In questa pagina, potete accedere alle tre sottosezioni fondamentali che caratterizzano l'analisi della Mirra di Alfieri, rappresentata per la prima volta nel 1787. Esse sono:
La Mirra alfieriana si ricollega alla tradizione e all'archetipo
dell'incesto: soggetto eminentemente tragico in quanto si profila come scontro violento
tra la legge del sangue e quella della passione.
Ma proprio in questo tema si misura la distanza culturale tra Alfieri e i suoi
predecessori anche da Racine (il più vicino a lui nel
tempo).
La cultura classica conosceva bene la forza irresistibile delle passioni e
dell'irrazionale presente nell'uomo e tendeva ad attribuire la causa e il potere
devastante agli dei o al Fato: l'individuo diventava un soggetto imminentemente passivo e
poteva combattere una sola battaglia: quella di salvaguardare il proprio equilibrio di non
aggiungere colpa a colpa.
Racine nell'ambito di una cultura moderna e cristiana non può eludere il problema della
responsabilità personale ma, in ultima analisi, facendo entrare in campo il Fato propone
una soluzione che non si discosta molto da quella degli antichi: la sua eroina risulta
"non completamente colpevole, né completamente innocente".
La verità è che Racine influenzato dal giansenismo seicentesco e dal suo sostanziale
pessimismo considera la passione in sé come un male, un segno della debolezza umana.
Alfieri scrive la Mirra alla fine del settecento, ha assorbito esperienze quali quella del
sensismo e dell'empirismo anche se in parte si dissocia dall'atmosfera culturale del tardo
illuminismo che sta fondando una nuova antropologia.
Tutto ciò provoca un approccio diverso al tema dell'incesto, certamente lo considera un
gravissimo fattore di turbamento che deve essere moralmente ripudiato perché in grado di
scardinare le radici stesse della convivenza sociale.
Ma Alfieri non attribuisce a forze esterne dell'individuo l'insorgere delle passioni,
qualunque esse siano, e la passione è tutta nell'uomo, la "forza possente" che
parla in Mirra non è dovuta al Fato o a un dio avverso ma a quel lato "oscuro e
terribile che è nascosto nel cuore umano" dice il critico Raimondi (E. Raimondi Le
pietre del sogno, Il moderno dopo il sublime Bologna Il Mulino 1985).
"L'Alfieri si rende conto che ci sono delle forze oscure, che la notte è dentro
l'uomo, che distruzioni operano al suo interno".
Mirra è in questo senso un personaggio moderno caratterizzato da un conflitto tra conscio
e inconscio, tra razionale e onirico.
In Mirra questo conflitto è talmente forte da riguardare, come vedremo, l'identità
stessa della persona.
Quando l'inconscio emerge con forza accampando i propri diritti la persona "si
dissolve" e muore.