1967

LA GUERRA DEI

SEI GIORNI

 

 

 

La guerra dei sei giorni si risolse, a differenza degli scontri precedenti, in conquiste durevoli. Lo scontro è preceduto da due critici mesi (aprile, maggio) nei quali si de-lineano una alleanza militare tra Egitto, Siria e Giordania e una pres-sione politica e militare su Israele, percepita come una mi-naccia alla “sopravvivenza” dello Stato Ebraico.

La richiesta egiziana di un allontanamento dei “caschi blu” dell’ONU dal Sinai, il suo accogli-mento e l’invio di due divisioni egiziane alla frontiera sembrano ac-creditare tali ipotesi. Ma ancora una volta è Israele a prendere l’ini-ziativa e a trasformare il confronto in guerra guerreggiata.

In sei giorni (dal 5 giugno all’11 giugno), a partire dall’annientamento di sorpresa dell’intera aviazione egiziana, gli israeliani occupano per la seconda volta il Sinai e per la prima volta i territori ad Est del Giordano. In altri due giorni, nonostante la tre-gua proclamata dalla ONU accettata dagli stati arabi, si impadroniscono delle alture del Golan in territorio siriano. Più tardi gli stessi capi militari israeliani (il generale Rabin, il generale Herzog, dei servizi segreti e lo stesso generale Moshe Dayan) e il futuro primo ministro Menachem Be-gin, avrebbero ammesso che la “minaccia di distruzione” era inconsiste-nte.

L’intento di Nasser era quello di sfruttare il nuovo quadro interna-zionale per assicurarsi una vittoria politica e religiosa. Il calcolo is-piratore della campa-gna allarmistica era quello di consolidare la protezione statuniten-se.

Per la prima volta, Israele era entrato in possesso dell’intero ter-ritorio della Palestina originaria, Gerusalem-me Est compresa.

La nuova situazione comportava un dilem-ma sul campo della le-gittimità internaziona-le, che avrebbe causato successivamente una se-rie di sanguinose ten-sioni.