"RISSA IN GALLERIA"

È una delle tele più note del primo periodo d'attività di Umberto Boccioni, un'opera di spirito profondamente futurista, pur precedendo il vero futurismo pittorico di qualche anno, ed è una celebrazione artistica di Milano: è "Rissa in galleria". Il dipinto, entrato nella collezione Jesi e, come tale, da anni parte integrante del patrimonio della Pinacoteca di Brera, risale al 1910. È un anno importante sia per Boccioni, all'epoca ventottenne e dal 1907 residente a Milano (era nato a Reggio Calabria), sia per l'intero movimento futurista (a cui il pittore aveva da poco aderito), che, costituitosi nel 1909, nel corso dell'anno successivo allarga i propri interessi anche alle arti visive con la pubblicazione del "Manifesto dei pittori futuristi" (11 febbraio) e de "La pittura futurista, manifesto tecnico" (11 aprile 1910).
"Rissa in galleria" viene concepita in una fase della pittura boccioniana già idealmente futurista, ma ancora stilisticamente lontana dai moduli "pienamente futuristi" che verranno sviluppati solo dopo il confronto diretto con le nuove avanguardie artistiche parigine.
Il soggetto/pretesto è una rissa tra due prostitute davanti a un caffè della Galleria Vittorio Emanuele II, nel centro di Milano. È sera e, sotto la luce dei nuovi lampioni elettrici, una disordinata folla si assiepa intorno alla piccola scena. A un livello più profondo il vero soggetto appare però più vasto: è la città, nella sua interezza, che esplode e implode di modernità e movimento. Protagonisti infatti sono la luce (dalle lampade ad arco di coronamento e dall'interno del caffè) e il dinamismo (quello dei personaggi antistanti, con il netto passaggio dalla rappresentazione del singolo a quella della folla come entità viva e dotata di un'anima propria).

 La luce, la prima protagonista citata, inonda la scena, vibrante di cangiantismi cromatici, a loro volta fondati su un'attenta applicazione del divisionismo, la tecnica pittorica diffusa in Italia tra '800 e '900 che Boccioni avevo appreso da Gaetano Previati, uno dei più apprezzati e attivi artisti italiani a cavallo tra i due secoli, e da Balla, del gruppo futurista romano (è la tecnica pittorica che dominerà le tele dei futuristi fino all'apprendimento della scomposizione cubista). Alla luce si somma poi, come detto, il movimento: pur ancora con un'attenzione al dato reale propria della tradizione pittorica italiana ottocentesca, Boccioni riesce a trasmetterci la concitazione dinamica dell'evento, con un'ideale fusione tra la folla sovraeccitata e la vibrazione della città tutt'intorno. È il diretto antecedente di quella fusione ormai effettiva che si paleserà nelle successive tele de "La città che sale" (1910, sopra a destra) e de "La strada entra nella casa" (1911, sotto).
 "Rissa in galleria" è, infine, un'acuta testimonianza storica (non ancora travolta dalle complicazioni formali dell'avanguardia e perciò più diretta) di quello che doveva essere il fervore di Milano alle soglie della Grande Guerra, riassumendo in sé i contrasti di una metropoli in profondo cambiamento (fu quella che ebbe la maggiore espansione, tra le città italiane dell'epoca). La scelta del "palcoscenico" Galleria è caratteristica, così come quella del caffè rappresentato, l'antico "Caffè Campari", un pezzo della storia ambrosiana, che lo stesso Boccioni e altri artisti e letterati di quegli anni frequentavano quotidianamente.

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