1956
CRISI DI SUEZ
I tentativi di convertire gli armistizi del 1949 in trattati di pace fallirono e, ad ogni azione di guerriglia dei rifugiati arabi, Israele rispondeva con una rappresaglia. Il rifiuto egiziano di concedere il libero passaggio delle navi israeliane attraverso il Canale di Suez, da poco nazionalizzato dal presidente egiziano, e il blocco dello stretto di Tiran (accesso di Israele al Mar Rosso) vennero considerati atti di guerra e gli incidenti di frontiera con l’Egitto aumentarono sino a sfociare nel II conflitto arabo-israeliano (ottobre-novembre 1956). Con l’appoggio di Francia e Gran Bretagna, preoccupate rispettivamente per l’insurrezione algerina e per la nazionalizzazione del canale, Israele si assicurò una facile vittoria con una «guerra lampo» che gli permise di occupare la striscia di Gaza e la Penisola del Sinai mentre le due potenze europee colpivano l’Egitto con bombardamenti aerei. Tuttavia durante le operazioni di conquista, i combattimenti furono fermati dall’ONU (appoggiata da USA e URSS), che inviò sul posto alcuni contingenti; i tre paesi invasori furono costretti a lasciare la zona del canale, ma gli israeliani si rifiutarono di abbandonare Gaza sino agli inizi del 1957, quando fu riaperto lo stretto di Tiran.