"LA GALLERIA DI MILANO"
Equilibrata sintesi tra esigenza di dinamismo e necessità di ordinata strutturazione nella rappresentazione della realtà fatta da un artista aperto agli influssi europei
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Carlo Carrà, "La Galleria di Milano",
1912, olio su tela, 91x51,5 cm |
Carlo Carrà ( 1881- 1966) riassume nel suo iter artistico le correnti
fondamentali del suo periodo storico, dal Futurismo alla pittura metafisica alle
tendenze novecentiste, identificandosi come uno dei più significativi artisti
dei primi decenni del '900 in Italia. Artista impegnato, attivo, di
straordinaria vivacità culturale e creativa, con contatti nell'ambiente
intellettuale italiano e parigino, con sconfinamenti nel Divisionismo e nel
Cubismo, Carrà si definisce per un suo personale stile espressivo di forte
solidità plastica, nel solco della grande pittura
italiana (pubblicò "Parlata su Giotto" e "Paolo Uccello
costruttore", analisi formale di notevole profondità sulla valenza tattile
della pittura), riconoscendo nella tradizione, con chiara adesione ai valori di
Novecento, le radici del suo linguaggio di severa volumetricità,
solidamente tridimensionale, che assumerà accenti chiaramente
metafisici, con qualche sfumatura di enfaticità, dopo
l'incontro con Giorgio De Chirico e Savinio.
L'ampiezza degli interessi e le puntate più o meno occasionali in ambiti
culturali anche molto diversificati implica in Carrà una qualche incertezza
formale, almeno nella prima fase della sua attività, incertezza che verrà
definitivamente superata in quello che sarà lo stile più personale dell'artista,
nel filone di un realismo magico che recupera le origini culturali della
tradizione pittorica italiana, soprattutto trecentesca, rivisitata attraverso la
ricerca di un intrinseco ordine strutturale nella realtà, di
tipo architettonico (nel 1922 egli dice di aver deciso "di non accompagnarmi
più ad altri, di essere soltanto me stesso").
Il quadro presentato appartiene al periodo di tendenza cubista,
in concomitanza con un soggiorno parigino (nel 1911 e nel 1912 fu a Parigi, dove
conobbe Picasso, Modigliani, Braque, Matisse), che lo stesso Carrà riconosce
come un momento culminante dello sviluppo della sua poetica.
Rappresenta la Galleria Vittorio Emanuele II di Milano, cuore commerciale della
città, con locali pubblici, negozi, caffè, che Carrà raffigura secondo
un'accentuata frammentazione della forma, con evidente modalità cubista, in una
contenuta gamma cromatica, anche questa sulla scia del monocromatismo
che caratterizza il primo Cubismo di Picasso e Braque.
L'immagine scomposta nei suoi piani e ricostruita secondo una nuova esigenza
spaziale, che la proponga simultaneamente da più punti di vista, identifica il
luogo attraverso poche citazioni, la scritta Biffi, il nome di un celebre caffè,
e l'accenno alla forma ottagonale della cupola all'incrocio dei due bracci della
Galleria, mentre il senso della vitalità e del movimento, reso dal vivace
contrasto luministico che introduce un accentuato gioco di luci ed ombre
attuando un "concetto dinamico assunto quale elemento
fondamentale", si riallaccia alla ricerca del Futurismo, dal quale Carrà
uscirà polemicamente tre anni più tardi (vi aveva aderito nel 1910
sottoscrivendone il Manifesto).
La composizione è pervasa da una tensione dinamica sconosciuta
al cubismo picassiano, con il quale Carrà rivendica consapevoli differenze:
"I cubisti per essere oggettivi si limitavano a considerare le cose girandovi
intorno ....... Noi futuristi invece ci volevamo immedesimare nel centro delle
cose, in modo che il nostro io formasse colla loro unicità un solo complesso.Così
noi davamo ai piani plastici una espansione sferica nello spazio, ottenendo quel
senso di perpetuamente mobile che è proprio di tutto ciò che
vive".
Forse, con "Ritmi d'oggetti", la più significativa opera futurista di Carrà, questo quadro sintetizza le due diverse declinazioni del suo linguaggio, da una parte una forte esigenza di dinamismo, dall'altra un'irrinunciabile necessità di strutturazione ordinata nella quale, anche in presenza di una percezione metafisica del reale, non viene mai meno un sostanziale figurativismo e una lettura in chiave naturalistica dell'opera, equilibrato connubio nel quale risiede l'originalità del linguaggio di questo artista.
http://guide.dada.net/arte_moderna/interventi/2004/05/158547.shtml