E' concepibile un rapporto di tre individui di cui uno sia per giunta una donna, che sia duraturo, profondo, sincero e che abbia la pretesa di avere il nome di amicizia? Certamente difficile, ma non impossibile: è questo che De Carlo riesce a creare in un romanzo tanto più realistico quanto più si complica nell'intricata e travagliata vicenda dei tre protagonisti: così assurda nella sua contraddizione intrinseca, così umana nella sua psicologia aggrovigliata.
Misia, elemento femminile di questa trittica relazione, come accennavo, funge magistralmente sia da elemento di scissione sia da fulcro d'attrazione fra Marco e Livio. E' una ragazza bellissima, espansiva, coraggiosa e spudorata, sincera ma contraddittoria, dolce ma orgogliosa: la sua personalità è eccezionale perché pur rientrando in una tipica psicologia di adolescente incosciente che attraverso azzardate esperienze giunge a un certo equilibrio alla fine della sua vita, porta tutto questo a un estremo esplosivo e artistico. A questo vivere senza riserve o prudenza si affianca una personalità che più intimamente si travaglia silenziosa e si esprime infatti nell'arte di regista: Marco. Non osa mettersi in gioco in toto, ma nascondendosi dietro la videocamera crea film affidando ad attori ciò che lui non riesce a vivere in prima persona. Figura più problematica quindi, idealista cui la realtà finisce con l'infondere scetticismo e una certa amarezza. Terzo personaggio, nonché narratore è Livio. Livio è un elemento mediatore direi, non con questo volendo sminuire la sua centralità nella vicenda. Egli è il più moderato anche a livello caratteriale, il più riflessivo, razionale, altruista. A metà fra Misia e Marco, che un rapporto d'amore eterno ma irrealizzabile sempre unirà e dividerà, è amico di entrambi e terribilmente ama entrambi, diventandone così punto di contatto e di riferimento.
Nel romanzo, probabilmente proprio per il fatto che sia l'ultima opera dell'autore, si avverte un tentativo di sintesi e approfondimento insieme delle tematiche già presenti negli scritti precedenti; questo di riflesso conferisce alla narrazione una certa complessità sia per quanto riguarda l'intreccio in sé sia perché le problematiche, i messaggi e le critiche di fondo sono molteplici. Volendo fornire un'idea che pur non potendo mai essere esauriente, dia un immagine globale del testo e una sufficiente comprensione, tenteremo di suddividerlo in alcune parti.
Prima parte:
Il romanzo inizia con l'incontro casuale fra Livio e Misia: egli non appena la scorge
nell'ambiente fumoso e opprimente di un locale sui navigli se ne innamora, come folgorato,
e poco dopo, la sorte gli offre la possibilità di difenderla da un corteggiatore troppo
insistente. Nasce l'amicizia fra questi due protagonisti, amicizia che durerà tutta la
vita, ma che fino alla fine sarà difficile da accettare come tale da parte di lui. Una
caratteristica fondamentale infatti li accomuna, distinguendoli nettamente da Marco, e con
differenze e sfumature diverse anche in loro due, e cioè quella tendenza a cercare un
punto di riferimento affettivo e in un certo senso stabile, un equilibrio interiore che
con rabbia sentono ricercato in certezze esterne per una pace che non può altro che
essere puramente interiore, certezze quindi che non possono essere né durature né
autentiche. In entrambi è presente quel conflitto insanabile di bisogno-disprezzo di una
vita borghese, ma "protetta" che la opposta componente
artistica non può che far sentire ipocrita e non vitale. In Livio più moderato e
riflessivo la dicotomia è vissuta con meno angoscia e totalità, in Misia invece questo
è portato all'estremo e tutta la sua vita è un altalena fra bisogno di stabilità
