Della breve esistenza di Aulo Persio ci informa una biografia di
Valerio Probo, filologo della seconda metà del I secolo d.C.
Nato da ricca famiglia equestre nel 34 d.C. a Volterra, Persio studiò a Roma sotto
la guida di autorevoli maestri di retorica e filosofia, tra cui lo stoico Anneo Cornuto e
lo zio Trasea Peto (senatore eminente e capo morale degli aristocratici che rifiutavano il
principato in nome degli ideali repubblicani, il cui suicidio stoico ci è attestato da
Tacito in Annales, XVI, 21-35), e dopo
pochi anni di vita ritirata e dedita agli studi, morì in una sua villa nei pressi di Roma
nel 62 d.C.
Di Persio ci sono giunte sei satire, per un totale di 650 esametri. Oltre alle sei
satire, la raccolta contiene un breve brano in coliambi (o "giambi zoppi"), che
la maggior parte dei critici considera come una sorta di prologo alla raccolta.
Choliambi: in essi lautore afferma di non aver conosciuto le consuete investiture poetiche, e di lasciare i luoghi sacri e gli onori della poesia greca agli scrittori venerandi del passato, o a quelli che si illudono di saperli imitare.
La prima satira affronta il tema della produzione letteraria contemporanea. Persio mette in mostra il cattivo gusto dei poeti del suo tempo, indicando, dal canto suo, i propri modelli: Lucillio, Orazio e i poeti della commedia antica greca.
La seconda satira raccomanda di chiedere agli dei la salute del corpo e le migliori doti dellanimo, con semplicità, senza fare come coloro che pregano in silenzio per non far sentire agli altri le proprie richieste, o come coloro che coprono doro le immagini divine, attribuendo agli dei le stesse debolezze degli uomini.
La terza satira è una elaborata esortazione a non sprecare la propria vita. Bisogna far buon uso del tempo e forgiare il proprio carattere, al fine di prevenire il radicarsi dei vizi.
La quarta satira affronta il tema del "conoscere se stessi". Presenta un dialogo fra Socrate ed Alcibiade, che viene esortato ad aspirare a valori come la saggezza e la giustizia, piuttosto che contare sulla propria bellezza e nobiltà. Il resto della satira invita ad abbandonare labitudine di criticare i difetti altrui, senza riconoscere i propri.
La quinta satira, la più ampia, rinnova la critica di Persio verso i toni altisonanti della poesia epica e tragica, proseguendo poi con espressioni di sincera amicizia verso il maestro Anneo Cornuto. La seconda parte svolge il tema della libertas, che deve essere innanzitutto interiore.
La sesta satira propone la decisione di Persio di fare un uso moderato dei propri beni, biasimando gli avari e lavidità degli eredi.
Lo straordinario successo che conseguirono le sei Satire di Persio negli ambienti stoici contemporanei suggerisce che allisolamento dellautore dalla vita sociale dellepoca non dovesse corrispondere un totale disimpegno politico; parte della critica sostiene, anzi, che gli stoici sentirono in lui un portavoce della propria dottrina. Nelle Satire, infatti, Persio si richiama al modello di satira con intento morale tracciato da Lucilio e Orazio e ne accentua il carattere di impegno e rigore per polemizzare contro lintera cultura contemporanea in nome di una profonda istanza morale, concretamente vissuta. È un autore che schiera la propria opera in opposizione alla culpa più che ai colpevoli, e si considera un medico tenuto a radere pallentes mores "incidere costumi malsani" e ingenuo ludo culpam defigere "inchiodare la colpa con uno scherzo fine".
Lesigenza di collocare il verum al centro della propria indagine, di descrivere i plebeia prandia "pranzi plebei" in opposizione alle mensae cum capite et pedibus "mense con sopra teste e piedi", ovvero ladesione al reale, configurata, secondo la tradizione satirica, come scelta di una tematica quotidiana e, sulle orme di Lucilio, come rifiuto degli inverosimili eccessi della tragedia (da cui il motivo della coena polemicamente riferito al banchetto di Tieste), si scontra con la realtà del presente, intrisa di corruzione e ipocrisia: tale visione impietosa della vita si riflette in uno stile impervio e difficile, in cui convivono ladesione al sermo e la volontà di operare nella lingua per ridurre lo scarto tra uso proprio e traslato del linguaggio (iunctura acris).
Ne risulta un quadro ricco e complesso in cui emergono temi diatribici (realismo, carica aggressiva, atteggiamento moralistico), in un linguaggio vario e composito (da parodie dellepica magniloquente a neologismi, volgarismi e onomatopee) e una manipolazione del materiale linguistico che ricerca effetti nuovi e inconsueti, presentando diversi dialoghi in successione.
I mutamenti di tema e argomento sono bruschi, con trapassi e scarti improvvisi, e i passaggi logici vengono talora sottintesi, secondo modalità che segnalano una volontà di sperimentazione più che un ritorno allandamento analogico arcaico (che fu proprio ad esempio di Esiodo): un habitus stilistico arduo e sdegnoso, che sottende un atteggiamento critico di disgusto e ripugnanza, mirato a disvelare la gravità della corruzione presente,
Ilia subter caecum vulnus habes, sed lato balteus auro prætegit
"nel basso ventre hai una ferita nascosta, ma loro di una larga cintura la ricopre" (Sat., IV, 42-5).
