Situata nella zona del campo Marzio settentrionale, in corrispondenza dell'attuale p.zza Montecitorio, la colonna Aureliana è uno dei più importanti monumenti di questa zona antica ancora in situ. Essa fu realizzata dopo il 180 (data della morte di Marco Aurelio), e prima del 196 (poiché da un'iscrizione sappiamo che il custode ad essa preposto, di nome Adrasto, ottenne il permesso di servirsi dei legni delle impalcature per costruirsi una casa: i lavori erano dunque terminati).


La colonna aureliana in p.zza Montecitorio.

La colonna ebbe come modello quella di Traiano, ed era in antico collegata attraverso una scalinata alla via Flaminia sottostante, ed era situata in una posizione più elevata di ca. m. 3,86 dell'attuale. Aveva un basamento altissimo, con sculture su tre lati, che furono distrutte nel 1589 per ordine di Sisto V, che curò un restauro della colonna e vi fece porre alla sommità una statua di San Paolo.
L'altezza del fusto è di m. 29,601 e quella totale di m. 41,951.
Il fregio rappresenta le guerre di Marco Aurelio contro Germani e Sarmati. Anche qui, come nella colonna traiana, la narrazione degli eventi inizia col passaggio dell'esercito romano su di un ponte attraverso il Danubio. A metà è presente inoltre - altra analogia - una Vittoria che divide due serie di episodi (campagne del 172-173 e 174-175).

Vi sono tuttavia importanti differenze con la colonna traiana: l'altezza del fregio è maggiore, le figure meno dense, più staccate le une dalle altre dal fondo, ciò che permette del resto una migliore leggibilità. Il rilievo perde la qualità di raffinatezza compositiva, con la sua notevole complessità di piani e di sfondi, che erano, nel monumento traianeo, un evidente riflesso della tradizione ellenistica. Qui invece assistiamo alla tendenza alla semplificazione e alla schematizzazione, mentre si mira ad animare le superfici con forti contrasti di luce, ottenuti lavorando in profondità col trapano. Una scultura che si potrebbe quasi definire "espressionistica" e che prelude già al linguaggio che si affermerà con forza nel III° sec. (si veda per esempio il rilievo da noi presentato dell'arco di Settimio Severo che presenta un rapporto assai stretto con questi).
La crisi della società romana, che porterà alle violente convulsioni del III° sec., primo segno della impotenza dell'Impero, si riflette fedelmente nella tendenza ad abbandonare i classici equilibri e le sottili raffinatezze formali dell'età adrianea ed antonina, per forme capaci di esprimere contenuti ben altrimenti drammatici: la tetra melanconia di alcuni pensieri di Marco Aurelio è la migliore illustrazione letteraria dell'arte della colonna.


Particolare della sommità del fregio.


Il Pantheon è certo il meglio conservato e anche il più sorprendente fra i monumenti di Roma antica. La sua conservazione si deve alla donazione che nel 608 d. C. l'imperatore bizantino Foca ne fece al papa Bonifacio IV e alla sua successiva trasformazione nella chiesa di S. Maria ad Martyres (609 d. C.).
La prima costruzione, realizzata fra il 27 e il 25 a. C., è dovuta ad Agrippa, nel quadro della ristrutturazione di tutto il Campo marzio centrale, allora iniziata dal genero di Augusto. Il tempio nella sua forma originale era tuttavia di forma diversa dall'attuale: era un tempio canonico di forma rettangolare, orientato in direzione opposta all'attuale (cosa che possiamo affermare in virtù di resti dell'edificio iniziale rinvenuti sotto l'attuale pronao).
Vi fu anche una ristrutturazione domizianea (dopo l'incendio dell'80 d. C.), di cui non siamo purtroppo informati.


Qui a sinistra un bollo laterizio di età adrianea.









L'aspetto attuale dell'edificio invece risale ai primi tempi del regno di Adriano, cioè fra il 118 e il 125 d. C., come ci confermano i bolli laterizi (le impronte sui mattoni), nonché una notizia del biografo di Adriano.

