Quando nel 1353 il grande campanile di Santa Maria Maggiore (la cattedrale invernale nel secolo IX accanto alla maggiore di S. Tecla, risalente al IV secolo) crollò rovinando sulla facciata e parte della navata, risultato vano ogni tentativo di restauro, maturò gradualmente la decisione di costruire una nuova cattedrale. Il vescovo Antonio da Saluzzo, il 12 Maggio 1386, poteva annunciare che "i fedeli con cuore unanime intendevano edificare ex novo la propria cattedrale". I milanesi di fatto intrapresero con entusiasmo la nuova costruzione secondo l'esperienza culturale e tecnica nella quale si sentivano maestri: il gotico lombardo, meglio milanese, realizzato con murature di mattoni e ornati di cotto. Iniziarono dall'abside, ma l'impegno di portare avanti un tale gigantesco cantiere dovette attenuare un po' quegli entusiasmi. In questa situazione ebbe modo di inserirsi il duca Gian Galeazzo Visconti che, ormai sempre più potente signore di un ducato assai esteso, voleva arricchire Milano di un monumento che fosse a un tempo segno di autorità e di prestigio. L'intervanto del duca segnò per il Duomo la svolta gotica d'Oltr'alpe, infatti Gian Galeazzo scelse e volle il gotico delle cattedrali della Germania e, soprattutto, della Francia ben diverso dal gotico italiano da tempo fiorito in Toscana. Concordemente alla volontà del duca il cotto fu sostituito con il marmo. Per questo il duca concesse l'uso delle cave di Candoglia nella bassa Val d' Ossola (24 ottobre 1387) e assicurò con provvedimenti fiscali e oneri di vario genere aiuti finanziari all'iniziativa. La costruzione del Duomo coinvolse a più livelli una grande parte della popolazione e furono molti gli artisti che vi contribuirono ponendo spesso in secondo piano la propria fama personale in favore della gloria dell'intera città.

Stemma della Fabbrica del Duomo riproducente la facciata di Santa Maria Maggiore.

La lapide sulle origini del Duomo nella prima campata meridionale

 

Cave di Candoglia nella bassa Val d'Ossola

Il duca Gian Galeazzo Visconti

Nonostante l'impegno di molti e l'aiuto munifico del duca, le spese per la costruzione del Duomo divennero così ingenti da minacciare una sospensione dei lavori. Per alimentare le esauste finanze della Fabbrica, l'arcivescovo e il duca, di comune accordo, chiesero e ottennero nel 1391 da papa Bonifacio IX il beneficio di un grande giubileo per quei sudditi del ducato visconteo che avessero visitato le basiliche di S. Ambrogio, S. Nazaro, S. Simpliciano, S. Lorenzo e il Duomo in costruzione; le offerte raccolte sarebbero state divise in parti uguali fra Roma e Milano. La richiesta di indulgenze venne reiterata e Bonifacio IX tornò a concederle con larghezza, meritandosi la riconoscenza dei Milanesi che posero in Duomo una lapide con la sua effigie e un carme di ringraziamento. Le sei porte della città, le parrocchie e le confraternite, le corporazioni d'arte e mestieri fecero a gara nel promuovere iniziative intese a raccogliere fondi, nel costruire e nell'offrire altari, vetrate, statue dedicate ai loro patroni. A progettare e a dirigere i lavori vennero chiamati architetti e artisti fra i più celebri del tempo, italiani e stranieri; questi ultimi vennero però presto congedati.

Bonifacio IX si prodigò notevolmente per la costruzione del Duomo

Sebbene i lavori di costruzione fossero lungi dall'essere ultimati nell'ottobre del 1418 papa Martino V, di ritorno a Roma dal concilio di Costanza, sostò a Milano per consacrare l'altare maggiore del Duomo e inaugurare così la nuova cattedrale.

Papa Martino V, che inaugurò la nuova cattedrale aprendola al culto. "In quei giorni - scrive lo storico Corio riferendosi alla visita del pontefice - si lavorava a furor del popolo al nuovo altare (...); Il Pontefice celebrò la prima Messa con molte cerimonie secondo il costume pontificale, alla quale intervennero meglio di centomila persone, molte furono soffocate e assai violate; e poi il Pontefice refirmò la predetta indulgenza, soggiungendo cento giorni di perdono a qualunque visitava quell'altare nel giorno della vigilia della dedicazione della dedicazione della Chiesa."