affettiva e rivincita ribelle dell'istintivo, avverso a ogni convenzione, tradizione,
rituale socialmente pattuti e a tutti quei taciti divieti, obblighi e tabù positivi che
si instaurano nelle comunità umane. Ed è proprio questo suo esplosivo aspetto che
la accomuna a Marco, ma in maniera così prorompente e totalizzante da portare alla
reciproca distruzione e a un inevitabile scontro; anche in Marco infatti è presente un
certo conflitto di questo tipo, ma in lui trionfante l'elemento artistico predomina
senza incertezze: con questo personaggio De Carlo delinea un'immagine dell'artista che
rimanda decisamente a un'idea manniana. Artista vero è colui che per definizione non può
vivere una vita regolare e borghese, ma vive della sua creatività, della sua arte che lo
porta a essere incapace di regolarla su consensi o di permettere che sia limitata da
esigenze di mercato e dalle richieste di committenti. La sua arte non ricerca successo
perché non ha nessun legame con la realtà attuale né
con l'esistenza stessa, intesa anche come sopravvivenza in senso pragmatico, del creatore,
essa da sola lo rende ciò che è, lo mantiene in vita e paradossalmente lo porta
all'autodistruzione in solitudine. Prima conseguenza di un'anima tale è la difficoltà
nell'instauare un rapporto, che per forza comporta responsabilità e patti. Dopo che
infatti Misia e Marco si conoscono attraverso Livio che era coinvolto dalla creatività
dell'amico nella produzione amatoriale di un film, subito si instaura fra loro un rapporto
basato sul comune anticonformismo artistico e Misia si scopre abilissima attrice, Marco
altrettanto capace nel riprenderla, guidati da una sintonia da cui Livio, incosapevole
fino all'ultimo della loro relazione, viene sempre più escluso. Così nel momento in cui
di notte piomba a casa di Marco, vede Misia che esce da casa sua, sale e per l'evidenza
della situazione comprende tutto, rimane profondamente deluso e si sente anche tradito
dall'amico, con cui scoppia una lotta; ma non solo: dopo questo episodio Marco e Misia si
lasciano per i motivi caratteriali di attrazione e incompatibilià, causati, come detto,
principalmente dall'incostanza di lui, ma Livio ingenuamente pensa che l'abbiano fatto per
lui. A questo punto, con la prima delle varie sparizioni di Misia, si può dir conclusa la
prima parte del romanzo; si saprà poi che lei ha incontrato un affermato medico di Zurigo
e lo ha sposato, mentre Livio, soprattutto grazie all'impulso che Misia stessa gli aveva
dato di trovare una sua realizzazione, indipendente da Marco, nell'ambito della pittura,
vi riesce, cominciando a vendere qualche quadro, e Marco continua la sua produzione
cinematografica che riscuote un grande successo, affiancato dalla figura disprezzata ma
necessaria di Settimio Archi, parassita plautino che si occupa del lato economico e delle
pubbliche relazioni per l'amico. Misia riappare con una telefonata inaspettata a Livio,
invitandolo a farle da testimone al suo matrimonio e invitando anche Marco alla festa dopo
la cerimonia. La stessa sera Marco ha in previsione una manifestazione cinematografica in
cui egli avrebbe ricevuto un importante premio, Livio lo accompagna, ma a metà serata,
disgustati dall'ambiente falso di critici e intellettuali e produttori, decidono di andare
alla festa di Misia. Qui succede qualcosa che comprova il fatto che il matrimonio di lei
non è altro che un tentativo di trovare un rifugio dopo l'esperienza di pura precarietà
con Marco: lei dice a Livio di riferire a Marco che è disposta a fuggire con lui di nuovo
anche subito. Messaggio questo che non arriva al destinatario perché Livio lo trova
ubriaco con un'altra, ma ovviamente è frenato da ben di più, e questo rimorso lo
conserverà sempre.