L'iscrizione tuttora visibile fu quindi messa da Adriano, il quale non volle mai che il suo nome comparisse su monumenti pubblici (ad eccezione del tempio di Traiano):

M(arcus) Agrippa L(uci) f(ilius) co(nsul) tertium fecit

Al di sotto di questa è leggibile una iscrizione più piccola, che ricorda un restauro in età severiana (202 d. C.), di entità assai modesta.


Frammenti architettonici raffiguranti delfini, tridenti e conchiglie, ora nel pas-
saggio sud dell'interno della rotonda del Pantheon, quasi sicuramente appar-
tenenti alla preesistente Basilica di Nettuno.

La ricostruzione di età adrianea modificò completamente l'edificio primitivo: mancando lo spazio davanti all'antica facciata (dove nel frattempo erano sorte la basilica di Nettuno e le Terme di Agrippa), essa fu ruotata in direzione nord di 180°. Il pronao attuale venne ad occupare l'area dell'edificio primitivo, mentre tra questo e la basilica di Nettuno sorse la grande rotonda.

In antico la facciata non era infossata come ora, ma si alzava su alcuni gradini, mentre la piazza antistante, molto più lunga dell'attuale e circondata da portici, impediva la vista della cupola: l'edificio aveva così l'aspetto di un normale tempio canonico, e il visitatore doveva esser colto dalla sorpresa dell'inaspettata pianta circolare dell'interno.

Il grande portico colonnato (largo m. 33,10 e profondo m. 15,50) ha una facciata composta da colonne monolitiche di granito (due delle quali, a sinistra, sostituite nel '600 con colonne delle Terme Neroniane), con capitelli e basi di marmo bianco. In corrispondenza della prima, terza, sesta e ottava colonna si susseguono in profondità altre due colonne, che formano così tre navate: più larga quella centrale, che conduce all'ingresso, più strette le laterali, che si concludono con due grandi nicchie per le statue di Augusto e di Agrippa. Il frontone era forse decorato da un'aquila con una corona. La rotonda poggia su un anello di calcestruzzo largo m. 7,30 e profondo m. 4,50. Il muro cilindrico che sorregge la cupola, spesso m. 6, è costituito da tre settori sovrapposti, segnati dalle cornici. La muratura si va alleggerendo man mano che si sale verso l'alto: in particolare nella cupola, dove vengono utilizzati lapilli vulcanici. All'interno sono visibili lungo il perimetro otto nicchie, alternatamente rettangolari e semicircolari, che separano otto giganteschi piloni, i quali a loro volta sono incavati da un vano semicircolare, con un passaggio all'esterno.


Particolare delle due colonne sul lato sinistro del pronao.

 

Chi entra nell'edificio ha subito una sensazione di armonia geometrica, e rimane impressionato dalla regolarità e semplicità delle forme, per quanto imponenti. La distanza dal pavimento al sommo della cupola è infatti identica al diametro della cupola stessa, cioè lo spazio interno del Pantheon viene a costituire una sfera perfetta (di m. 43,30 di diametro).
Nell'immagine qui sopra vediamo l'esedra centrale semicircolare, con due colonne di pavonazzetto, e le edicole con due colonnine (in totale sono otto, e il marmo delle colonnine si alterna fra granito, giallo antico, porfido). In primo piamo osserviamo anche il pavimento, a quadrati e cerchi inscritti, integralmente conservato nel disegno, nonostante qualche restauro. Vi compaiono gli stessi marmi usati nella decorazione architettonica: porfido, granito, pavonazzetto, giallo antico.


Particolare della cupola con i cassettoni concentrici.

La cupola è perfettamente emisferica, con un diametro di m. 43,30: la più grande mai voltata in muratura. Essa fu ottenuta con un'unica gettata al di sopra di una grandiosa centina di legno. E' decorata con cinque ordini di cassettoni concentrici (28 per ciascun ordine), che si vanno restringendo fino all'apertura circolare, larga quasi m. 9, che la conclude.