Il cardinale Carlo Borromeo

 

Quando Carlo Borromeo entrò in Milano il 30 settembre 1565, subito iniziò una vasta opera di rinnovamento e di riforme. Per sua volontà, il Duomo divenne il tempio esemplare della cattolicità post tridentina. Egli affidò all'architetto Pellegrino Tibaldi dei Pellegrini la progettazione e la direzione dei lavori e questo, nell'intento di enfatizzare la natura italiana e romana della cattedrale, disegnò una facciata in stile romanico con colonne, obelischi e un grande timpano, che non fu mai realizzata. A S. Carlo si deve infine la consacrazione del Duomo, avvenuta il 20 ottobre 1577.

 

Federico Borromeo continuò l'opera del cugino S. Carlo sollecitando i lavori di costruzione che ricevettero un notevole impulso sotto la direzione di Richini che, tra l'altro diede inizio ai lavori della facciata ultimati quasi due secoli dopo con Napoleone. Gli ultimi anni della dominazione spagnola rappresentarono un periodo di grave stasi per i lavori del Duomo; le continue guerre fra Spagna e Francia e il conseguente inasprirsi delle tasse misero in difficoltà la Fabbrica.

Veduta di piazza del Duomo nel 1738. Si nota la facciata del Richini ormail completata mentre manca ancora la guglia maggiore.

La celeberrima madonnina

 

Lunghe e aspre controversie con la Fabbrica caratterizzarono anche il periodo della dominazione Austriaca instauratasi nel 1737. Perseguendo nella sua rigorosa politica di riforma amministrativa e fiscale fortemente accentratrice, il governo austriaco, sotto l'imperatrice Maria Teresa, tendeva a limitare sempre più l'autonomia della Fabbrica con ingerenze che ne riducevano la possibilità d'azione. Naturalmente in una simile situazione i lavori non potevano procedere con un ritmo regolare, tuttavia non mancarono contributi importanti alla grande costruzione. Ripresero con vigore le opere di scultura e la statuaria; il problema della facciata, sempre aperto, non veniva invece affrontato in modo risolutivo, anche per i duri tempi che la Fabbrica e Milano attraversavano. Ebbe invece felice soluzione la secolare questione della guglia maggiore, con l'esecuzione dell'ardito ed elegante progetto di Francesco Croce (1765-69), sulla quale poi modellato da Francesco Perego ed eseguito dall'orefice Bini, venne innalzato l'aureo simulacro dell'Assunta, La Madonnina 1774.

Il 26 maggio del 1805 Napoleone Bonaparte fu incoronato re d'Italia. Durante la sua permanenza a Milano egli prese ad interessarsi da vicino del Duomo, consapevole del peso politico che l'interesse dimostrato per la cattedrale avrebbe potuto giocare in suo favore. Assunse così l'iniziativa di portare a termine la facciata da troppo tempo incompiuta, impose che le spese per i lavori venissero dimezzate e che gli stessi fossero portati a compimento entro due anni. Promise anche il versamento di 5.000.000 di lire ma, essendo esaurito l'erario, per pagare le ingenti spese ordinò alla Fabbrica di vendere tutti i suoi beni. Come riconoscimento per il suo interessamento una statua che lo rappresentava fu posta in cima ad una delle guglie.

L'incoronazione a re d'Italia di Napoleone in Duomo

 

Veduta di piazza del Duomo in una fotografia del 1909

 

Il bombardamento aereo di Milano delle forze alleate non risparmiò il patrimonio artistico del Duomo. Dopo la guerra si provvide ai restauri, incoraggiati dal cardinale Schuster. Inoltre alla porta centrale in bronzo del Pogliaghi (1906-08) si aggiunsero tra il '48 e il '65 le altre quattro, che nelle loro formelle raccontano la storia religiosa di Milano. L'inaugurazione dell'ultimo portale (6 gennaio 1965) è considerata la fine della costruzione della cattedrale dopo cinque secoli dal suo inizio. D'altronde alcuni blocchi di marmo sono tuttora in attesa di essere scolpiti in statue e in ogni caso la Fabbrica del Duomo dovrà continuare ad esistere a causa della necessità di periodici restauri.