Seconda parte:
Passa poi del tempo in cui la comunicazione fra i tre si interrompe fino a quando
preoccupati per il protratto silenzio dell'amica, Marco e Livio decidono di recarsi in
macchina a Zurigo per salutarla. E' così che la trovano a casa del fratello, coinvolti in
un traffico di eroina e sul punto di essere arrestati dalla polizia svizzera. Dopo poco
Marco e Misia si riscoprono attratti l'uno dall'altra e sfidando nuovamente
l'incompatibilità di fondo, fanno nascere un'altra relazione che li unirà anche nella
produzione di un film nella città toscana di Lucca. Livio si reca a trovarli e li trova
vivere in una situazione di coppia e quasi di vita coniugale che così poco si addice
loro! Di lì a breve infatti Misia se ne andrà di nuovo e Marco per lungo tempo non si
farà sentire.
Terza parte:
Livio decide di andare a Minorca per trovare ispirazione per i suoi quadri, e vive
per un lungo periodo con una ragazza spagnola di nome Flor, conducendo con lei un tipo di
vita all'insegna di alcuni clichés generazionali di rifiuto delle regole del consumismo.
Ma ben presto Livio riceve una lettera di Misia, da cui apprende che ella ha avuto un
bambino, e che attualmente vive in una comune nell'alta
Provenza.
La routine della vita alle Baleari è presto interrotta dall'arrivo di
un'imbarcazione intrusiva e inquinante, a bordo della quale, con grande sorpresa ed
imbarazzo di Livio si trova Settimio Archi, che è alla ricerca dell'amico di Marco, per
tentare tramite lui di rimettersi in contatto col regista, a cui vorrebbe proporre un
nuovo soggetto.
Livio, nonostante l'avversione che prova per il comportamento chiaramente interessato
di Settimio, decide di assecondare la sua richiesta, soprattutto perché apprende da lui
che la situazione personale di Marco è sempre più instabile, mano mano che egli si
inserisce nel mondo del cinema.
Tuttavia, Livio ha insuccesso nell'incontrare Marco, e così decide in un primo
momento di rientrare in Ispagna. Però, il rinnovato contatto coi due amici ha lasciato un
profondo segno sul suo umore, ed egli comprende come la sua scelta di vita sia ormai
esaurita e non lo possa più soddisfare. E' così che, spinto dalla segreta curiosità di
conoscere meglio il figlio di Misia, decide di recarsi in Francia alla sua ricerca. Ma
anche questo tentativo, dopo un burrascoso impatto con i compagni di comunità di Misia,
fallisce. Allora Livio, entrato definitivamente in crisi, torna a Milano, bisognoso di trovare una conferma affettiva dalla
nonna, ma, ancora inquieto ritorna a Minorca. Però il rapporto con Flor è
definitivamente incrinato, e, dopo una furiosa litigata, alla fine di cui è convinto
a lasciare lei e l'isola, decide invece di portare con sé la ragazza a Milano. Ma,
com'era prevedibile, l'impatto con la madre di Livio a Milano è totalmente negativo, e
ben presto la ragazza lascia definitivamente lui e la sua casa.
A questo punto si rifà viva Misia, col bambino, e chiede a Livio un favore: egli
avrebbe dovuto curare il suo bambino, il piccolo Livio, durante la sua assenza per girare
un film in Colombia. Inizia così il periodo parigino di uno strano pseudo-ménage
familiare, in cui Livio senior ha modo di instaurare un rapporto semi-paterno con Livio
junior, e in cui il nostro protagonista sperimenta ancora in modo dilacerante il suo
profondo coinvolgimento affettivo per l'amica di sempre.
E' uno dei momenti più intensi e coinvolgenti del romanzo, perché costituisce anche
una sorta di prova definitiva della ineluttabilità del legame fra Livio e Misia: infatti
quando ella ritorna dalla Colombia, Livio ha la terribile sorpresa di scoprire dopo poco
che l'amica è totalmente dipendente dall'eroina, cosa che rende sofferta e turbolenta la
convivenza nell'appartamento parigino, e sottopone a una durissima prova l'affetto di
Livio per l'amica. Nel frattempo, Livio ha scoperto che il bambino è stato concepito
durante la breve relazione fra Misia e Marco, ai tempi del film in Toscana.
