POPOLI:HAUSA
La Nigeria è di gran lunga il Paese più
popoloso dell'Africa e l'unico a superare i 100 milioni di abitanti; si trova
nella parte nord-orientale del Golfo di Guinea. Il territorio è solcato da varie catene montuose e zone
collinare nella parte centrale e settentrionale, mentre è pianeggiante verso
sud, il sottosuolo è ricco di risorse (petrolio in primo luogo), il terreno è
fertile e ricco di acque, ma le tensioni interne fra i vari gruppi etnici non
hanno finora permesso uno sviluppo economico adeguato.
LA QUESTIONE DEL LAGO CIAD
Compreso tra le frontiere di
Ciad,
Camerun,
Nigeria e
Niger,
il lago Ciad costituisce uno dei grandi sistemi idrografici del continente
africano. È il quarto grande bacino di acqua dolce dell’Africa dopo i laghi
Vittoria, Tanganica, Niassa. Occupa la parte più bassa di una conca tettonica e costituisce il residuo di un antico mare interno che nel
pleistocene copriva un’area di 300.000 km². Privo di emissari, il lago riceve a
SE le acque del Logone e del Chari, che vi si riversano formando un vasto
delta, a S0 quelle del Komadugu-Yobe, che segna il confine fra la Nigeria e il
Niger. Le rive, incerte e, soprattutto nel settore orientale, tagliate da
numerosi canali che si insinuano tra migliaia di isolotti, sono densamente
popolate per l'abbondante pesca e intenso commercio rivierasco. Da secoli il
lago è solcato da piroghe e zattere che trasportano prodotti alimentari e
natron, un impasto di sali naturali ricavato da alghe, usato per conservare
cibi, conciare pelli e lavorare tessuti. Opere di bonifica hanno recuperato
terreni fertili coltivati a cereali o lasciati a pascolo, meta di nomadi che vi
conducono mandrie di buoi, capre e cammelli. Recenti rilevazioni satellitari
hanno lanciato l’allarme sulle condizioni dì salute dei lago, che già da qualche
anno preoccupa gli scienziati in quanto rischia di scomparire trasformandosi in
uno sterile acquitrino. Negli ultimi 40 anni la sua superficie si è ridotta del
90% passando nella stagione delle piogge dai 25.000 km² del 1960 agli attuali
2500. Le cause del lento ma inarrestabile processo di prosciugamento del lago
vanno cercate, da un lato, nella situazione ambientale: le terribili siccità che
hanno colpito la regione del Sahel negli ultimi trent’anni, le scarse
precipitazioni (con un deficit pluviometrico accertato del 50÷65% dal 1970), la
forte evaporazione, le infiltrazioni nel sottosuolo; dall'altro, nella cattiva
gestione delle risorse idriche da parte dei governi locali, che hanno
sistematicamente ignorato gli allarmi degli scienziati e continuato a sfruttare
indiscriminatamen-te le acque con canali di drenaggio per l'irrigazione delle
aree coltivabili. Questa pratica, aumentata in maniera incontrollata nell’ultimo
decennio è in gran parte responsabile del prosciu-gamento del lago. Considerata
l’importanza naturalistica, culturale ed economica di questo ecosistema, la
prospettiva di un prosciugamento del bacino rischia di tradursi in un disastro
ambientale e umanitario di proporzioni tali da minacciare la sicurezza
alimentare delle popolazioni rivierasche (oltre 22 milioni di persone) e
scatenare migrazioni forzate. Basti pensare, ad esempio, che la produzione di
pesce essiccato è passata dalle 140.000 t del 1960 alle 45.000 attuali. Per
scongiurare la catastrofe e salvare il lago, la
commissione del bacino del lago
Ciad, che riunisce Niger, Nigeria, Camerun, Ciad, Repubblica Centrafricana e
Sudan, ha avanzato diverse ipotesi..Abbandonato un faraonico progetto che
puntava a innalzare il livello del Ciad tramite il prosciugamento di
un’importantissima zona umida del Sudan meridionale, un sistema paludoso di 8000 km², e la costruzione di un canale dì 360 km, è stata decisa la realizzazione di
un canale di oltre 100 km (con un costo stimato in sette milioni di dollari) per
immettere nel Ciad parte delle acque del Oubangui, un affluente del Congo che
segna il confine meridionale della Repubblica Centrafricana. Per affrontare
l’emergenza economica innescata dalla crisi ambientale è stato anche proposto dì
sostituire razze e specie vegetali autoctone, frutto di una millenaria selezione
naturale e di consolidate tradizioni locali, con varietà più redditizie. È il
caso delle iniziative tese a sostituire alla mucca kouri, particolarmente adatta
alla zona umida, con varietà capaci di produrre più latte, o il sorgo del lago,
considerato poco produttivo ma molto resistente sia alla siccità sia ai
parassiti con specie più produttive che richiederebbero però il massiccio
impiego di pesticidi. L’ONU cerca di scoraggiare interventi di questo tipo che
rischiano di sconvolgere i già precari equilibri di un ecosistema, e chiede che
si investa sulle colture esistenti per migliorarne le capacità produttive.