Bianco su bianco nell’irrealtà del silenzio. Poi un muso scuro a pelo d’acqua, e la massa bianca d’improvviso prende vita: una zampa, un artiglio proteso, acqua e ghiaccio, ghiaccio e acqua, un cacciatore e la sua preda. Ed è di nuovo silenzio.

Un orso polare a caccia di foche
nelle coste occidentali dell'Alaska

 Sullo spesso strato di ghiaccio e neve, la vittima designata – una foca – e il suo predatore, l’orso polare.

È un esponente della specie più grande di orsi attualmente esistente: fino a 600 chili di peso per una lunghezza massima di due metri e mezzo, dalla punta del naso all’estremità della coda. Per prevenire spiacevoli incontri con questo grosso mammifero, l’Istituto norvegese per le ricerche sull’Artico ha pubblicato a gennaio 2005 un documento sulle abitudini dell’orso polare. Nel rapporto sono raccolti preziosi consigli su come comportarsi quando se ne avvista uno, ma la raccomandazione principale è “tenere le distanze”. Di solito, infatti, il bestione non è interessato all’uomo, ma è irrefrenabilmente curioso, e può avventurarsi vicino alle tende o alle basi artiche attirato dall’odore del cibo o della spazzatura. In genere però il suo pasto è a base di foche, che caccia con pazienza e perseveranza: si accuccia vicino a uno dei fori nel ghiaccio che le foche usano per uscire dall’acqua e aspetta. Può attendere immobile per molte ore, finché una foca si affaccia a respirare e l’orso l’afferra con i suoi grossi artigli. Il suo pelo bianco lo aiuta a mimetizzarsi sulla neve, e lo protegge dal freddo quando deve aspettare la preda così a lungo.

In realtà l’orso bianco non è affatto bianco, è nero. Lo si può notare dagli unici punti non coperti dalla pelliccia: il naso, le labbra e i cuscinetti delle zampe. I peli che lo ricoprono, chiari e cavi, permettono ai raggi ultravioletti del sole di raggiungere e scaldare la pelle nera. Così l’orso non soffre il freddo. Anzi, il suo problema più serio è il surriscaldamento. Spesso, dopo una lunga camminata, deve fermarsi e sdraiarsi sul pack a rinfrescare la pancia: alla folta pelliccia infatti si aggiunge anche uno strato di grasso spesso fino a 10 cm, che lo aiuta a stare caldo e a galleggiare quando si tuffa nel mare gelido.

Un orso che si rinfresca sdraiandosi sul ghiaccio in Alaska

 L’orso polare è un nuotatore provetto. Le sue zampe enormi e la pelliccia impermeabile gli permettono di nuotare, e cacciare sott’acqua, a lungo. Per questo il suo habitat preferito sono le isole artiche e le rive ghiacciate dei continenti: tra Canada, Alaska e Groenlandia si contano circa 20 mila individui, e secondo l’Istituto Norvegese più di 3000 vivono sulle Isole Svalbard (protettorato della Norvegia) e sulle coste della Siberia.

E quando d’estate la neve si scioglie? Allora il grosso carnivoro migra più a nord per seguire le sue prede. Oppure si adatta e mangia quello che trova, piccoli roditori, uova di uccelli, vegetali. In Canada gli orsi polari della Baia di Hudson rimangono anche d’estate, spostandosi sulla terraferma quando i ghiacci si ritirano, anche se qui il cibo scarseggia e spesso devono digiunare. Per evitare pericoli il governo canadese ha dovuto limitare il numero di veicoli che possono raggiungere il litorale: ogni anno, infatti, frotte di turisti accorrono per vedere gli orsi, perché questo è uno dei pochi casi in cui si possono vedere gruppi di più esemplari.

 

È molto raro osservare due o più orsi insieme. Può capitare che più individui si spartiscano una grossa preda, come una piccola balena spiaggiata.

Un cucciolo di orso polare cammina sulla banchisa
in cerca della madre

Tra aprile e maggio, poi, si può assistere alle lotte tra maschi: il vincitore avrà il diritto di accoppiarsi con più femmine. La coppia novella però dura ben poco, solo un paio di settimane, poi il maschio torna a vagabondare solitario, mentre la femmina deve impegnarsi a trovare la tana per l’inverno e a ingrassare quanto basta, di solito 200 chili, per mantenere anche i piccoli nel periodo invernale. I cuccioli nascono verso dicembre, quando la mamma è ancora in letargo.

 Di solito sono due e pesano solo 600 grammi, circa 750 volte meno della loro mamma (per fare un confronto si pensi che nell’uomo un neonato pesa 20 volte meno dell’adulto). La prima uscita dalla tana è verso aprile, e da quel momento la famigliola rimane unita per quasi tre anni.

Così piccoli e rotondetti, i cuccioli assomigliano proprio all’orsacchiotto di peluche che è esposto nelle vetrine dei negozi di giocattoli. Però guai ad avvicinarsi a loro! Mamma orsa, infatti, non li lascia mai soli a lungo, e l’incontro con una mamma arrabbiata e gigantesca è decisamente sconsigliabile.

