Nel 20 Aprile 2010 è avvenuto un disastro ambientale ed ecologico di dimensioni drastiche, il più grande mai avvenuto nella storia Americana. La piattaforma petrolifica Deepwater Horizon ha riversato nel Golfo del Messico una quantità enorme di petrolio, in seguito a un incidente avvenuto nel pozzo Macondo, posto a oltre 1500 m di profondità. Lo sversamento di petrolio è terminato oltre tre mesi dopo, nel 4 Agosto, ma nell'acqua si trovano ancora milioni di barili di petrolio.
Grafico rappresentante l'estensione della marea nera |
Fatti
Nel 20 Aprile, appunto, la trivella della Deepwater Horizon stava completando un pozzo sul fondale, ma un'esplosione ha innescato un portentoso incendio, nel quale undici persone sono morte e diciassette rimaste ferite. Due giorni dopo la piattaforma Deepwater Horizon si è rovesciata ed è sprofondata sul pozzo in costruzione, dove le valvole di sicurezza non hanno retto e sono saltate, quindi il petrolio è iniziato a uscire e a riversarsi nel mare, in parte risalendo in superficie. Il 7 maggio 2010 la BP ha tentato di arginare il petrolio con un progetto denominato Top Kill. Questo progetto consisteva nell'usare una cupola in acciaio e cemento, pesante circa cento tonnellate, per arginare l'avanzata del petrolio, ma non ha avuto successo. In attesa di un progetto valido la Bp ha approvato un imbuto convogliatore posto sopra il pozzo e collegat con una nave cisterna in superficie, tale che potesse recuperare almeno un po' di petrolio fuoriuscente. Intanto la BP inizia a costruire un altro pozzo, sperando che per fine Agosto le trivellazioni potessero arrivare al Macondo, bloccando la fuoriuscita del petrolio con cemento. Il 10 Luglio, ormai la perdita era stimata da un minimo dai 35 000 ai 60 000 barili (tra i 5 e 10 milioni di litri) di idrocarburi al giorno, di cui solo la metà riusciva in qualche modo ad essere recuperata. Dopo 86 giorni dall'inizio dello sversamento di petrolio, il 15 Luglio la BP dichiarava di essere riuscita a tappare la perdita del greggio, per la prima volta dal 20 aprile, giorno dell'esplosione, pur non essendo ancora sicura di quanto tempo avrebbe potuto resistere quest'ultima soluzione. Secondo le stime della BP stessa erano già stati riversati in mare, al 15 luglio, tra i 3 e i 5 milioni di barili di petrolio, ovvero tra i 506 e gli 868 milioni di litri. Dopo 100 giorni dall'inizio delle perdite - e a due settimane dal nuovo tappo che chiude il pozzo in attesa di una soluzione definitiva - presumibilmente grazie alla tempesta tropicale che si è abbattuta sulla zona per più giorni, la macchia di petrolio che prima galleggiava sull'acqua è praticamente scomparsa. Rimane visibile solo il catrame spiaggiato sulle coste. Quanto manca - a eccezione di quanto aspirato nelle operazioni di pulizia (circa 800.000 barili - corrispondenti a 127 milioni di litri) o date alle fiamme in incendi controllati - si presume sia in parte evaporato, in parte dissolto (sono stati impiegati 7 milioni di litri di solventi rovesciati sulla macchia nera nelle prime settimane dell'emergenza), in parte digerito dai batteri; ma si ipotizza che la maggior parte sia finita sul fondale marino formando laghi di petrolio destinato a solidificarsi. Un terzo delle acque degli stati USA che si affacciano sul Golfo del Messico sono state chiuse, la pesca sta morendo e il turismo registra la chiusura del 20% delle spiagge. Il 3 Agosto inizia l'operazione Static Kill, con la quale la BP si propone di tappare definitivamente il pozzo mediante un'iniezione di fango e cemento attraverso i pozzi sussidiari, così da deviare il greggio in un bacino sicuro posto a 4 km di profondità. Il 19 Settembre viene terminata la cementificazione definitiva del pozzo. Questa marea nera ha causata comunque effetti drammatici per la flora e la fauna del Golfo del Messico.
Piattaforma Deepwater Horizon prima di rovesciare |