LA LIBERTAS
La quinta satira di Persio si apre con una sezione letteraria, intesa a deridere la fumosa sublimità dei generi alti, e della tragedia in particolare, prosegue, poi, con espressioni di profonda amicizia e di sincera gratitutine verso Anneo Cornuto che ha iniziato lAutore alla filosofia stoica regolata sul principio etico fondamentale della libertas: libertà vera è, secondo la ratio stoica, non essere schiavi dei vizi, assolvere nella società il compito per cui si è adatti, distinguere il vero dalla falsa apparenza, vivere moderatamente, senza avarizia, aiutando gli amici. Purezza e coerenza morale, però, raggiunte attraverso una lotta tenace contro le passioni, sono qualità rare, possesso di unaristocrazia etica ristrettissima: la scelta della libertas implica dunque lisolamento, che Persio sembra accettare senza amarezza, adottando uno sprezzante distacco dal volgo.
Anche Orazio disprezzava il popolino e concepiva la propria come unarte aristocratica ("nec recito cuiquam nisi amicis - e non leggo a nessuno se non agli amici", Satirae, I, 4,73): se, tuttavia, il poeta di Venosa alludeva a una questione di gusto letterario, Persio trasferisce lattenzione sulla sfera etica, proferendo una dichiarazione di assoluta fedeltà alla devota ricerca della sapientia stoica, senza cedere, nel suo ferreo rigore, nemmeno alla tentazione cinica di quell αὐτάρκεια libera da ogni compromesso che aveva attratto Orazio come Seneca. Da Orazio, il satirico di età neroniana preferisce piuttosto riprendere un sentito gusto per il raccoglimento interiore e lamore della μετριότης: la libertas che Persio può ritagliarsi in quellepoca di sangue è rappresentata dalla quiete sulla spiaggia di Luni nel dominio delle proprie passioni, serenità interiore che ispira al poeta una pagina felice, libera, per la prima volta, da uno stile aspro e oscuro:
mihi nunc Ligus ora / intepet hibernatque meum mare, qua latus ingens / dant scopuli et multa litus se valle receptat
Qui ora intiepidisce per me la spiaggia di Liguria e sverna il mio mare, dove gli scogli formano unampia fiancata e la costa si ritrae in un vasto seno (Saturae, VI, 6-8).
Il gusto della quiete e del silenzio, che sottende, con profonda analogia rispetto alletà ellenistica, il clima di una generazione delusa, nauseata e stanca, che cerca una libertà interiore, sempre più lontana dallorizzonte politico, è ben presente in Seneca. Il secessus del 62, come rinuncia alla politica e culto della vita interiore, rappresenta la necessità di trasporre il concetto di libertà dal piano politico alla dimensione etica: così maxima servitus diventa quella della fortuna (Vita beata, 15, 3), la coerenza cui deve ambire il sapiens non consiste più in un fermo e convinto impegno politico, ma nel messaggio intorno al quale si organizzano i dogmata dello stoicismo, e scopo della morale risulta essere lautodifesa dellindividuo.
Fatale tuttavia, per Seneca, il ritardo nella riscoperta del λάθε βιώσας (rectum iter... sero cognovi "la via giusta... tardi riuscii a comprendere"): Tacito conferma che visse gli ultimi anni "senza uscire dalla stanza da letto, sostentandosi con cibo semplicissimo e acqua corrente" (Annales, XV, 45); anche Seneca divenne "da pedadogo dellimperatore pedagogo dellumanità" (Ep. 89, 13), ma la morte di Burro aveva già sancito unirreparabile frattura tra la saggezza e un potere che non concedeva appelli alla libertà interiore, e la congiura dei Pisoni offrì al principato quel pretesto che il secessus del filosofo aveva invano tentato di evitare.
È di Tacito questultima analisi, sua laffermazione, in Annales, XIV, 52 "la morte di Burro spezzò la potenza di Seneca": lo storico rileva lucidamente linevitabilità della rinuncia alla libertas, di ridurre la propria massima aspirazione a una securitas peraltro mai garantita a chi si impegni nella vita politica. Sepolta è a Roma la libertas, così potente forza di coesione in un popolo ("regno Arsacis acrior est Germanorum libertas - la libertà dei Germani è più pericolosa del regno di Arsace", Germ. 37, 3), situata, ora, presso "gli ultimi abitanti della Terra, gli ultimi che vivono nella libertà", i remoti Calcedoni. Limpero impone, secondo Tacito, una sola alternativa: la sicurezza ottenuta con lo spirito di obbedienza o la rovina come punto di arrivo certo dello spirito di indipendenza (obsequium cum securitate / contumacia cum pernicie - "obbedienza e sicurezza / insubordinazione e morte" (Hist., IV, 74, 4).
La scelta di Tacito si allontana così dalle posizioni del rigoroso Persio con il quale lo storico pur condivide lispirazione filosofica e la posizione politico-sociale, per orientarsi, piuttosto, verso la condotta del Seneca consigliere imperiale: accettare compromessi è necessario per mantenersi nella condizione di servire "non tanto limperatore, ma limpero", come lincorrotto suocero Agricola, che nella scelta di collaborare con gli imperatori, da Nerone a Domiziano, pur di servire lealmente la patria nel superiore interesse della res publica, si è rivelato moralmente superiore rispetto ai martiri stoici.