GLI SHILLUK

Gli Shilluk sono un popolo del centro e del sud del Sudan e tra loro si chiamano "Chollo". L'allevamento dei bovini rappresenta un punto centrale della vita dei Shilluk a tal punto che nessuno si sognerebbe si sposarsi senza aver prima acquistato un numero sufficiente di mucche da consegnare alla famiglia della sposa, generando così un'usanza che si tramanda da secoli; oltre che di agricoltura e allevamento, vivono anche di caccia e pesca.

Hanno una struttura societaria complessa organizzata in clan e vivono in grandi villaggi con capanne di forma conica nei quali il capo viene eletto, mentre vi è un re (secondo alcuni il Regno Shilluk è tra i più antichi oggi ancora vivi in Africa), che trasmette il potere ereditario ai suoi figli, rappresentante l'intero popolo Shilluk, dando luogo ad un classico sistema dinastico. Il re ha anche una rappresentazione divina, sebbene una buona parte della popolazione abbia abbracciato il cristianesimo (sono presenti sia cattolici che protestanti).
Un esempio di scarificazione della pelle in una tribù shilluk.

I Shilluk sono conosciuti anche per le scarificazioni della pelle, poiché per loro "la pelle liscia si adatta solo ai bambini", che per le loro usanze vengono quasi venerati: infatti ritengono che in essi sia rappresentata nel modo più esplicito la forza archetipica della natura.
Dal 2003 gran parte dell'area dove vivono è stata interessata dal conflitto tra il governo centrale e la SPLA del Sud e successivamente da questioni interne allo stesso Sud Sudan. Molti Shilluk sono stati costretti ad abbandonare le loro terre, dando luogo a scene di inesplicabile tragedia umana. Attaccati al proprio luogo d'origine, pur essendo di origine nomade, hanno provato ad opporsi a questi soprusi e orribili fatti, per proteggere la propria terra e propria patria; nell'estate del 2010 vi fu anche una massiccia battaglia degli uomini della SPLA presso i villaggi dei Shilluk allo scopo di bloccare la ribellione locale e disarmarli.

I DINKA

I Dinka sono uno dei gruppi etnici più importanti e conosciuti dell’Africa, anche loro stabilitisi anni fa sulle rive del Nilo Bianco, diventando da nomadi a sedentari.
Uno stregone Dinka.

Pastori per tradizione, nutrono un amore smisurato per le loro mucche dalle grandi corna. Fin da bambini sono chiamati come il bue preferito del padre o con il nome di un bovino che abbia una relazione logica con il neonato. Il bestiame fornisce loro la sopravvivenza sotto forma di latte, sangue e in via eccezionale con la carne, ma solo in caso di cerimonie o nei periodi di forti carestie. Nella quotidianità tutto è in relazione con l’animale. I Dinka dormono in mezzo alla mandria, si lavano con l’urina, soffiano nella vagina delle mucche per favorire la fertilità e si puliscono i denti con la cenere dello sterco. Perfino nelle danze, con i movimenti delle braccia, mimano le lunghe corna che mediante una particolare tecnica utilizzata anche dai Nuer, riescono a piegare modificandone le dimensioni!
I Dinka sono altissimi. Neri come l’ebano, vagano in un territorio esteso tra il Nilo Bianco e i suoi 2 affluenti, il Bahr el Ghazal a occidente e il Sobat a oriente, fra i distretti di Wau e Bor. Gran parte di quest’area s’identifica nel Sudd, un’immensa piana alluvionale di 400 mila kmq. Non una collina né un’altura a delimitare la monotonia del territorio. E’ il bacino d’esondazione del Nilo Bianco. All’inizio della stagione delle piogge fra maggio e giugno, la terra sembra sparire e i Dinka sono costretti a spostarsi su piattaforme elevate (wut) prodotte artificialmente dai detriti e dallo sterco accumulati nel tempo. Le acque bloccano la pastorizia, impedendo qualsiasi movimento agli animali e agli uomini. Per sopravvivere in questo periodo, coltivano la durra, una specie di graminacea simile al miglio, in piccoli appezzamenti di terreno. Quando smette di piovere, gli uomini e i ragazzi si spostano nelle zone ricche di pascolo, stabilendosi nelle savane arboree (tuoch) per sfruttare al meglio il territorio. Prima dell’avvento sciagurato degli arabi non usavano vestiti, cospargendosi il corpo con la cenere dello sterco dei bovini.
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