'Unione dei deputati per un Giappone felice e uomo
forte dell'ala destra della principale formazione conservatrice, il
Partito liberaldemocratico. "Impregnato di masochismo com'è
attualmente, il nostro paese corre verso la rovina. Un insegnamento
che non susciti un sentimento d'orgoglio nei confronti della patria
si lascerà invadere dal male", fa osservare Okuno.
Quando ha definito la sua visione della storia, Fujioka ha messo da
una parte quella del processo di Tokyo e dall'altra quella che
giustifica la guerra condotta in Asia e la esalta. Ha collocato la
sua teoria a metà fra queste due tendenze che considera estreme. A
Okuno, che pure è vicino a coloro che difendono la guerra del
Pacifico, Fujioka appare come un alleato influente a cui desidera
offrire il proprio incoraggiamento. Del resto, le differenze fra i
due uomini si attenuano ogni giorno di più.
Resta da sapere se la posizione di Fujioka provocherà realmente delle
discussioni sul nazionalismo, pressoché assenti nell'ambiente degli
storici e degli insegnanti di storia, o se si trasformerà in una
semplice arringa rivolta a un Giappone incapace di guardare in faccia
il proprio passato e che, per il resto, trascura l'importanza della
coesistenza con i paesi asiatici. Le distanze che prenderà rispetto
alla visione del defunto scrittore Ryotaro Shiba permetteranno di
rendersene conto.
Fra le opere di quest'ultimo, Saka no ue no kumo [La nuvola
sopra la collina] è quella che Fujioka ammira di più. Egli ritiene
che in questo dramma, che rievoca il modo in cui, durante la guerra
russo-giapponese, i dirigenti giapponesi sono riusciti a evitare una
crisi d'identità nazionale, l'autore abbia saputo ispirarsi a un
nazionalismo di buona lega.
È proprio intorno alla visione storica di Shiba che Fujioka vorrebbe
costruire un consenso popolare. "Se avessimo alla base un'immagine
positiva del nostro paese, una parte dei suoi fallimenti potrebbe
essere fonte d'insegnamento e non di umiliazione", afferma Fujioka.
Ma Shiba, che ha dimostrato un certo entusiasmo nei confronti
dell'era Meiji [1868-1912], è in compenso molto severo verso la
prima parte dell'era Showa [1926-1989], caratterizzata dalle
eccessive ingerenze dei militari. Allo stesso modo, ci si può
legittimamente chiedere se Fujioka riuscirà a raggiungere i suoi
obiettivi " dare della storia un'immagine positiva, capace di
suscitare l'orgoglio nazionale " quando rievocherà gli avvenimenti
accaduti dopo l'occupazione della Manciuria, nel 1931, che ha segnato
l'inizio dell'invasione della Cina e della guerra del Pacifico.
(C. P.)
Dal numero 148 di Internazionale del 20 Settembre 1996
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