INTRODUZIONE STORICA
è doveroso iniziare con una piccola introduzione storica, poiché non è possibile considerare la questione palestinese come avulsa dal tempo, ma è necessario conoscere almeno superficialmente gli avvenimenti che hanno portato lo Stato in questa situazione di incertezza e tensione.
Nel 1917 l ‘Inghilterra esprimeva il suo consenso alle “aspirazioni sionistiche ebraiche” e alla creazione di uno Stato Nazionale Ebraico in Palestina. L’11 dicembre dello stesso anno iniziò il mandato britannico in Palestina , durante il quale l’immigrazione degli ebrei a causa della Rivoluzione russa e della guerra civile russa si intensificò causando forti scontri con gli arabi. Per sedare questi disordini il governo britannico assicurò la sospensione dell’immigrazione e l’indipendenza della Palestina entro dieci anni.Nel 1940 era scoppiata la Seconda Guerra Mondiale e all’interno della comunità ebraica si delinearono due correnti opposte: una a favore degli alleati, l’altra contro la decisione del governo di sospendere l’immigrazione dei profughi superstiti alla persecuzione nazista. Tuttavia al termine del conflitto mondiale avvenne un intensificarsi del terrorismo ebraico e, dato che il governo britannico non era in grado di assicurare la pace, l’ONU , nel 1947,decise di dividere lo Stato in due nazioni, una ebraica e una araba; di internazionalizzare la città di Gerusalemme ponendola sotto il controllo delle Nazioni Unite. La risoluzione fu accettata degli ebrei,ma respinta dai palestinesi. Seguirono così mesi di guerriglia tanto che il governo britannico decise di ritirare le proprie truppe e fu proclamato lo Stato d’Israele. Un anno dopo però scoppiò una guerra civile che si concluse solo con i trattati di armistizio di Rodi e il governo d’Israele passò sotto il controllo del leader laburista Ben Gurion.
Durante gli anni Cinquanta si assistette ad un graduale avvicinamento di Israele agli Stati Uniti, causato dalla politica antisionistica e antisemita adottata da Stalin, e di avvicinamento dell’Urss ai paesi arabi.
Nel 1956 il presidente egiziano, Gamal Abdel Nasser, nazionalizzò il canale di Suez e intraprese una politica panaraba. Tutto ciò diede origine ad un conflitto che vide contrapporsi da una parte Francia, Inghilterra e Israele, dall’altra l’Egitto. Il conflitto , però, nonostante la vittoria militare israeliana, non portò risultati duraturi per Israele.
Nel corso degli anni Sessanta, tuttavia, il presidente laburista fu costretto alle dimissioni a causa di un dissenso interno e assunse il potere Levi Eshkol che continuò a sviluppare i rapporti con gli Stati Uniti, l’Europa e il Terzo Mondo.Nel 1967 Nasser chiese il ritiro delle forze di sicurezza dell’Onu poste a presidio del confine del Sinai, egli proclamò la chiusura del Golfo di Aqaba e strinse un patto con la Giordania. Questo segnò l’inizio della guerra dei sei giorni che vide la vittoria delle truppe israeliane che occuparono Gerusalemme est , la Cisgiordania, la striscia di Gaza e le alture del Golan.
Nei primi anni Settanta Israele si trovava ,però, sempre isolato sul piano diplomatico internazionale e debole sotto il profilo economico di fronte alla coalizione araba. Nel 1977 salì al potere una coalizione di centro-destra che intraprese una politica intransigente verso il mondo arabo, favorendo l’insediamento di coloni israeliani nella Cisgiordania. Tuttavia verso la fine degli anni Settanta, vi fu un primo accordo che diede inizio al processo di pace, favorito dagli Stati Uniti. Con questo accordo l’Egitto ottenne la restituzione del Sinai e furono ristabilite le relazioni diplomatiche tra i due Stati.
All’inizio degli anni Ottanta anche il Libano prese parte al conflitto arabo-israeliano, poiché era sede dell’Olp.Tale organizzazione compì raid contro gli insediamenti israeliani nel Nord, per questo Israele rispose con l’invasione del Libano. Solo con l’intervento di Stati Uniti, Francia, Italia e Gran Bretagna la situazione migliorò e i capi dell’Olp si trasferirono in Tunisia. Comunque nel 1987 i Palestinesi dei territori occupati diedero vita all’Intifada, cioè una rivolta contro Israele, sostenuti dall’Olp ,che nel frattempo aveva dichiarato di abbandonare la strategia del terrorismo.
Con l’inizio della Guerra del Golfo, Israele venne attaccato da Saddam Hussein, che si poneva come il difensore della causa palestinese, ma gli israeliani non scatenarono rappresaglie sotto consiglio degli Stati Uniti.
I rapporti tra israeliani e palestinesi migliorarono quando Yasser Arafat, presidente dell’Olp, e Rabin, presidente di Israele, si incontrarono ad Oslo e poi si scambiarono missive nelle quali uno riconosceva il diritto ad Israele di esistere in pace e tranquillità e rinunciava al terrorismo, l’altro riconosceva l’Olp come rappresentante del popolo palestinese. Il 13 settembre del 1993 a Washington alla presenza di Bill Clinton i due rappresentanti firmarono una Dichiarazione di principi. Un anno dopo fu siglato un accordo riguardante la striscia di Gaza e l’area di Gerico. Arafat tornò in Palestina e stabilì il proprio quartiere generale. I rapporti cominciarono ad incrinarsi quando Yitzhak Rabin fu assassinato da un estremista palestinese.Tuttavia il processo di pace andò avanti, infatti venne stipulato un trattato in presenza di Bill Clinton e Hussein , re di Giordania , nel quale i due presidenti si impegnavano ad adempiere agli accordi presi in precedenza e in seguito si tenne una conferenza a Camp David che però non portò a risultati soddisfacenti.
La crisi arabo-palestinese si aggravò definitivamente quando Ariel Sharon, eletto prima Presidente del Likud e poi primo ministro di Israele nel febbraio del 2001, si recò in visita alla spinata delle moschee per ribadire la sovranità di Israele sulla zona. Ebbe così inizio la cosiddetta “Intifada di al-Aqsa” che ancora oggi registra scontri tra israeliani e palestinesi e causa numerose vittime.