 

 

Giorgia Givone e Chiara Manfredotti

 


Due gradi sono troppi. È il titolo del rapporto pubblicato a gennaio 2005 dal Programma Internazionale per l’Artico del WWF. In questi studi si evidenzia un aumento della temperatura globale di circa 2°C. E per l’orso polare potrebbero significare l’estinzione. Sembra eccessivo? Forse. Però nel documento si legge che il riscaldamento nell’Artico è due o tre volte superiore alla media, e il permafrost (lo strato di ghiaccio perenne) continua a sciogliersi a un ritmo impressionante: l’orso polare,


Primo piano di un
orso polare

che vive, caccia e si riproduce sul pack ghiacciato, potrebbe ben presto non trovare più il suo habitat ideale. Così i cambiamenti climatici si aggiungono agli altri pericoli: la caccia, legale o di frodo, e l’inquinamento causato dai prodotti chimici industriali e dalle perdite di greggio delle piattaforme petrolifere della zona.

E pensare che finora molto è stato fatto per proteggere questo grosso mammifero: il primo atto ufficiale è l’Accordo Internazionale per la Salvaguardia dell’Orso Polare, che risale al 1973. Siglato da tutti gli stati affacciati sull’Artico - il Canada, gli Stati Uniti, la Russia, la Norvegia e la Danimarca (all’epoca responsabile della Groenlandia) – l’Accordo indicava per la prima volta le aree da proteggere per assicurare l’habitat degli orsi. L’Accordo è tuttora valido, e obbliga i paesi firmatari a condurre ricerche e stabilire programmi di conservazione per l’orso polare. Dal 1968 opera il Polar Bear Specialist Group, un insieme di esperti biologi che si incontrano ogni 3-4 anni per discutere i risultati delle ricerche e suggerire progetti per la tutela dell’orso bianco. È stato questo gruppo a inserire nel 1996 l’orso polare nella Lista Rossa delle specie in pericolo come categoria vulnerabile.

Per quanto riguarda la caccia, il Canada, la Groenlandia e gli Stati Uniti hanno stabilito delle quote limite per le popolazioni residenti. La Norvegia, che è responsabile della tutela delle Isole Svalbard, ha vietato la caccia all’orso polare dal 1973. In Russia la caccia è vietata già dal 1956, ma un grave problema è il bracconaggio, per il quale i controlli sono pochi e inefficaci. Ma ecco finalmente una buona notizia: nella Lista Rossa del 2003 l’orso polare è passato da specie vulnerabile a specie a basso rischio, anche se continua a rimanere un sorvegliato speciale.

 

 

Giorgia Givone

 

 

 


Orso polare sulla banchisa
artica


Un esemplare di orso bruno
nelle montagne canadesi

Molti scienziati suppongono che l’orso polare si sia evoluto da un antenato

dell’orso bruno circa 200.000 anni fa, dunque l’origine sarebbe comune: è stata poi la diversità dell’habitat a rendere orso polare e orso bruno due specie diverse.

Il “parente” più scuro vive in foreste, regioni subalpine e tundre del Nord America e del continente eurasiatico, mentre l’orso bianco vive sulle coste dell’estremo Nord, cioè Alaska (USA), Russia, Canada, Groenlandia e Norvegia, e ha dovuto abituarsi al mare e a climi polari, ghiaccio e neve. Ha una pelliccia molto più fitta degli orsi bruni e uno spesso strato di grasso sotto pelle per resistere al freddo e galleggiare meglio quando nuota, e ha anche affinato moltissimo vista, udito e fiuto, sensi indispensabili per cacciare nelle zone artiche. Mangia principalmente carne: le sue prede preferite sono le foche e, più di rado, le otarie. L’orso bruno invece mangia un po’ di tutto ed è prevalentemente vegetariano. La dieta dell’orso bianco lo aiuta a raggiungere un peso medio di 400-600 kg, che supera di 200-250 kg quello dell’orso bruno e ne fa il più grande carnivoro terrestre vivente.

Oltre al collo più lungo, con cui può tenere la testa fuori dall’acqua quando nuota, l’orso polare ha artigli, denti e zampe adatti per cacciare, mangiare le prede e correre sul ghiaccio evitando i ruzzoloni.

La vita sociale è simile: sono entrambi animali solitari, a eccezione delle femmine con i cuccioli – di solito non più di due o tre – e del periodo dell’accoppiamento. Le mamme di entrambe le specie partoriscono i cuccioli in inverno e li curano per almeno due anni e mezzo. E il sonno invernale? L’orso bruno va in letargo, anche se quasi mai totalmente, mentre il suo parente polare cerca solo un riparo, visto che le prede d’inverno non mancano. In qualsiasi periodo dell’anno però, se il cibo scarseggia, è in grado di utilizzare le proprie scorte come se fosse in letargo.

 

Chiara Manfredotti


 

 

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