E' così che Livio scrive una lettera allusiva, in cui avvisa Marco della nuova
situazione che lo riguarda. Contemporaneamente Misia, suscitando la feroce gelosia
dell'amico, ha una relazione con Tomàs Engelhardt, figlio di un ex nazista possidente
terriero in Argentina. Quando Livio ha la riprova definitiva che questa relazione si è
avviata, e resta sveglio l'intera notte ad aspettare l'amica, accumulando un'enorme
dolore, suona il citofono, e si annuncia Marco. A questo punto ha luogo la rivelazione
aperta della paternità, cosa che sconvolge profondamente il regista. Ma l'arrivo di Misia
non contribuisce certo ad allentare la tensione spaventosa fra i tre amici, la quale viene
però brutalmente spezzata con l'annuncio di Misia di un suo imminente matrimonio con
Tomàs da lì a qualche settimana.
Segue un periodo in cui Livio decide di restare vicino all'amico, che incassa a
fatica il duro colpo avuto dal rinnovato contatto con Misia. Egli resta in preda a una
cupa depressione per alcuni giorni nel suo appartamento di Londra, ma poi decide di
scrollarsi, e reagisce con un'euforia violenta, immergendosi nella vita notturna della
capitale, bevendo ed accumulando avventure erotiche. Livio lo segue a ruota, ma, quando il
gioco dell'amico si fa esageratamente duro, comprende di aver bisogno di una rinnovata
stabilità, e torna a Milano. La vita dissoluta e
inautentica, volta alla compensazione di un dolore devastante, intacca l'equilibrio dello
stesso Livio, il quale riscopre in questo momento della sua vita la sua vocazione
borghese, ed identifica nel comportamento dell'amico una spinta autodistruttiva dalla
quale egli intende proteggersi.
Ha così inizio una fase piuttosto lunga, in cui Livio recupera apparentemente la
propria stabilità grazie all'unione matrimoniale con una ragazza conosciuta ad una sua
mostra, Paola. Da lei ha anche due figli, ma è proprio quando la stabilità ed il
benessere (anche economico) di Livio sembrano raggiungere buoni livelli, che Misia
ricompare nella sua vita come una burrasca, anche se l'aspetto iniziale è quello di una
piacevolissima brezza. Infatti assistiamo ad un incontro familiare in occasione di una
mostra di Livio, in cui Misia ha modo di farsi apprezzare in tutta la sua riacquistata
forma e piacevolezza mondana da tutti i membri della famiglia. L'effetto sull'animo di
Livio è inizialmente neutro, di piacevolezza, ma il modo di essere dell'amica comporta un
implicito confronto con la personalità ben diversa di Paola, la quale sviluppa presto
atteggiamenti ostili nei confronti dell'amica del marito. Poco dopo, anche in occasione
del parto in cui la moglie si sottrae all'assistenza nella clinica della suocera,
incrinando definitivamente la fiducia del marito, a Livio i contatti telefonici con Misia
in Argentina appaiono sempre più come boccate d'ossigeno in un ménage familiare sempre
più compromesso ed oppressivo.
Paola, da ragazza benestante datrice di stabilità, diventa una persona completamente
vittima di tutti i peggiori luoghi comuni e pregiudizi della media borghesia milanese,
rivelandosi definitivamente la negazione vivente di qualunque creatività e fantasia. Il
rapporto fra i coniugi è ormai fatalmente avviato su di una china discendente, con la
tappa fondamentale della negazione a Livio di una visita a Marco per un importante premio
cinematografico a Brighton.
Quarta parte:
Passivamente, ma con rabbia repressa adattatosi al soffocante ambiente familiare,
Livio è come se non aspettasse altro che trovare la forza di uscire dalla tiepida e
monotona corrente in cui si è adagiato con sofferenza tacita. E' così che proprio mentre
sta tentando di dipingere nella sua casetta fuori città, fra il volume alto della
televisione che sua figlia sta guardando e il rumore dei giocattoli sbattuti sul pavimento
da suo figlio, suona il telefono: la voce di Misia sembra dar luce all'atmosfera
grigiastra del dicembre milanese e Livio senza esitazioni accetta il suo invito di andare
a Buenos Aires a trovarla per le feste natalizie. Ovviamente questo è l'incontro che per
entrambi sancirà la fine di un altro provvisorio periodo di bisogno di stabilità, che
non poteva durare più a lungo per il senso di frustrazione, alienazione e disagio che
provavano i due amici. Infatti la condizione di Misia non è molto diversa da quella di
Livio, che presto si rende conto di come poco si addica all'amica il ruolo di casalinga,
organizzatrice e padrona di una grande casa isolata con relativo podere e per di più
sotto la pressante "giurisdizione" della numerosa e potente famiglia del marito.
La reciproca confessione della sensazione di soffocamento data dalla pressione
normalizzatrice dei coniugi, avviene nella cucina della casa di Misia, dove Livio trova il
coraggio di raggiungerla sotto gli occhi di tutti e soprattutto sotto l'ormai esplicita
avversità di Paola. Avrebbero molte domande da farsi per aver la rinconferma che lo stato
in cui si trovano è il medesimo e che uno ha chiamato l'altra perchè si liberassero a
vicenda. Fanno riferimento a Marco non senza un po' d'invidia per il fatto di essere
affondati nella vita borghese mentre lui all'arte ha
sacrificato la vita e ancora Livio riscopre gelosia per il tono d'ammirazione con cui ella
ne parla ed è punto dal desiderio di conoscere se veramente lei, al contrario, ha
rinunciato all'arte per vivere. E' un momento molto alto e importante perché costituisce
la sanzione teorica della terminazione delle
vite insoddisfacenti di entrambi e la reciproca ammissione di questo vitale bisogno
di ribellione.
E il plateale gesto eversivo e rivoluzionario ci sarà presto, proprio durante la
cenone di capodanno, davanti a mariti, mogli, parenti. Resa ancor più spudorata
dall'alcool Misia si avvicina a Livio che la osservava andare di qua e di là, avanti e
indietro lungo l'enorme tavola imbadita, continuamente chiamata dagli ospiti per quello o
per l'altro motivo, pressata dalla silente pretesa di essera una perfetta padrona di casa
e contemporaneamente a tutti sale la rabbia davanti a quella ipocrita farsa e con sfida si
fermano a parlare con l'attenzione che si accresce da parte degli invitati nei loro
confronti, ma a loro non importa. Misia provoca l'amico, chiedendogli se tutto lì sia uno
schifo, se quella sia una vita sbagliata per lei, e quel ruolo non le si addica affatto;
ma sa che Livio è d'accordo, come inconsapevolemente lo è lei stessa, e sa inoltre bene
quanto tutto questo valga anche per l'amico. Durante questa finta aggressione che in
realtà nasconde complicità, rabbia verso il resto e che è anche una richiesta di aiuto,
tutto il senso di oppressione, di schiacciante regolarità, di stagnante ipocrisia e
sterile formalismo di quella vita che i due protagonisti sono pronti a lasciare
insieme, l'uno con l'appoggio dell'altra, si concretizzano incalzanti e
ossessivi negli ammiccamenti di biasimo, nelle occhiate di richiesta di tornare dagli
ospiti, negli sguardi interrogativi-indignati dei convitati, nell'impazienza stizzita di
Paola, nella incredulità superficiale di Thomàs; e tutto ciò, proprio per la
sua intensità, conferisce ai due la forza di contrastarlo e ribellarsene. Infatti Livio,
ed è questo uno dei pochi gesti di eclatante manifestazione estrema, si mette
d'improvviso a urlare, e alla sua voce e alla sua reazione è Misia ad aver dato
quell'incisività e quella forza altrimenti estranei alla sua natura tendenzialmente
moderata: insulta tutti e ordina loro di lasciar stare Misia per sempre, rivendicando
l'indipendenza e la libertà della amica insieme alle sue.
Parte quinta:
Intuibilissime le conseguenze del cenone liberatorio, l'autore non ne descrive
l'immediato post e l'ultimo capitolo si apre a divorzi già avvenuti da almeno due anni.
Misia a Firenze con i suoi figli che lavora a un centro di restauro e poi in Grecia; Livio
a Milano con una nuova relazione che fin dall'inizio si può dire non durerà; Marco che
da Londra ricompare con una telefonata nella notte perché ha letto sui giornali della
morte della nonna dell'amico e vuole trasmettergli il suo rincrescimento. Ed è così che
Livio prende il primo aereo per l'areoporto di Heathrow.
La vita di Marco come anche la volta precedente, gli pare frenetica: il regista sta
lavorando alla produzione di un clip per una canzone, convive con una star televisiva che
disprezza, e il suo insopportabile figlio adolescente, ha un grande studio caotico con
segretarie e assistenti e cellulari che suonano.
L'amicizia fra i due riappare in tutta la sua
intensità, ma in modo diverso, anche se come al solito leggermente conflittuale: Livio si
rende conto dell'egoismo profondo dell'amico (il suo essersi sempre esclusivamente
dedicato alla sua arte), della conseguente insoddisfazione per la mancanza di un rapporto
affettivo autentico, di caldi contatti umani, e vede come stia anche per cedere e
lasciarsi trasportare dalla corrente risucchiante del successo; e questo solo per una
certa passività pigra e chiusura polemica verso l'esterno, per l'incapacità d'essere
concretamente, anche, reattivo nella vita. Dal punto di vista di Marco, invece,
è la vita ad essere elemento trascurabile. Egli, lasciatosi prendere, ancora una volta,
da quell'entusiasmo giovanile pieno di creatività esplosiva e ribelle, aprendo un varco
nella sua spessa e pesante scorza di cinismo e scetticismo, in cui propone a Livio di fare
un film anticonformista al massimo, di denuncia della società dei media e del consumismo
e con mezzi amatoriali, finisce invece col firmare un contratto con un importante
compagnia americana. Per Livio è il tradimento puro. Non solo perché avevano deciso di
rifare un film insieme, non solo perché fino al minuto prima di firmare Marco non voleva
farlo, ma sopprattutto perché Marco aveva tradito per prima cosa se stesso, la sua natura
e si era adattato ai meccanismi ipocriti e lucrosi del mercato, del reale.
Il narratore torna così a Milano, deluso, forse disilluso, e trascorre uno dei
periodi peggiori della sua vita, durante il quale anche la sua arte risente dell'amarezza
interiore e i suoi quadri perdono i colori squillanti.
Ma proprio mentre un giorno torna a casa all'apice di una depressione crescente, una
Jaguar accosta e Marco esce chiamando e tirando per il braccio l'amico che non voleva più
rivolgergli la parola, continua a urlargli dietro, ma Livio è determinato, si avvia verso
l'ascensore, Marco corre dentro, gli si mette davanti e finalmente gli dice che aveva
mollato tutto e che aveva lasciato il set dopo solo pochi giorni, ribadendogli la sua
univoca e coerente natura. Livio a questo punto non può trattenere le lacrime, e i due
amici dopo due ore sono in viaggio con destinazione sconosciuta; anche se, quando Livio
dice a Marco che Misia è da sola ad Amsterdam, basterà un occhiata fra i due per
decidere immediatamente la meta.